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Sperduto in mezzo al territorio post sovietico c'è un paese chiamato, in omaggio al padre del Comunismo, Marks. Ma che succede quando il fattore K si perde per strada? Mars è come la Russia attuale, un luogo di frattura e straniamento, attesa febbrile e possibilità, un cantiere in evoluzione esplosiva in cui convivono le rovine di ciò che fu e le fantasie immaginifiche di ciò che può essere. |
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Boris, pugile sconfitto e tradito dalla vita, si risveglia di soprassalto. Dal finestrino del treno scorge un’insegna luminosa che lo proietta in una curiosa e surreale cittadina di nome MAR(K)S. La lettera K è caduta e la città ex-comunista si è tramutata in città marziana, sospesa tra sogno e realtà. Onnipresenza di Peluches, usati anche come moneta, daltonismi creativi, atmosfere rarefatte e colori vivaci: ci sono tutti gli ingredienti per un grande pasticcio onirico, eppure la regista russa di origini armene Anna Melikian, al suo secondo film, è talmente sincera, ironica e abile da convincere su molti piani.
Prima di tutto c’è da dire che la narrazione è molto più lineare e ‘controllata’ di quello che ci si può aspettare e che potrebbe apparire a uno spettatore poco attento. Una volta introdotti nel sospeso e delirante mondo, inoltre, pur mantenendo toni da commedia si ritrova un senso di vera malinconia e discreta profondità sia nell’ottima fotografia che negli stravaganti dialoghi.
Il vero punto di forza di “Mars: dove nascono i sogni”, però, sembra essere la perfetta aderenza dei fantasmagorici personaggi al grottesco e sperduto non-luogo post sovietico. Boris è un pugile stordito che viene dalla grande Mosca; Grigorij un ragazzo intraprendente e sognatore, che vede la realtà dipinta di rosa; Greta, invece, è la splendida bibliotecaria speranzosa di abbandonare quel posto dimenticato da Dio; c’è poi la scaltra ragazzina che vende peluche o la ragazza con la treccia più lunga di tutta la Russia. Ogni personaggio è in una giusta relazione con gli altri e soprattutto ogni attore è al giusto posto.
Citando numerosi artisti, tra i quali Chagall, Cechov e Fellini, la regista sistema liricamente gli ‘oggetti’ sullo schermo. Più ci si allontana dall’opera e più ne si può cogliere un disegno e una logica stilistica. La potenzialità emotiva, tuttavia, non è mai volutamente e interamente sfruttata, lasciando costantemente aperta una struggente vena di tristezza alla Emir Kusturica.
Strano e affascinante, “Mars: dove nascono i sogni” è un piccola pietra preziosa, incastonata in una montatura anarchica, astratta e piena di vita.
Il film, prodotto nel 2004 ma distribuito in Italia con quattro anni di ritardo grazie alla coraggiosa Officine Ubu, è stato presentato a numerosi Festival tra cui Berlino, Seattle ed Edinburgo. Di Anna Melikian se ne sentirà parlare e discutere, questo è certo, oltre che auspicabile. |