Iniziano i titoli di testa -canzoncina fastidiosa e animazione sconcertante- e già capisci che 108 minuti (!) saranno veramente tanti da digerire. Quando poi i primi quindici sono passati, minando gravemente il tuo livello di sopportazione di fronte a tele scempio, cade anche l’ultima speranza: quella di trovarsi di fronte a un film vecchio stampo, di quelli talmente brutti e ridicoli che quasi diventano belli, espressione di quel cinema di serie B che oggigiorno sembra in procinto di ritornare di moda.
Premesso che Sergio Martino non è Quentin Tarantino, il film è semplicemente orrendo e niente più, nulla a che vedere con il cult-movie di ventitrè anni fa.
Sulla trama è inutile soffermarsi: ricalca in tutto e per tutto quella del primo episodio tentando goffamente di stare al passo coi tempi, per esempio mostrando calciatori in compagnia di veline, o parlando di doping e bilanci truccati, ma inseguendo al tempo stesso una comicità tremendamente datata e banale.
Il problema principale è proprio questa disomogeneità artistica (con la a minuscola) a metà strada tra un film puramente retrò e un’inguardabile fiction televisiva: non si tratta di condannare i vari ‘porca puttena’ o ‘non mi fare incazzere’, quanto l’intento di far ridere con battute demenziali come quella sui giocatori Kakà, Okaka e Strunz o con giochi di parole come Mara…Canà (la moglie di Oronzo), espressioni di una comicità demenziale che ormai ha fatto il suo tempo. Soprattutto, non si può sovrapporla alla realtà del giorno d'oggi rappresentata da personaggi come Totti, Buffon e Del Piero (calciatori), Ilaria D’amico (presentatrice) o il vincitore del Grande fratello (“giocatore” della Longobarda), dalle trasmissioni Sky, dai titoloni della Gazzetta dello Sport su calciomercato e doping, dai videofonini Tim. E se è vero quello che dice il regista Martino, che sostiene non ci sia nulla di male nel rendere visibili gli sponsor della pellicola (che hanno coperto circa il 5% dei suoi costi), è anche vero che inaccettabile è digerire alcune scene che altro non sono che puri e semplici spot pubblicitari. Soprattutto perché dopo risulta poco credibile l’affermazione di Martino e Banfi che dicono di aver girato L’allenatore del pallone 2 perché la gente, entusiasta, glielo chiedeva per strada… E’ paradossale: sembra sempre che sia il pubblico a volere i sequel, mai i registi, attori o produttori.
Poi però chi ci guadagna nel farli (quasi sempre) sono loro, non chi spende 7 euro per andare al cinema. |