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Alex è un giovane di trentasette anni ed è stato da poco lasciato da Elena, la sua fidanzata storica. Nella vita fa il pubblicitario, anche se il suo lavoro è messo in pericolo da un ragazzo appena arrivato in azienda. Un giorno mentre è in macchina, si scontra con un motorino su cui c'è Niki. La ragazza ha diciassette anni, è bella, spiritosa ed intelligente. I due iniziano a conoscersi: il passo dall'amicizia all'amore è veloce... Presto però Elena ritorna e dichiara ad Alex di volerlo sposare. L'uomo cade nella crisi più profonda... |
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Chiunque abbia vissuto un’adolescenza nella norma sa che, presto o tardi, giunge fatalmente per tutti il momento di rinnegare gran parte degli idoli, dei gusti e delle convinzioni della propria gioventù. Non dovrebbe fare eccezione, almeno si spera, il filone del Cinema adolescenziale, che sempre più successi riscuote nella nostra amata patria, trascinato in un percorso vorticoso che sa di rincorsa al ribasso, oltre che agli incassi.
Federico Moccia, figlio d’arte del noto Giuseppe ‘Pipolo’ Moccia, è attualmente l’emblema e l’espressione più sconcertante di questo “genere” cinematografico. Dopo i successi registrati da scrittore e da sceneggiatore, Moccia ha deciso di meritarsi la regia di un vero e proprio film e ha diretto “Scusa ma ti chiamo amore”, storia di un fiabesco amore tra Niki, una irruente e seducente 17enne interpretata dall'esordiente Michela Quattrociocche, e Alessandro, un uomo di vent’anni più vecchio – un Raoul Bova diretto incredibilmente male – che è ovviamente immerso in una crisi esistenziale.
Ciò che lascia veramente stupiti e amareggiati, però, è il modo in cui il regista, una persona nata nel 1963, rappresenta l’età della maturità e il mondo degli adulti, ridotti a macchiette di smidollati, tratteggiati con pennarello punta grande, che nulla hanno capito della vita, quella ‘vera’. Si confonde, tralaltro, la purezza di coscienza adolescenziale con un borghese, banale e vuoto nulla, dimenticando che a volte, per esprimere il nulla, basta il silenzio. Moccia tenta inoltre di insinuare nelle nostre(?) menti l’idea che l’amore sia sempre in agguato. Peccato che “Scusa ma ti chiamo amore” proponga, aderendovi, un’idea di amore e dei sentimenti che è così tanto ‘rappresentazione’ teleVisiva da spegnere ogni piccolo residuo di romanticume presente nelle persone più cresciute.
Irritante la solita voce fuori campo, surreali i dialoghi, inammissibili le frasi d’amore che compaiono a caso sullo schermo, scomodando e violentando autori come Neruda, Shakespeare o Walt Whitman. |
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