“E’ un racconto, e un racconto è la forma che ha una storia semplice quando è narrata con parole semplici. Il racconto deve parlare a tutti”.
La volpe e la bambina nasce da un ricordo di infanzia, da un’emozione, dalla delicatezza di un incontro: cinema intimo, che deve la sua bellezza alla tenera genuinità con la quale esprime i suoi tratti.
Luc Jacquet, dopo lo straordinario successo de La marcia dei pinguini, vincitore dell’Oscar 2006 come miglior documentario, prende le distanze (in parte) da questo genere, per avventurarsi nella narrazione di un racconto a metà tra documentario e finzione. L’inizio ricorda un programma di National Geographic, e protagonista, ovviamente, è la cristallina bellezza di una natura (ancora) incontaminata, precisamente quella della provincia francese dell’Ain, dove il regista/biologo ha passato la sua infanzia. Le immagini, bellissime, ritraggono un paesaggio fantastico, regno inviolato di lupi e di volpi, di cervi e di orsi, animali che potrebbero essere protagonisti di un film di Walt Disney, ma che nella prima parte del film non hanno niente di fiabesco.
L’incontro tra la volpe e la bambina segna l’inizio di una storia che solo col passare dei minuti diventa favola: il realismo di scene come l’inseguimento tra la volpe e una lince - di gran lunga la sequenza più bella nei novanta minuti - lentamente cede il passo all’immaginazione e alla fantasia, portandoci per mano in un mondo incantato dove uomini e animali vivono in armonia. Jacquet sogna un ritorno alla natura, e comprensibilmente sceglie di lasciarsi andare al sentimento piuttosto che alla ragione, alla passione invece che alla logica: in fondo, anche l’aver scelto di girare un film di questo genere dopo il successo e i soldi de 'La marcia dei pinguini' rivela il desiderio di vivere il cinema per essere, non per avere.
La volpe e la bambina è un film estremamente dolce, a volte troppo all’occhio di uno spettatore navigato, ma a ben pensarci non c’è nulla di male in tutto questo: anche il finale, sicuramente accomodante e fin troppo smielato, è pensato più per i bambini che per gli adulti, ed è giusto così. Perché solo chi è diventato troppo apatico, troppo freddo, troppo snob, non può apprezzare la poesia di immagini come il sorriso di una bambina, lo scorrere limpido di un ruscello, o un prato ricoperto di fiori colorati.
E non emozionarsi. |