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Al Pacino ha presentato al Festival di Roma “Chinese coffee” (2000), da lui diretto e interpretato. Il film per volere di Al Pacino che non riteneva adeguata la distribuzione prevista, non è stato mai distribuito nei cinema americani, anche se esiste una versione in dvd. Con otto anni di ritardo, “Chinese coffee” approda dunque per la prima volta in Europa e l'attore newyorkese ha scelto proprio Roma per presentarlo, facendo precedere la proiezione del film da un interessante incontro con il pubblico del Festival di Roma. |
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Lei ha lavorato con molti membri dell'Actor's Studio. Nel Padrino - parte II ha lavorato addirittura con Lee Strasberg, che ha diretto il laboratorio fino al 1982. Cosa si prova a recitare con il proprio maestro? |
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Lee Strasberg è stato un mio carissimo amico, lavorare con lui ti manda i nervi in pezzi, perchè era un guru per tutti noi attori. Quando sei lì cammini sul filo, ti devi tenere mano nella mano. Lui non mi ha mai dato istruzioni né giudicato, abbiamo sempre compreso i personaggi insieme. Ho sempre imparato da lui perchè era un insegnante nato e oltretutto lui si sentiva prima di tutto attore, voleva essere ricordato come un attore! L'unica volta che mi ha detto qualcosa fu quando arrivai tardi alle riprese: "Sai una cosa, caro? Devi imparare le battute!". Una volta che hai imparato le battute puoi andare tranquillo. Aveva ragione. |
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Grazie alla tecnologia è sempre più facile vedere film, fare film e spuntano Festival in continuazione. Come la vedi? |
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Coppola una volta mi disse "vedi lì, c'è una ragazzina di 7 anni che ha una telecamera. Magari sarà il nuovo Mozart del Cinema...". Siamo passati dal film muto ai film di oggi in pochissimo tempo in realtà, il Cinema è un mezzo molto nuovo e più fai film più ti rendi conto che è un mezzo giovane che ha un'infinità di possibilità. Siamo in una fase che in realtà non riesco bene a decifrare, sicuramente è diventato un mezzo più popolare che in passato. |
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Lei interpreta ormai sempre più spesso il mentore di qualche altro personaggio. Quant'è complesso comunicare l'arte della recitazione a un attore più giovane? |
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Un tempo era un ruolo che effettivamente funzionava, ho ripetuto quel ruolo in molti film. Devo dire che ho saputo cosa significasse lavorare con Marlon Brando e questo mi ha aiutato. Ho l'impressione che adesso i giovani abbiano più fiducia di un tempo, forse perchè molti sono cresciuti vedendo film. Quando si comincia a parlare sta a noi e al regista far sì che i problemi svaniscano rapidamente. E' bene andare a cena, entrare in intimità, perchè si comincia a vedere le persone che ci sono dietro. |
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Ho letto che preferisce lavorare a teatro. E vero? |
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Sì è vero, perchè ho cominciato da lì, è una cosa molto personale il teatro. Amo i film, amo vederli, anche se non vorrei sempre fare il regista, sono un perfomer. Amo la sfida del palcoscenico e il pubblico dal vivo, è un po' come sentirsi in famiglia. |
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Qual è la cosa più importante e bella che hai imparato dal recitare. Cosa fai per fare colpo sui registi? |
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La cosa più bella in assoluto è la bevuta che ti fai dopo aver recitato! Invece la cosa più importante da trasmettere...non saprei, non sono un insegnante, non mi pongo molte domande. Recitare vuol dire trovarsi di fronte a una tela bianca ogni volta. Impara le battute e prova! Le prove sono quelle che ti portano al tuo inconscio e ognuno dovrebbe lasciare che il poprio inconscio emergesse. |
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Lei ha interpretato moltissimi ruoli. C'è qualche ruolo che si fa fatica ad abbandonare? |
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Man mano che vai avanti ti rendi conto che è più facile. Da giovane era più difficile. Si impara ad attaccarsi ad altre cose, altrimenti diventa troppo faticoso, mesi e mesi di produzione ti esauriscono. Mi piacciono gli orari europei, dove c'è il pranzo, le pause, meno ore di lavoro...gli attori e la troupe hanno bisogno di riposarsi, hanno bisogno di energia. |
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Il suo personaggio in "Scarface" diceva: «Dico sempre la verità anche quando mento». Non sarà che nella recitazione c'è sempre una sorta di verità? |
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Questa è una domanda interessante, perchè solitamente la parola "recitare" viene usata in senso negativo. Invece io trovo che paradossalmente nell'arte ci sia una gran parte di verità ed è proprio nella vita reale che spesso si recita...ma forse questa è una cosa che si dovrebbe dire in famiglia o tra amici! |
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Quand'è che un attore è migliore secondo lei, da giovane o da vecchio? |
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C'è effettivamente un modo diverso di approcciare la recitazione quando si è giovani. Molti anni fa in un programma fecero rifare un'interpretazione di trent'anni prima a un grande attore americano. Lui la rifece perfettamente, non aveva sbagliato nulla. Poi però fecero rivedere la sua vecchia performance. Non c'era paragone, erano entrambe bellissime ma da giovane era meglio, perchè era ispirato. |
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Qual è stata la più grande lezione che ha imparato dall'Actor's Studios? |
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Ho imparato il fatto di andare lì e scoprire che haila possibilità di crescere realmente, di comprendere un modo di recitare alternativo. Sentirsi così supportato come si è all'Actor's Studio del grande uomo Lee Strasberg fa sì che molti tornano anche dopo averlo frequentato, lui dava la possibilità di respirare le atmosfere giuste, di capire che uno deve provare ad andare oltre. |
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E' accaduto spesso che lei abbia interpretato il ruolo di cattivo, sempre con molta personalità. Il successo che lei ha è merito anche dei personaggi che ha interpretato? |
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Dipende da chi ha scritto l'opera...il cattivo non è più cattivo alla fine dei film, perchè lo spettatore ci entra in confidenza, riesce a comprendere le origini della cattiveria. Poi ovviamente c'è l'attore, che umanizza il personaggio, lo fa accettare. E' una specie di metafora... |
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