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Cosa faresti se i Militari ed il Governo non fossero capaci di difenderti in uno stato di emergenza? Un terribile mostro attacca New York e l’evento viene raccontato attraverso gli occhi - esattamente attraverso la videocamera - di un piccolo gruppo di ragazzi... |
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“Cloverfield” arriva sul mercato americano (e due settimane dopo su tutti gli altri mercati) dopo aver fatto crescere l’attesa con pochissime anticipazioni e un alone di mistero che avvolge il progetto – riprova ne è la trama completamente sbagliata diffusa alla stampa dalla distribuzione italiana.
Il produttore è J.J. Abrams, già produttore della serie televisiva “Lost” e di recente regista di “Mission Impossible III”: una garanzia, soprattutto sul piano del ritorno economico. Alla luce dei precedenti, non sorprende se molte cose in questo nuovo prodotto non sono spiegate e non trovano nemmeno una conclusione: a pensar bene tutto prelude a un’accoppiata sequel-prequel, per raccontare la situazione dopo la distruzione di Manhattan e l’eventuale sopravvivenza del mostro in un secondo film, la nascita del mostro stesso e degli strani parassiti dei quali si libera nelle prime scene in un terzo episodio.
Quello che non si può raccontare di nuovo, è ciò che racconta “Cloverfield”: il film, anche se le circostanze cambiano improvvisamente dopo una ventina di minuti (forse troppi), è sui personaggi, non sulla situazione catastrofica. Le immagini sono tutte girate da Hud con la videocamera di Rob, e questo stratagemma da un lato pone sempre al centro dell’attenzione gli stessi personaggi, dall’altro fa crescere la tensione per tutto quello che accade e che non viene inquadrato. La conseguenza è che la maggior parte dei danni provocati dal mostro non avvengono in diretta, con buona pace della spettacolarità, ma se ne vedono, più realisticamente, solo le conseguenze. Sempre la logica porta ad inquadrature del mostro dal basso, contrariamente ai più famosi film di questo tipo, anche se Matt Reeves non resiste a far acchiappare al mostro un elicottero. Con tutte le delimitazioni imposte dall’uso della videocamera, è buona l’idea dei flashback sotto forma della registrazione precedente sullo stesso nastro, che si vede per brevi tratti quando Hud smette di riprendere (ma non dovrebbe fermarsi anche il nastro? Per non parlare della batteria che avrebbe tutto il diritto di scaricarsi).
Alla fine il mistero (non quello interno al film, ma quello esterno, sui contenuti) è svelato: “Cloverfield” è un prodotto non innovativo, che cerca di sintetizzare i punti forti di film quali “Godzilla” con tecniche da “The Blair Witch Project”. Ci riesce, ed è un buon prodotto. C’era da aspettarselo, viste le premesse. E non dovrebbe finire qui. |
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Commenti del pubblico |
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News sul film “Cloverfield” |
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