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La storia di una troupe di due persone che sta girando un documentario su una giovane coppia, Giovanni e Lucia, attraverso la quale vuole mostrare l’aspetto meno spettacolare della vita dell’attore, quello dell’insicurezza economica e del precariato. Ma tale è la precarietà anche affettiva di Giovanni che decide di lasciare moglie e figlioletto pochi giorni dopo l’inizio delle riprese del documentario. La troupe, due persone, allora decide di usare questa separazione per raccontare come l’instabilità lavorativa della nostra generazione influenzi anche l’atteggiamento sentimentale e non solo... |
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La storia è apparentemente semplice o meglio comune. Un amore e la sua fine. Il film invece riesce a superare tutti i luoghi comuni e offre un'intimità inaspettata e realista, stupisce e lascia continuamente strati intensi di sensazioni, durante e anche appena finito.
Marco Foschi e Alba Rohrwacher sono bravissimi a non cedere mai all'isteria, restano concentrati sulla storia d'amore e sul dramma di chi stanno interpretando, che in fondo appartiene ad ognuno di noi, senza mai sovrapporsi con il rischio di perderne la spontaneità. Nei loro tratti si scopre la voglia di vivere e al tempo stesso la profonda diversità, le paure e il confronto tra un uomo e una donna, giovani che diventano adulti davanti ad un figlio, apparentemente atteso e voluto e poi al centro della disperazione, fino all'esclamazione feroce di Lucia: “mi hai rubato la mia maternità felice”.
Divertente la trovata metacinematografica di affidare l'apparente nucleo centrale del film al documentario di Eros e Giorgio, che però esce molto presto dai problemi del precariato giovanile, dichiarato obiettivo di partenza, e si trasforma in una storia d'amore intima, dolorosa e umana, non diversa da molte altre e che finisce per coinvolgere anche loro due, soprattutto (ovviamente) Eros.
La regia a volte sceglie gli occhi della stessa camera che riprende e viene ripresa, Anna Negri, quasi dieci anni dopo il primo “In principo erano le mutande”, sa ancora mischiare bene gli elementi e la risoluzione risulta sempre buona. Sfrutta tecniche di girato anomale per il lungometraggio, stile home-movie segue in digitale ogni protagonista, usa anche il cellulare e dimostra come ormai le immagini siano diventate sempre più intime, proprio perchè dentro ogni casa e possibili ad ognuno di noi.
Lo stesso titolo indica due cose, materiale girato e il desiderio di Lucia, che non si arrende neanche davanti all'evidenza, che cerca in tutti i modi di essere felice, di farsi “riprendere” e di trovare la forza di non ammalarsi, innamorandosi di nuovo nel modo più inatteso. Percorrendo, con linee diverse, lo stesso sentiero di Giovanni che ha iniziato tutto di nuovo con un'altra donna, forse nello stesso modo con il quale prima aveva iniziato con Lucia.
Gran bel film! Ogni ruolo ha un senso calibrato e specifico, perfettamente mischiato alle continue sfumature che lo attraversano; anche nell'epilogo un po' ad effetto e dall'occhiolino vagamente riappacificatore. |