Mathieu Kassovitz, che in virtù de “L'odio” del 1995 godeva ancora di credito illimitato, trasporta il mondo e con esso lo spettatore in una futuristica ma non lontana era “babilonia”, nella quale il caos la fa da padrone in mezzo a miliardi di persone allo sbaraglio, inglobate in sovrastati dal forte sapore orwelliano.
In un posto insignificante si trova Toorop, un combattente e, allo stesso tempo, un idealista che sembra aver poco a che fare con un mondo del quale conosce bene le regole. Toorop ha le qualità e i difetti di Vin Diesel: è fisicamente perfetto per il ruolo dell'eroe sulle cui spalle possono appoggiarsi i destini di altre persone, per non dire del mondo, ma non riesce a risultare credibile nel suo lato “umano”, nonostante ci si trovi di fronte ad una delle prove più convincenti dell'attore newyorkese.
Nelle mani di Toorop sono due pazze, che il film ci vuol far passare per una suora noelita (Michelle Yeoh) e una ragazzina iperdotata, Aurora (Mélanie Thierry): Toorop deve traghettarle dal cuore della Mongolia fino a New York, per incarico di una setta che vuol fare di Aurora una vergine madre. Se la prima parte è giocata sulle avventure di viaggio, fermo restando il problema principale dello sbarco in territorio americano, la seconda parte vede l'ingarbugliarsi di una matassa con troppi e troppo poco credibili fili, tra i tanti la questione dell'intelligenza artificiale impiantata su feti umani.
Kassovitz non vuole un mondo fantastico, ma un futuro verosimile benché improbabile: in questa direzione vanno le “novità” del progresso, quali la carta geografica interattiva, della quale esistono già dei prototipi; è allora inaccettabile che la sceneggiatura si trasformi nel nome dei colpi di scena in una farsa allucinante (è difficile trovare termini adatti che non siano da querela) e non credibile. Peccato, perché sulle prime si poteva pensare ad una semplice ma forte critica delle degenerazioni delle religioni in nome del potere, filo troppo breve per ritrovarne il capo nella matassa di cui sopra.
Se da un lato si è riconosciuto a Vin Diesel l'aver fornito una prova più che discreta, c'è poco da essere felici nel constatare come questo sia l'aspetto migliore del film; e vedere il duro guerriero sopportare il dolore delle pallottole da un lato, piagnucolando quando la ragazzina lo medica dall'altro, nel pieno rispetto dei cliché più stupidi dei film d'azione, lascia molta amarezza: sono passati 13 anni, ed il credito di Kassovitz si è definitivamente consumato. |