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Recensione: Per uno solo dei miei due occhi

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Per uno solo dei miei due occhi
titolo originale Nekam Achat Mishtey Eynay
nazione Israele / Francia
anno 2005
regia Avi Mograbi
genere Documentario
durata 100 min.
distribuzione Fandango
cast S. Jabarin (Amico palestinese)
sceneggiatura A. Mograbi
fotografia P. BellaicheY. GurfinkelA. MograbiI. Portal
montaggio E. LenkiewiczA. Mograbi
uscita nelle sale 28 Marzo 2008
media voti redazione
Per uno solo dei miei due occhi Trama del film
Il mito di Sansone e Massada insegna ai giovani israeliani che la morte è meglio della dominazione. Oggi i giovani palestinesi combattono, attraverso l'Intifada, contro le quotidiane umiliazioni e violenze dell'occupazione dell'esercito israeliano. Questa popolazione estenuata, come ieri lo erano gli ebrei dai Romani e Sansone lo era dai Filistei, grida la sua rabbia e la sua disperazione. Il regista israeliano racconta la crisi tra Israele e Palestina, vista attraverso gli occhi dei Palestinesi costretti a subire ogni giorno controlli e ispezioni da parte dell’esercito israeliano. Nonostante tutto, il regista Avi Mograbi crede ancora in un dialogo per la pace.
Recensione “Per uno solo dei miei due occhi”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 6,5)
Lascia che io mi vendichi per uno solo dei miei due occhi, implora Dio Sansone, accecato dai filistei. La frase simbolo della sua ribellione è usata oggi da ebrei razzisti per invocare stragi di palestinesi: la vendetta prima di tutto, contro gli altri, altri che “non sono come noi”: è l’onore di Dio ad essere tirato in ballo, ed è bene ricordarsi che il Dio del Vecchio Testamento è vendicativo, e che l’abuso è tale sotto ogni aspetto tranne quello – ahinoi – ideologico.
Una città assediata dai romani, che sceglie il suicidio di massa invece di un tentativo di difesa senza sperazne; il conflitto Israele-Palestina, fatto sì di kamikaze, ma anche di soprusi quotidiani, di umiliazioni gratuite. Nel film di Avi Mograbi c’è tutto questo, ma non solo: in un’ora e quaranta che semba almeno il doppio per la lentezza del film, tra tante parole e poco altro, è condensata la visione realistica ma incredibilmente piena di speranza del regista israeliano, alla sua opera prima.
Lo spettatore fa fatica a comprendere a fondo, ma coglie facilmente i collegamenti tra situazioni lontane nel tempo eppure così simili, che vedono lo stesso popolo una volta nella parte dell’oppresso, un’altra in quello dello spettatore. La stessa fatica la fanno i turisti che visitano Massada, e vengono invitati per gioco a rivivere l’esperienza degli antichi abitanti assediati dai romani. “Dove sono ora i romani?”, chiede la guida. L’oggi va visto in virtù del domani. E’ una fatica che fanno tutti, oggi, ieri. Per l’altro dei suoi due occhi, Sansone avrebbe fatto meglio a chiedere la chiarezza nel futuro piuttosto che limitarsi all’oscurità della vendetta nel presente.
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