Sarà a causa dell’effetto Sarkozy e dell’inedito avvicinamento tra la Francia e l’America se Jérome Cornau decide di girare un poliziesco debitore nella scrittura e nella messa in scena degli omologhi prodotti made in Usa? Forse, o magari più semplicemente per mancanza di adeguata ispirazione. Sta di fatto che non succede spesso che l’eurocinema francese rinunci al ricercato in favore del fragore delle esplosioni, delle sparatorie e degli inseguimenti a moderata velocità (siamo ad inizio Novecento e le biciclette sono ancora più usate delle automobili). Poche riflessioni sulla vita, poca introspezione, e tanti muscoli e azione: arma letale cent’anni fa, con gli anarchici al posto dei trafficanti di droga e invece degli agenti speciali le Brigate Mobili di Georges Clemenceau. Non è che la scelta del film in costume faccia percepire come più nobile il racconto, e gli agganci politici e storici sono sicuramente di cornice: contano essenzialmente perché sono ispirati ad una serie di culto della televisione francese degli anni Settanta, “Le brigate del Tigre” (anche il titolo originale del film), ambientate appunto nei primi anni del secolo scorso.
Il fatto che il soggetto sia tratto da un prodotto televisivo, in realtà, suggerisce subito che non si tratta di un film d’autore. Il regista è un giovane proveniente dalla televisione, la produzione ha speso molto e il risultato dunque si avvicina al film di cassetta, senza stupore. Se non bastasse, a confermare la visione di mercato c’è l’utilizzo di un volto noto e “internazionale” come Stefano Accorsi, richiamo per il grande pubblico il cui volto e nome sono ben visibili sulle locandine. Accorsi si è dichiarato più che soddisfatto dell’esperienza, ma va detto che la sua interpretazione non esalta e il che il suo personaggio non brilla certo per spirito e intraprendenza (anzi fa spesso la figura dello sciocco). Solo sufficienti sono del resto gli altri interpreti (nota a parte solo per la bellissima Diane Kruger), così come modesto è il risultato complessivo. La forma del genere è pienamente rispettata, l’aspetto tecnico è conveniente, ma il film non riesce ad appassionare, forse proprio perché convenzionale. Pochi momenti emozionano, molti di più passano senza lasciare tracce profonde; e alla fine l’impressione è che con uno spirito più adatto lo stesso materiale avrebbe potuto dare frutti migliori. |