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Martina è un'assistente di volo. Un giorno, per caso, durante un turno di lavoro, si imbatte in Angelo. Uno scambio di sguardi tra il passeggero e la hostess e un diario dimenticato sembrano il preludio per la nascita di una storia d'amore. Angelo, infatti, ha lasciato il suo diario sull'aereo e Martina, una volta scoperto che il ragazzo è del suo stesso paese, decide di riconsegnarlo personalmente al giovane. Pian piano però Martina, attraverso la lettura del diario, si appropria della vita di Angelo e decide di posticiparne la consegna per vivere ancora le emozioni che quelle pagine le regalano. |
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Un’occasione mancata.
L’amore non basta è l’ennesimo tentativo di raccontare in maniera originale il problema delle coppie di oggi, spacciate verso un destino di amarezza e solitudine. A vedere gli ultimi film italiani del momento, la situazione nervosa e affettiva degli italiani che viaggiano sui trenta è catastrofica: l’insicurezza regna sovrana, e la pazienza o manca o non basta. Appunto.
Descrivere la storia di una amore che c’è, ma che non basta per essere felici e costruire un futuro insieme, è indubbiamente un idea originale per costruire una sceneggiatura che parta da questa amara presa di coscienza e indaghi le sfumature di un rapporto che si consuma come un triste fuoco che non scalda e non fa luce. L’aspetto che lascia sconcertati è quindi l’assoluta incapacità del regista di raccontare l’intimità dei protagonisti, le loro emozioni, il loro smarrimento… La Mezzogiorno è più insipida che mai, con un’espressione da bambina imbronciata che si porta dietro per tutta la durata del film, Tiberi risulta antipatico e nevrotico, ed entrambi sembrano più dei sedicenni che degli adulti in crisi: Martina con la sua inseparabile felpa col cappuccio e Angelo con il suo diario pieno di frasi tipo “finchè ti amo sarò sempre tuo, e tu, mia” non riescono a dare credibilità in primis a sé stessi e poi alla loro relazione, finendo per annoiare chi segue le loro pene d’amore senza capirne il perché. Neanche la comicità di Rocco Papaleo e la bravura di Alessandro Haber riescono a dare respiro a un film che mette in fila una serie infinita di clichè, come la rappresentazione del precariato o dell’università. Non c’è spessore, persino uno dei momenti potenzialmente più suggestivi del film naufraga verso il ridicolo quando Angelo dedica a Martina una sua poesia, “La mia relazione con te”, una delle più banali della storia del cinema.
Dispiace parlare in questi termini di un film indipendente, ma se non c’è stato alcun tipo di finanziamento per questo progetto evidentemente qualche motivo ci sarà. Nonostante a volte, sempre senza motivo, il Ministero dei Beni culturali ritenga opportuno finanziare altri film altrettanto brutti. |