Visto il predominio assoluto del made in Hollywood nelle nostre multisale l’uscita di un film di cassetta tedesco è un evento da segnalare. Come per la serie di Harry Potter, il punto di partenza è il best seller dello scrittore tedesco Eberhard Alexander-Burgh, l’audiolibro “Hui Buh”, che, sconosciuto altrove, è invece un vero caso letterario in patria (venticinque milioni di copie vendute tra libri, dischi e cassette). La scelta di portare “Hui Buh” al cinema, affidandolo al regista e sceneggiatore Sebastian Niemann, è stata premiata dal buon successo di pubblico e ha spinto i produttori a tentarne la conferma sui mercati esteri. La scelta temporale sembra quella giusta, dato che Uibù è il classico film per famiglie, consono ai giorni di vacanza. Anche l’atmosfera fiabesca che si respira per tutto il film, tra fantasmi, antichi castelli, re e contesse, è in sintonia con lo spirito del Natale tradizionalmente inteso.
Quindi il pubblico di under dodici potrà avere qualche sussulto di spavento all’apparire degli spiriti malvagi, identificarsi col piccolo protagonista Tommy (Martin Kurz) e tifare per il protagonista, l’inetto Uibù (Michael Bully Herbig), con qualche godimento, anche perché la pellicola ha dalla sua la trama più scontata ma efficace del mondo, e degli effetti speciali non pessimi. Un discorso a parte va fatto per il resto del potenziale pubblico. Lontano in questo da un prodotto di successo come Shrek, il film di Niemann non ha praticamente niente che un adulto possa cogliere ed apprezzare in più rispetto al racconto nudo e crudo: né sottotrame ironiche né messaggi profondi, ma soltanto puro entertainment per bambini. Il cast artistico non è indimenticabile, con uno spaesato Chrsitoph Herbst nei panni di Re Julius, vagamente rassomigliante al comico Paolo Migone, che sembra da ogni primo piano intento a pensare ad altro. L’unica eccezione è Michael Bully Herbig, trasformato dalla computer grafica nel fantasma Uibù. Uomo di spettacolo tra i più noti in Germania, Herbig è dotato delle energie necessarie per reggere la parte e in grado di far affezionare il pubblico a sé. Se non si hanno figli, forse è meglio soprassedere: se si hanno, si potrà superare l’ora e quaranta con sufficiente disinvoltura. |