"Quando non si può scappare, impari a piangere con il sorriso sulle labbra"
Diretto da Alejandro Amenàbar, "Mare dentro" è basato su una storia vera, sulla vita di Ramón Sampedro, un tetraplegico che, a causa della proibizione dell’eutanasia in Spagna, lottò per 25 anni contro tutti i tribunali per il diritto ad una morte degna. Chiuso in una stanza che si squarcia sulle sue improvvise visioni interne, sui suoi inestimabili ricordi, il film è una miscela di smaniante evasione immaginaria e fuga verso l'onirico.
Il polo di richiamo e motore della vicenda è la personalità di Ramón, che fin dall'inizio viene presentato come una figura profondamente contraddittoria: un uomo ricco di umorismo, creatività, pieno di vita, che ha invece nella mente un unico obbiettivo: morire.
Quella di Ramón, è però una dimensione estrema, radicale, perchè si sviluppa tutta tra due poli opposti: la carica vitale che infonde a tutto ciò che lo circonda e l'estremo atto da compiere. Lentamente, questo irreversibile doppio registro caratteriale, risucchia, come in un imbuto, tutti i caratteri degli altri personaggi, confondendo le pulsioni emotive di ognuno di loro.
E' la "conseguenza" evidente di un personaggio altissimo proprio a causa della sua "ambiguità" (fisica e psicologica), resa in maniera magistrale da Bardem.
Ramón è un concentrato di cinismo, determinazione e sofferenza, vitalità e rassegnazione. Con il solo uso dei muscoli del viso, Bardem tesse sul suo volto la tela di questi sentimenti contrastanti, alternando momenti di composta commozione e sofferenza ad esplosioni di gioia.
Passione ed originalità anche nelle scelte di regia; Amenábar è abilissimo ad evidenziare questa grande capacità comunicativa del suo attore-personaggio: il volto di Ramón-Bardem ci trasporta allora in una zona al di fuori dello spazio e del tempo. Il tempo della narrazione diventa sempre più il tempo di Ramón e lo spazio quello della vita vissuta e ancora da vivere.
"Mare dentro" evita però molto abilmente di confondersi con una gigantesca soggettiva di Ramón. I personaggi delle due donne Julia e Rosa, che da due prospettive opposte si innamorano di lui, sono funzionali a far conoscere Ramón dall'esterno; ma il protagonista con loro non parla mai di amore, se non legando questo sentimento a quello della morte. Un altro elemento forte di personalità è costituito dalla finestra della sua stanza; unico sguardo sul mondo. Ma questo sguardo non è altro che un occhio sul vuoto, su un'ampia zona di confine.
L'unico elemento di unione che resta è proprio il mare, fluido incessante fra vita e morte. Il mare allora, proprio alla fine, riacquista quel significato "mitico" a lungo inseguito da Ramón: una linea dell'orizzonte che non finisce mai, che si protrae all'infinito, trasformandosi in un tentativo di fuga, di viaggio.
Ed è proprio la vitalità suggestiva dello sguardo di Amenàbar che in fondo ci fa capire perchè Ramón vuole morire: perchè non c’è musica, voce, affetto che tenga di fronte all’impossibilità di essere, e di riconoscere, se stessi.
Gran Premio della Giuria e Coppa Volpi a Javier Bardem per la migliore interpretazione maschile alla 61ma Mostra del Cinema di Venezia (2004).
Oscar 2005: miglior film straniero. |