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Una commedia grottesca, a tratti surreale, che racconta il difficle inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: le loro ansie, le piccole aspirazioni, i problemi quotidiani, la speranza di un futuro migliore. Il tutto con la straordinaria ironia di un autore capace di trasformare un tema di attualità in una grande vicenda universale. |
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Marta ha tutta la vita davanti: è una brillante neolaureata in filosofia, in cerca di prima occupazione. La ricerca si dimostra ben presto più difficile del previsto: le porte del ‘mondo del lavoro’, nell’Italia di oggi, non si aprono per lei come non si aprono per nessuno se non dietro una robusta ‘spintarella’. Marta finisce così per ritagliarsi il suo primo ruolo in un microcosmo che lei stessa paragona ad un reality, in mezzo a persone senza le sue capacità o senza la sua onestà. Attorno a lei nessuno sembra avere tutta la vita davanti: non l’ha Claudio (Massimo Ghini, bravo sul set ma soprattutto in conferenza stampa), il capo dell’azienda, né Daniela (Sabrina Ferilli, brava anche lei: le fa bene lavorare con Virzì), la direttrice delle telefoniste, né le sue colleghe del call center, che al di fuori di quel mondo si sentono perdute. L’unica speranza ha il nome di Lara, la figlia di Sonia, collega e coinquilina di Marta. Ma il mondo degli altri è privo di prospettive e di speranza. In questo modo non si può parlare di Marta come di una persona normale circondata da alieni, ma si deve oltrepassare la barricata e considerarla un alieno in un mondo che senza di lei sembra muoversi per inerzia ma con coesione interna.
Virzì sceglie una protagonista apparentemente perfetta, ma non riesce a renderla migliore degli altri personaggi: ha indubbiamente capacità, ma sceglie di compatire gli altri invece di relazionarsi, di comunicare con loro; la sua partecipazione emotiva non è che un punto di vista su chi vive la sua stessa realtà senza avere gli strumenti per cambiarla.
Le capacità di Marta si rivelano utili anche in un lavoro come quello al call center; se la sua coinquilina vende il suo corpo nel momento in cui perde l’unico scoglio al quale era riuscita ad aggrapparsi, Marta si palleggia quel poco che ha: vende la filosofia al call center, diventando velocemente la miglior piazzista del gruppo, per poi invertire rotta e vendere il call center alla filosofia, trovando finalmente uno spunto degno di una pubblicazione.
E’ uno sguardo nero, nerissimo, quello sulla situazione attuale; tuttavia, i toni da commedia e certe situazioni lasciano pensare che l’analisi della realtà del precariato sia un po’ troppo superficiale, e la conclusione maschera appena il messaggio che, involontariamente, dà il film: lo sfruttamento va bene per chi non ha le capacità di ambire a qualcosa di meglio. Sono in cento attorno a Marta: per novantanove di loro sembra che la situazione che vivono sia il massimo traguardo raggiungibile, quindi il bene supremo. Solo Marta ha ancora tutta la vita davanti. |
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