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Presentato nella sezione in concorso del Festival di Roma, il terzo lungometraggio di Daniele Vicari narra la discesa agli inferi di un personaggio, interpretato da Elio Germano, alla ricerca della propria identità. Un film crudo e violento, che riesce con grande maestria a rappresentare una realtà di dubbi e sofferenza. Il regista ha incontrato i giornalisti spiegando i motivi che lo hanno indotto a portare sul grande schermo il libro omonimo scritto da Gianrico Carofiglio e che ha come protagonisti, tra gli altri, Michele Riondino e Chiara Caselli. |
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Come mai hai scelto, tra tanti romanzi, la storia di Carofiglio? |
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Perché mi ha colpito la sua modernità, e il suo modo di fare una letteratura in chiaroscuro della società, che mi ricorda alcuni romanzi di fine ‘800 a cavallo tra due epoche, con i protagonisti sospesi in un presente dal quale non sanno cosa vogliono esattamente. Diciamo che la questione dell’identità è l’elemento centrale del racconto, dal punto di vista culturale e psicologico: un tema universale che spero sia ‘uscito fuori’ dal film. |
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Un (altro) film su una generazione di ‘dannati’, con toni noir oltre che drammatici. Tu come lo definiresti? |
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A dire il vero credo che il tema dei generi sia ormai superato. Certo, ci sono definizioni di comodo, ma la realtà è che la cosa più importante dovrebbe essere che ogni racconto deve produrre senso. Il racconto di Carofiglio (premio Bancarella 2005, ndr) me ne ha dato la possibilità, grazie anche al magnifico lavoro degli sceneggiatori. |
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Come hai realizzato le scene (molte) d’azione nel film? |
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Mi sono sempre piaciute le scene d’azione, e quello che ho scoperto è che specie quelle di violenza devono essere studiate alla perfezione, quasi fossero una danza. Una danza che porti ad una rappresentazione armonica della realtà che si intende manifestare. |
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Il passato è una terra straniera sarà vietato ai minori di 14 anni. |
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Allora, voglio dire con fermezza questa cosa: trovo la Censura una sopravvivenza del Medioevo nel nostro presente. Ricordo che da giovane alla fine entravo lo stesso a vedere i film vietati ai minori di 16 anni, e senza dubbio sono stati i film più belli che io abbia mai visto. Bisogna smettere di considerare i cittadini degli scemi, basterebbe un avviso. Poi se un genitore, scemo, portasse portasse il proprio figlio alla proiezione di un film vietato la responsabilità sarebbe esclusivamente sua. |
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