Quando un personaggio del calibro di Anthony Hopkins si mette in gioco in una produzione indipendente, è giusto concedergli il massimo dell’attenzione.
L’impegno di Hopkins è totale: scrive la sceneggiatura, dirige il film, recita (è il protagonista, Felix Bonhoeffer), compone addirittura le musiche. La produzione è familiare, dalla moglie Stella Arroyave – che recita pure – a Robert Katz; e qui i conti iniziano a tornare: Katz è il produttore, tra gli altri, del premio Oscar 2006 “Crash – Contatto fisico” e di “Prime”, commedia dal basso profilo con un gran cast. Anche stavolta il cast non è da meno: ai coniugi Hopkins si affiancano Christian Slater e John Turturro, oltre a Kevin McCarthy in una parte autoreferenziale.
Hopkins si dimostra bravo, oltre che nel ruolo di attore, come regista, ma le musiche soporifere lasciano qualche dubbio sulla sua scelta. “Slipstream” è comunque, in gran parte, un film giocato sul montaggio: lo richiede la storia, un viaggio visivo nella mente di Felix, che scivola via dalla realtà attraverso dei flash a metà strada tra esaurimento nervoso e premonizioni. Hopkins si fa pretenzioso creando un film più alla Aronofsky che alla Lynch, senza considerare che entrambi hanno abbastanza stancato.
L’idea dei personaggi lasciati senza trama, mutuata da Pirandello e Queneau, è la migliore, insieme alle citazioni da “L’invasione degli ultracorpi”; più debole l’idea dello “slipstream”, i flash che Felix ha senza capire (nemmeno lo spettatore lo capisce) se siano immagini del passato, del futuro o invenzioni della mente. Purtroppo è proprio questa l’idea cardine sulla quale è costruito tutto il film, che funziona meglio proprio quando Hopkins non è in scena, nella lunga sequenza sul set nel deserto (ottima location, e un plauso anche alla fotografia di Dante Spinotti, attivissimo a Hollywood da “Manhunter – Frammenti di un omicidio” a “Red Dragon”, da “Heath – La sfida” a “L’ultimo dei Mohicani”, a “L.A. Confidential”).
Alla fine, la battuta con la quale inizia tutto il “casino” è la migliore per sintetizzare lo “slipstream”, o meglio lo slittamento, di Hopkins da un ottimo film a un film sconclusionato, confuso: “abbiamo perso la trama”. |