se lo rifarei adesso? No, se non ricevo l’istruzione per iscritto
Ad oltre un anno dalla vittoria dell’Oscar quale miglior documentario, finalmente anche in Italia abbiamo la possibilità di vedere “Taxi to the dark side” (a Roma è transitato lo scorso autunno, nella sezione Extra del festival diretto da Rondi). Dopo aver affrontato “la più grande truffa del secolo” in “Enron”, un documentario onesto ma privo di mordente, Gibney si concentra su un argomento che interessa direttamente forse meno persone, ma non meno scottante e capace di rivelare, così come il film precedente, il “lato oscuro” dell’America di George W. Bush, o più semplicemente dell’America di fine millennio, che non è più in grado di ricoprire il ruolo del “buono” nemmeno al cinema. Figlio di un militare addetto agli interrogatori durante la Seconda Guerra Mondiale e nei successivi conflitti, Gibney porta allo scoperto il deterioramento del sistema, che lancia oggi ragazzi allo sbaraglio dando loro meno istruzioni possibile e chiedendo loro di ottenere quante più informazioni riescono. Se poi ci si mette un promemoria in cui si suggeriscono metodi da tortura, l’ambiguità delle regole si trasforma in una linea guida non ufficiale che difficilmente i giovani militari mancheranno di seguire. E come potrebbe d’altro canto farlo qualcuno che ha scelto di farsi insegnare a non pensare?
Diversamente che in “Enron”, stavolta Gibney coglie nel segno rendendo un buon film quel che poteva essere semplice divulgazione; il là lo dà il certificato di morte di un taxista afgano arrestato e ucciso nel giro di pochi giorni a Bagram. Passando per Abu Ghraib e Guantanamo, e per immagini che, pur avendole tutti già viste, sul grande schermo impressionano maggiormente, Gibney illustra il sistema americano, torturare fuori dai propri confini semplici sospettati senza curarsi della Convenzione di Ginevra, o semplicemente della dignità umana. Gli uomini che hanno determinato questa situazione hanno nome e cognome: George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, John Yoo, Alberto Gonzales. Anche gli uomini che hanno pagato con un processo e un congedo disonorevole hanno nome e cognome, ma non sono gli stessi: la giustizia colpisce i deboli e gli stupidi (Bush è un’eccezione), non i mandanti. Le leggi che hanno creato (a posteriori) per condannare Hess, Göring e compagnia sono state re-interpretate dall’amministrazione-Bush. L’America che un tempo agiva nel nome di una giustizia superiore e di una forte moralità, oggi agisce al massimo nel nome di un Dio di comodo, o più spesso nel nome di interessi di singoli, mai della collettività. E’ una crisi di valori il cui lato della medaglia appena mostrato sono tracotanza e indifferenza nei confronti delle leggi e dell’uomo, ma anche di stupidità; l’altro lato sono la crisi economica e la lenta ma costante perdita di leadership, che la porterà nel giro di pochi anni a non essere più il Paese di riferimento per il resto del mondo. Su quel taxi c’è un Paese intero. |