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Recensione: Taxi to the Dark Side

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Taxi to the Dark Side
titolo originale Taxi to the Dark Side
nazione U.S.A.
anno 2007
regia Alex Gibney
genere Documentario
durata 106 min.
distribuzione Ripley's film
sceneggiatura A. Gibney
musiche I. GuestR. LoganM. Grigorov
fotografia G. Andracke
montaggio S. Klevin
uscita nelle sale 22 Maggio 2009
media voti redazione
Taxi to the Dark Side Trama del film
Il regista Alex Gibney cerca di mettere in luce la politica attuata dall'amministrazione di George W. Bush dopo l'11 settembre 2001. Negli ultimi anni, 104 prigionieri sotto la custodia americana sono morti in circostanze sospette. Uno di questi è Dilawar, un tassista afghano, ucciso nella base militare americana di Bagram in seguito alle percosse subite durante gli interrogatori.
Recensione “Taxi to the Dark Side”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 7)
se lo rifarei adesso? No, se non ricevo l’istruzione per iscritto

Ad oltre un anno dalla vittoria dell’Oscar quale miglior documentario, finalmente anche in Italia abbiamo la possibilità di vedere “Taxi to the dark side” (a Roma è transitato lo scorso autunno, nella sezione Extra del festival diretto da Rondi). Dopo aver affrontato “la più grande truffa del secolo” in “Enron”, un documentario onesto ma privo di mordente, Gibney si concentra su un argomento che interessa direttamente forse meno persone, ma non meno scottante e capace di rivelare, così come il film precedente, il “lato oscuro” dell’America di George W. Bush, o più semplicemente dell’America di fine millennio, che non è più in grado di ricoprire il ruolo del “buono” nemmeno al cinema. Figlio di un militare addetto agli interrogatori durante la Seconda Guerra Mondiale e nei successivi conflitti, Gibney porta allo scoperto il deterioramento del sistema, che lancia oggi ragazzi allo sbaraglio dando loro meno istruzioni possibile e chiedendo loro di ottenere quante più informazioni riescono. Se poi ci si mette un promemoria in cui si suggeriscono metodi da tortura, l’ambiguità delle regole si trasforma in una linea guida non ufficiale che difficilmente i giovani militari mancheranno di seguire. E come potrebbe d’altro canto farlo qualcuno che ha scelto di farsi insegnare a non pensare?
Diversamente che in “Enron”, stavolta Gibney coglie nel segno rendendo un buon film quel che poteva essere semplice divulgazione; il là lo dà il certificato di morte di un taxista afgano arrestato e ucciso nel giro di pochi giorni a Bagram. Passando per Abu Ghraib e Guantanamo, e per immagini che, pur avendole tutti già viste, sul grande schermo impressionano maggiormente, Gibney illustra il sistema americano, torturare fuori dai propri confini semplici sospettati senza curarsi della Convenzione di Ginevra, o semplicemente della dignità umana. Gli uomini che hanno determinato questa situazione hanno nome e cognome: George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, John Yoo, Alberto Gonzales. Anche gli uomini che hanno pagato con un processo e un congedo disonorevole hanno nome e cognome, ma non sono gli stessi: la giustizia colpisce i deboli e gli stupidi (Bush è un’eccezione), non i mandanti. Le leggi che hanno creato (a posteriori) per condannare Hess, Göring e compagnia sono state re-interpretate dall’amministrazione-Bush. L’America che un tempo agiva nel nome di una giustizia superiore e di una forte moralità, oggi agisce al massimo nel nome di un Dio di comodo, o più spesso nel nome di interessi di singoli, mai della collettività. E’ una crisi di valori il cui lato della medaglia appena mostrato sono tracotanza e indifferenza nei confronti delle leggi e dell’uomo, ma anche di stupidità; l’altro lato sono la crisi economica e la lenta ma costante perdita di leadership, che la porterà nel giro di pochi anni a non essere più il Paese di riferimento per il resto del mondo. Su quel taxi c’è un Paese intero.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Medaglia d'Oro (247 Commenti, 80% gradimento) giampaolosy Medaglia d'Oro 1 Maggio 2017 ore 03:24
voto al film:   7,5

Sarebbe bello credere che un giorno la storia possa essere raccontata anche attraverso documenti come questo, che aiutano a ricostruire la verità spesso offuscata dalla cronaca e dalla stampa cosiddetta embedded impegnata a riportare le dichiarazioni dei potenti. Sarebbe bello immaginare un libro di storia dove appaia almeno un nome tra i tanti come quello di Dilawar, di quelle tante vittime senza nome, come quelle delle torri gemelle. Torturate e uccise in nome di una dottrina che riporta l'umanità alla legge del taglione e la democrazia più grande del mondo ad essere a ragione paragonata alle peggiori dittature che la storia del secolo breve ci hanno lasciato. Il rispetto della convenzione di Ginevra infatti è anche oggi un tema attualissimo se è vero come è vero che il nuovo presidente USA ha dichiarato simpatia e accettazione verso le pratiche di tortura per gli interrogatori dei prigionieri. Senza retorica e con molto merito Gibney proietta una luce sulla Zona Oscura della storia.
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