Dopo il doppio confronto con la Storia (“Flags of our Fathers” e “Lettere da Iwo Jima”), seguito del suo film di maggior successo, “Million Dollar Baby”, il quasi ottantenne Clint Eastwood sceglie una via di mezzo, prendendo spunto da una storia vera e portandola sullo schermo con poche variazioni. “Changeling” nasce da un fatto di cronaca americana, che visto oggi può sembrare paradossale: Walter, nove anni, viene rapito; siamo nel 1928, a Los Angeles. Dopo qualche mese la polizia riconsegna alla madre un ragazzino che non è suo figlio: le proteste della donna, Christine Collins, portano ad un duro scontro con il capitano della polizia e all’internamento in manicomio.
La storia si divide in due parti disomogenee, d’altronde la vita non segue schemi cinematografici… nella prima parte assistiamo ad un crescendo di pathos, identificandoci con la donna, nell’attesa che le sue ragioni prevalgano su quelle – sbagliate o in cattiva fede? – della polizia. La situazione varia solo in parte con il suo ricovero coatto, l’evento atteso rimane lo stesso. Quando finalmente, dopo quasi un’ora e mezza di film, Christine viene riabilitata, la chiusura perfetta sarebbero i titoli di coda; invece inizia qui il vero film. Christine porta in tribunale le sue ragioni, e la storia si divide improvvisamente in più filoni secondari: il processo contro la polizia, a posteriori l’unico evento davvero memorabile, il processo contro l’assassino e le continue ricerche della donna, che non dispera di ritrovare un giorno suo figlio. Quest’ultima ora di film è una vera sofferenza, con lo stato d’animo dello spettatore che sale e scende secondo le pieghe che prendono le diverse, parallele vicende.
Se la struttura è criticabile, non lo è l’impatto sullo spettatore: è giusto che una vicenda del genere colpisca in tutti i suoi aspetti, anche se la concentrazione di reazioni forti nel breve volgere di un film amplifica a dismisura la percezione della vicenda. Angelina Jolie si dimostra a suo agio in un ruolo simile a quelli in cui ha avuto successo in passato, da “Ragazze interrotte” a “A Mighty Heart”, che nulla hanno a che vedere con i film di cassetta per i quali è maggiormente ricordata. Ma chi si dimostra ancor più a proprio agio è Clint Eastwood, che non finisce di sorprendere e di suscitare ammirazione: con maestria porta sullo schermo una storia vera, ne mette in luce tutti gli aspetti senza confusione, alternando scene forti a scene di raccordo mai prive di significato, concentrandosi infine su quello che è l’elemento più scandaloso, il comportamento della polizia. Trattando con delicatezza la vicenda umana – resiste alla tentazione di riscrivere il finale – e con fermezza quella sociale – il figlio “falso” prima di partire lascia intendere la verità. E’ una storia che ha in sé una morale, e Clint non ha bisogno di aggiungere altro. |
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Eastwood, nello stesso anno di Gran Torino, gira un film decisamente ambizioso sia nella ricostruzione di un'epoca ormai lontana (la Los Angeles del 1928, ricostruita perfettamente) sia per i temi scottanti che tratta: dalla corruzione della polizia all'insabbiamento di ogni verità. Pur non all'altezza di altre sue opere, Changeling e' un film che va assolutamente guardato: la regia cattura la tensione e la disperazione della madre protagonista in un calvario per la ricerca della verità e della giustizia che ha molte similitudini anche con il mondo di oggi. Ma soprattutto, questo film riesce a dare allo spettatore una forte sensazione di rabbia come non accadeva più al cinema.
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Cl int non lo godo... ma questo e' un capolavoro!
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