La coppia Paolo Genovese – Luca Miniero porta sullo schermo l’ultima operazione commerciale (per ora) del cinema italiano: quando si parla di crescita, rispetto alla tendenza degli ultimi anni del secolo scorso, lo si deve in parte alla qualità di alcuni registi e attori dell’ultima generazione, in parte a produzioni di questo genere capaci di competere al botteghino (spesso superandoli) con i blockbuster americani.
Pluri-sceneggiato (gli accreditati sono otto, tra i quali Fausto Brizzi che con la regia di “Notte prima degli esami” ha aperto il filone al quale anche questo film appartiene), il risultato è purtroppo quello previsto, una sceneggiatura imbarazzante, nella quale troppe mani tolgono invece di aggiungere.
L’inizio, con la citazione dai “Blues Brothers”, è quasi promettente: “Questa notte è ancora nostra” punta sull’ironia e, anche se spesso è dozzinale, riesce in quest’intento. Il buio cala su tutti gli altri intenti – incasso a parte – con una sequela di banalità che si estende da ogni breve dialogo, dai pretesti per le gaffes al messaggio generale del film, che viene addirittura ribadito sui titoli di coda: abbasso il razzismo e i pregiudizi. Bene, si poteva anche cercare di dirlo meglio, magari tra le righe di un bel film.
Il rapporto tra Massimo e Jing è quanto di meno reale si possa immaginare, aspetto troppo comune alle commedie di questo tipo: non si amano, non si rispettano, non pensano al partner ma solo a se stessi, vedono l’altro solo come conclusione del loro percorso di maturazione, come un pesce rosso vinto al Luna Park. Il rapporto non esiste, esiste solo lo stare insieme che si verifica se è rispettata la parità di comportamento, ovvero tutti e due bugiardi e colpevoli o nessuno dei due.
Vaporidis fa quello che può, cercando di prendere in giro il proprio personaggio, ed è ammirevole l’intento di non trasformarsi in Scamarcio (cosa che invece ha provato a fare Muccino jr: nessuno dei due ne ha le possibilità, bravo Nicolas a capirlo prima di sbagliare). Gli altri gli ruotano attorno come macchiette, e se Califano non sa di nulla, Maurizio Mattioli è senza dubbio la marcia in più di tutto il baraccone.
Non può bastare, e infatti non basta. Il film se ne va via, piatto, inespressivo.
L’unica profondità in cui ci si può immergere è quella della poltrona, se si sceglie un buon cinema. |