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Ossessionata dagli indici di ascolto e dalla competizione con gli altri network sul terreno dei reality show, la dirigente televisiva Katy Courbet concepisce il reality più estremo mai pensato prima: il gioco della roulette russa in prima serata. Katy Courbet dovrà però lottare con determinazione per difendere il suo format, dovrà forzare le leggi e le interpretazioni della Costituzione, convincere gli inserzionisti pubblicitari e vincere le resistenze dei dirigenti del network, prima di riuscire a mandare il suo show in onda.
Finalmente nello studio di Live! si accendono le telecamere: tra centinaia di candidati che si sono presentati ai casting, sono stati selezionati sei concorrenti che per denaro, per fama o semplicemente per provare delle sensazioni forti sono disposti a rischiare la vita.
Per cinque di loro ci sarà la ricchezza, per uno invece la morte in diretta TV. |
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Posto che, volendo, si può criticare qualsiasi cosa, è troppo facile affrontare il tema della non-assoluta-originalità quando un film si pone l’obiettivo di far discutere. Non importa, davvero, che altri 2 o 3 film, in passato, abbiano detto più o meno le stesse cose di “Live!”, perché “Live!” si propone di dirle adesso e di affrontare oggi quello che è un aspetto quantomeno preoccupante della nostra realtà. Questo aspetto altro non è che ciò di cui si parla nei bar, per le strade, in famiglia, tra amici, ovvero la degenerazione del mezzo di massa più diffuso e potente che abbiamo, la televisione. Non è il mezzo in sé al centro del problema, ma l’uso che se ne fa, la capacità di muovere enormi attenzioni sociali ed economiche che portano alla creazione di programmi amorali, ipocriti, che si servono delle persone come di oggetti. Non è solo il concorrente la cui vita viene stravolta in diretta ad essere usato, lo è altrettanto lo spettatore sui cui sentimenti indotti viene costruito un impero e vengono sacrificate vite altrui.
“Live!” è un prodotto indipendente, che vede la luce grazie all’impegno di Eva Mendes, produttrice esecutiva; l’attrice cubano-americana trova nella sceneggiatura di Bill Guttentag (documentarista 2 volte Premio Oscar) sufficienti motivazioni per farsi carico del progetto e, allo stesso tempo, per ritagliarsi un ruolo da protagonista diverso dai precedenti da bellona e poco altro. La sua Katy è inevitabilmente bella, ma non è una caratteristica rilevante nel film: sono il suo carattere e la sua spregiudicatezza a renderla irresistibile, a darle una forza che gli altri personaggi non hanno. Non è un personaggio positivo, ma ha il fascino ambiguo di chi ha grandi idee e la determinazione di portarle avanti a qualsiasi costo. Non la amiamo, ma non riusciamo a desiderarne la caduta. Non ci cattura, ma non riusciamo a fare a meno di lei.
Bill Guttentag sceglie, per questa grande satira sull’attualità mediatica, un taglio ironico quale quello del finto documentario: lui, eccellente documentarista, piazza all’interno della storia una videocamera che riprende tutto. Lo stile è funzionale al discorso: “Live!” è una provocazione e non può limitarsi a mettere sul tavolo un’idea, ma deve proporne la possibile realizzazione, deve mostrare che ogni cosa è davvero possibile, che anzi si potrebbe documentare il tutto.
Le domande che il film solleva sono in buona sostanza di due tipi, una pratica ed una teorica. A che punto della nostra involuzione morale siamo arrivati? Chi è peggiore tra chi organizza la “morte in diretta” e chi è disposto a guardarla? Ovvero, sintetizzando, chi siamo? |