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Pauline, una giovane maestra elementare, ama i vestiti kitsch e vive con l’amica del cuore, anche lei insegnante, in un piccolo delizioso appartamento nel nord della città. Passa le sue giornate preoccupandosi più del presente che del futuro tra lezioni a scuola, lezioni di guida e lezioni di flamenco. |
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Lo avevamo lasciato con la condanna di Vera Drake, ringraziandolo per il mal di stomaco e una sensazione di disagio che si è protratta per giorni. Poi di Mike Leigh si son perse le tracce per qualche tempo. Per fortuna, direbbe lo spettatore che va in sala per rilassarsi; peccato, per chi invece ama il cinema di qualità che non lascia riposare il cervello.
Con “Happy Go Lucky” Mike Leigh non solo riporta in sala entrambe queste tipologie di spettatori, ma si afferma come l’anti-Ken Loach del cinema inglese: non abbandona la strada del realismo ma sceglie di percorrerla contromano, mettendo in luce un mondo, una Londra, una classe sociale, un ristretto numero di persone alle quali il cinema ci aveva disabituato. E’ una luce nuova che investe Poppy e si irradia attorno a lei, contagiando pubblico e personaggi: fin dalle primissime sequenze, sui titoli di testa, lo spettatore ha l’impressione – corretta – che nulla riuscirà a togliere il sorriso alla protagonista, una Sally Hawkins alla terza prova con Mike Leigh (finalmente nel ruolo principale) e giustamente premiata in giro per il mondo, a cominciare dal Festival di Berlino.
Il film non ha particolari cambi di ritmo e giusto una breve parte centrale, non del tutto convincente, permette di dividerlo in due tronconi pressoché uguali, con la differenza di una Poppy, dopo l’intervallo, pienamente consapevole del proprio ruolo.
L’atmosfera di favola non entra mai in conflitto con la realtà che si mostra agli occhi dello spettatore, affascinante ma, in fondo, non diversa da altre volte: è il modo di raccontare le cose, ma ancor più quello di guardarle, che ce le rende gradevoli. E’ Poppy e la sua cerchia ristretta di amici, istruttori ed allievi che ci contagia: chi entra a contatto duraturo con lei ne trae giovamento, e se la sorella che vive lontano non gode del suo influsso, così non è per lo spettatore che la guarda per due ore e si ritrova automaticamente a far parte di questo piccolo giro ma aperto a tutti. C’è uno stupore enorme nell’accorgersi che, all’uscita del cinema, piove ancora. |