|
|
Il giornalista televisivo Simon Hunt e il suo operatore Duck hanno affrontato insieme imprese ardue e pericolose per informare i telespettatori dalla più calde zone di guerra in tutto il mondo. Tuttavia, durante una missione in Bosnia per un reportage sulla guerra dei Balcani, qualcosa va storto e ben presto Simon sparisce dall'etere, mentre Duck prosegue la brillante carriera. Anni dopo, in occasione di un anniversario della fine della guerra, Duck torna in Bosnia insieme a Benjamin, un giovane reporter alle prime armi. Qui, Duck ritrova Simon e l'esperto giornalista propone all'ex collega uno scoop sensazionale: ritrovare 'la Volpe', il più efferato criminale di guerra bosniaco. I tre iniziano le loro indagini, ma quanto più si avvicinano alla verità tanto più le loro vite vengono messe in grave pericolo. |
|
|
|
Farò quello che fa ogni bravo giornalista quando arriva in un posto nuovo: trovare un bar
“The Hunting Party” comincia parlando di giornalismo, spostando lentamente l’obiettivo al giornalismo di guerra, alla guerra, alla ricerca di un criminale, fino vero punto d’arrivo: la non-volontà dei “grandi” (Nazioni Unite, Tribunale de L’Aja, C.I.A. e simili) di chiudere alcune questioni scottanti. Allo stesso modo, correggendo man mano la loro rotta, i tre giornalisti sulle tracce della “Volpe” tornano a Sarajevo e da lì si spostano per la Serbia fino al confine col Montenegro, avvicinandosi sempre di più al loro uomo. E mentre si avvicinano, diventa chiaro il vero motivo della ricerca: non uno scoop, non un’intervista, non una semplice taglia da incassare.
“The Hunting Party” si muove così su diversi piani, nella direzione tipica del film d’azione che alterna sorprese per i protagonisti a sorprese per gli spettatori.
Richard Shepard, regista oltre che sceneggiatore, parte da una storia vera – quella di cinque giornalisti che si sono messi sulle tracce di Radovan Karadzic, criminale di guerra ben peggiore del Boghanovic del film, finché la C.I.A. non si è messa sulle tracce dei giornalisti per farli desistere – e lavora sul carattere, oltre che sul numero, dei protagonisti: Simon Hunt (Richard Gere) è la mente del gruppo, spesso ubriaco e con idee folli, ma capace di tutto con semplicità e ironia; Duck, il bravo Terrence Dashon Howard, è il punto di mediazione tra l’esperto Hunt e il giovane Benjamin, al quale è riservato, come da canone, il momento di gloria quando le risorse dei compagni sembrano esaurite. Shepard Lavora anche sul finale, senza però nascondere le carte: si capisce che il “primo finale” è quello “vero”, e l’iniziativa seguente dei tre è subito ammantata di leggenda.
La domanda finale è quella che si fanno i tre al momento di decidere se rinunciare o andare fino in fondo: perché l’O.N.U. non cattura i criminali di guerra ricercati? Gente come Karadzic o Ratko Mladic, che nella loro latitanza pubblicano libri e articoli. Tre (o cinque, che importa) giornalisti in due giorni hanno deciso di cercarli e ci sono riusciti. Le grandi organizzazioni mondiali ci stanno provando da dieci anni… Qualcosa non torna. |