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Holly e Gerry si sono innamorati sui banchi di scuola e si sono sposati promettendosi di restare insieme per tutta la vita. Ma ora Holly, a 29 anni, è rimasta sola perché Gerry non c'è più, portato via da un male incurabile. La ragazza, senza avere accanto a sé l'uomo della sua vita, sta scivolando sempre più verso il nulla, con grande apprensione di sua madre e delle sue migliori amiche. Due mesi dopo la scomparsa del marito, Holly riceve un misterioso pacchetto contenente alcune buste ciascuna con il nome di un mese scritto sopra e accompagnate da una lettera scritta da Gerry. Suo marito non l'ha abbandonata, prima di morire ha scritto per lei la 'lista' che aveva promesso di redigere in caso se ne fosse andato per primo: un elenco di cose da fare per andare avanti, per arrivare fino a sera, per ritrovare lentamente il senso dell'esistenza... |
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Tutto il bene del mondo. Qualunquismo cinematografico: sotto mentite spoglie. L'American Dream colpisce ancora. E assume le sembianze dei vari generi e temi rivisitati (a ritroso: Ghost). Quello del morto (protagonista) al quale è concesso di rimanere (più o meno) in vita, per un periodo più o meno lungo. Non potendo ripetere alla lettera la pellicola sentimentale di successo con Demi Moore, la relazione tra Holly e Gerry, prosegue nel tempo grazie a un fitto epistolario post-mortem.
Tratto dal romanzo omonimo di Cecilia Ahern, la commedia del regista e sceneggiatore Richard LaGravanese ('La leggenda del re pescatore', 'L'uomo che sussurrava ai cavalli') sopravvive sui gloriosi resti dell'immagine 'armonizzata' in movimento (frammenti stagnanti della cinepresa): ma le regole romantiche (dell’attrazione), le 'tentazioni' della commedia (subliminale) sono inutilmente sottolineate, le situazioni infinitamente ricominciate, immancabilmente esasperate. 'Fantasma d'amore', compiaciuto e regressivo; quello di un'armonia 'immobile' raggiunta a posteriori: così, l'atmosfera tra il magico ed il sovversivo, tra 'raffinatezza' astratta, psicologica e morale, sfocia in un compiacimento decorativo, e lo sguardo del regista perde dunque la conquista di un significato 'autonomo'. Grazie all’improbabile maturità della visione, il linguaggio non permette qui una rielaborazione continua di quelle che sono le intenzioni della sceneggiatura. Sufficientemente 'approssimativo', "PS I love you" lo è però anche per relativizzare tutte le sue buone intenzioni, in un contenitore nel quale tutto è di troppo: la voglia di strafare dei brillanti attori, le carte da giocare (la commedia con sufficienti elementi drammatici). L’autore di "Kiss" dimentica facilmente come tutto il cinema più grande vive in funzione dello 'sfondo', che non è semplice decorazione, ma continuazione attiva del significato del racconto. |
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