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1957 deserto, nel pieno della guerra fredda. Indy e il suo compagno Mac sono appena sfuggiti ad un agente sovietico. Rientrato a casa, il Marshall College, il professor Jones scopre che il suo lavoro è stato messo sotto sorveglianza dal governo che sta facendo pressioni sull'università per mandarlo via. Sulla sua strada Indy incontra un giovane ribelle, Mutt, che gli propone di unirsi a lui nella ricerca di un importante oggetto archeologico, il Teschio di Cristallo di Akator, oggetto di venerazione e paura. |
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Nevada, 1957. L’escalation che porterà alla II Guerra Mondiale è finita, ma il mondo ha ancora paura: in piena guerra fredda, i russi rappresentano (per il punto di vista occidentale) un pericolo più grande di quello appena passato – l’ultima crociata è ambientata nel 1938. Il tono di voce con cui Henry Jones jr dice semplicemente “russi” è lo stesso, sprezzante, col quale vent’anni prima aveva detto “nazisti; odio questa gente”. Henry, Indiana per tutti quanti: l’archeologo più famoso di Schliemann torna sul grande schermo a colmare un vuoto che “Le avventure del giovane Indiana Jones”, serie televisiva dei primi anni ’90, non aveva colmato.
La musica è inconfondibile, la silhouette non è da meno: e così anche l’atteggiamento, l’avventura, i nemici, i colpi di scena. Tutto fa sentire a casa lo spettatore affezionato, perché tutto è stato già raccontato. E’ bello tornare indietro dopo vent’anni e ritrovarsi catapultati nell’atmosfera dei tre film degli anni ’80; è però un’operazione di puro amarcord, che nulla aggiunge a un capitolo che sembrava chiuso e tale è rimasto, salvo l’happy end “un po’ più happy”. Da gente del calibro di Steven Spielberg e George Lucas, che rinunciano agli effetti speciali “eccessivi” in nome di una continuità con i precedenti capitoli, era lecito aspettarsi qualcosa di più: la sceneggiatura è una semplice trasposizione nel tempo di fatti già visti accadere, già vissuti, e quel che vorrebbe essere “nuovo” è un po’ troppo ai limiti dell’accettabile, sforando quelli del paradosso.
Sono bravi invece nel mantenere le caratteristiche dei personaggi senza far finta che il tempo non sia passato: Harrison Ford sembra contento come un bambino di tornare a vestire i suoi panni preferiti, e Karen Allen affronta correttamente l’evoluzione di un personaggio che probabilmente non aveva mai pensato che avrebbe potuto reinterpretare a distanza di 27 anni; ottima anche la scelta di Shia LaBeouf, atteggiamento e fisicità sono perfette, il futuro del personaggio, se ci sarà, è tutto suo (altro che Sean Patrick Flannery o il compianto River Phoenix). L’unica nota stonata, quanto alla recitazione, è nella star più attesa: Cate Blanchett ha uno sguardo gelido di natura, ma non cattivo, e mentre si scontra con Indiana Jones ha sempre un sorriso malcelato dallo sguardo rigido. Anche un premio Oscar può sentirsi in soggezione di fronte alla Storia…
“Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo” esce oggi, nel 2008, ed oggi diverte lo spettatore, raggiungendo quindi il suo scopo; ma l’operazione ha un respiro più ampio, e la riscoperta sa tanto di nostalgia, il ricordo è troppo più forte delle idee nuove. Che infatti non ci sono. |
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Commenti del pubblico |
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5,5
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Un pò delusa da questo film dopo essermi appassionata ai precedenti. Bene l'interpretazione di Harrison Ford ma la trama è un pò prevedibile e non comunica nulla di nuovo, tra l'altro non è supportata da effetti speciali all'altezza della tecnologia attuale.Si poteva fare meglio o -come già rilevato da altri- si poteva anche evitare!
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6
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Dopo vent'anni di pausa, torna Indiana Jones. Alcune cose sono cambiate: i cattivi non sono piu' i nazisti ma i russi (capeggiati da una Blanchett che parla come zia Svetlana), alcuni personaggi cardine del passato non ci sono più e, soprattutto, il nostro eroe deve fare i conti con la vecchiaia. Ma a dispetto di quel che ci si aspetta, Ford e' in gran forma. E' la sceneggiatura che non riesce a replicare le trovate e le invenzioni dei precedenti, ricorrendo spesso ad autocitazioni, tirando in ballo vecchi personaggi e situazioni senza pero' mancare ad alcune cadute. Spielberg non ritrova il ritmo e la sfrenata giocosita' dei primi tre episodi ma dirige alcune sequenze mirabolanti e, comunque, questo Indiana e' molto piu' riuscito e divertente della maggior parte dei pop-corn movies che si vedono in giro. Anche se, purtroppo, e' arrivata ora per Indy di appendere il Borsalino al chiodo. E lo dico da grande ammiratore dei suoi film.
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si poteva anche evitare
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Steven...perché quest'orrore?
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