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Esce il 28 Novembre, distribuito dalla 20th Century Fox, "Max Payne", film tratto da un videogioco - sta diventando una moda.
Mentre è già in cantiere il sequel, il protagonista Mark Wahlberg, diretto per la prima volta da John Moore, è a roma per presentare alla stampa (i pochi che sono sopravvissuti allo sciopero dei mezzi) questo action movie dalle tinte fosche, nel quale - una volta tanto - la polizia non è la solita alcova di infiltrati.
Al fianco di Wahlberg le belle Mila Kunis e Olga Kurylenko. |
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“Max Payne”, è ispirato a un famoso videogioco. Come si prepara un attore a interpretare il protagonista di un videogame? |
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Devo confessare di aver letto il copione prima di sapere che fosse ispirato a un videogioco, quando poi me lo hanno spiegato sono rimasto abbastanza perplesso: i videogames della mia infanzia non avevano assolutamente una storia o dei personaggi: giocavo a Pacman, per capirci!
Ma “Max Payne” aveva una storia e inoltre un protagonista dark, che era esattamente il ruolo che volevo interpretare in quel momento. Non è stato difficile per me interpretare questo ruolo: io ho una bellissima famiglia e posso capire il desiderio di vendetta di Payne, a cui è stata strappata la sua.
Infine, è molto raro trovare una buona sceneggiatura e, quando la si trova, non importa poi molto da cosa sia ispirata. |
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Il videogioco di May Payne è stato il primo ad avere una campagna pubblicitaria paragonabile a quella di un film, e molti considerano i videogames gli antagonisti peggiori del cinema, a cui sottrarrebbero un numero sempre crescente di spettatori. Lei cosa ne pensa? |
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Prima di lavorare a questo film non avevo idea della quantità di videogames in circolazione né dei numerosi film tratti da videogames. Certamente l’esperienza di un videogioco è coinvolgente, da un videogioco si cercano emozioni molto forti e ne è la prova il fatto che i più venduti siano proprio quelli iperviolenti.
Personalmente preferisco sempre vedere, e far vedere ai miei figli, una storia raccontata al cinema. Credo che sia un’esperienza più completa, e anche più varia rispetto a un gioco per il computer. Ma forse dipende anche dal fatto che sono un po’ fuori da questo mondo: non sono affatto un amante del computer! Non ho neanche mai giocato a “Max Payne”: ho dato il videogioco al mio assistente per informarmi, lui ha iniziato a giocarci e finite le riprese gliel’ho dovuto sequestrare perché non riusciva a smettere! |
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Nella sua carriera ha interpretato ruoli molto eterogenei, alcuni caratterizzati anche da una forte fisicità eppure non è un divo dell’action movie. |
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Quando devo interpretare un ruolo cerco sempre un’identificazione con il personaggio, e per i ruoli molto “fisici” mi riesce facile: il sogno della mia infanzia era quello di diventare uno sportivo professionista. Da giovane volevo giocare a football e da due anni mi alleno tutte le mattine alla boxe per il mio ruolo nel prossimo film di Aronofsky.
Dopo “E venne il giorno” volevo “staccare” da quel tipo di personaggio: un professore di scienze che per tutto il film osserva piante e alberi! Shyamalan mi aveva consigliato di non interpretare più ruoli in cui avessi in mano una pistola. Secondo lui ero diventato il nuovo Tom Hanks! Ma io non ho resistito: a volte usare la violenza sullo schermo è molto divertente e, in fondo, tutti gli attori amano i ruoli in cui si spara. |
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Molti dei ruoli che ha interpretato sono molto dark, come crea l’identificazione con questi personaggi? |
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L’esperienza di vita non mi manca ed è da lì che attingo quando si tratta di trovare il mio lato dark. Ho vissuto momenti molto duri, soprattutto nella mia infanzia, e ho molto di cui pentirmi. Anche per questo, non c’è una domenica in cui non vada in chiesa.
Certe esperienze aiutano quando devo interpretare personaggi dark, ma anche l’umorismo è un modo per superare ricordi difficili. Oggi mi sento pronto a esplorare anche questo lato del mio carattere, e ad interpretare una vera commedia. In passato ho interpretato personaggi da commedia, ma non ho mai recitato in una vera commedia: sarebbe un ottimo modo per trasformare positivamente anche cose negative. |
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Oltre che attore, lei è anche un produttore: in quale ruolo vede oggi il suo futuro? |
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Il mio grande desiderio è di dirigere un film. C’è stato un momento qualche tempo fa in cui mi sono sentito pronto, pensavo di aver imparato abbastanza dai registi con cui ho lavorato: poi ho conosciuto Peter Jackson. Ecco, dopo quell’incontro ho preferito rimandare la mia prova come regista perché ho capito di essere ancora lontano dal livello al quale voglio arrivare. Quando dirigerò un film, vorrei essere abbastanza bravo da rischiare anche qualcosa, e non sono ancora pronto. |
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Nella sua carriera lei ha lavorato con alcuni grandi registi, ci sono delle differenze nel loro modo di dirigere gli attori? |
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Ogni regista è diverso: Shyamalan è il regista tiranno che non lascia spazio all’attore e vuole la scena esattamente come l’ha programmata. Scorsese invece lascia molto spazio all’improvvisazione mentre Jackson si presenta la mattina in cui si deve girare con cinque pagine in più di copione. Tim Burton invece elimina intere parti del copione perché le ritiene non necessarie… In teoria questo modo di lavorare è assolutamente opposto al mio: per me è importante imparare tutte le mie battute prima di iniziare a girare, a volte imparo quasi tutto il copione. Ma la cosa veramente importante è il clima che tutti questi registi sanno creare sul set: quando c’è fiducia tra attore e regista è naturale abbandonare ogni ansia.
L’esperienza fondamentale per me è stata vedere il lavoro quotidiano di questi registi, se poi ho anche imparato qualcosa sono stato doppiamente fortunato. Ora che mi sento più sicuro di me come attore, sento di poter “rischiare” anche con registi meno consolidati, ma in passato ho accettato anche ruoli minori per lavorare con grandi registi, che mi dessero la fiducia di cui avevo bisogno. |
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Oggi si ha l’impressione che la creatività si stia spostando sempre più dal cinema alle serie televisive. Lei pensa che oggi sia più difficile trovare buone sceneggiature per il cinema? |
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E’ vero: come produttore lavoro molto di più per la televisione che per il cinema, ma quando leggo un buono script il mio primo impulso è sempre quello di vedere se potrebbe diventare un film.
Rispetto al passato, oggi leggo molte più sceneggiature e questo aumenta la quantità di cattive sceneggiature che mi capitano davanti. Mi auguro che la situazione cambi, ho molta fiducia in una ripresa della creatività del nostro paese e anche nel superamento di questa crisi economica, anche grazie al nostro nuovo presidente.
Vorrei però aggiungere che l’ultima stagione di Entourage è veramente fantastica. |
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Come procede il progetto del film con Aronofsky? Dopo l’abbandono di Brad Pitt sembra che il film sia fermo da due anni… |
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Proprio questa mattina ho parlato con lui e spero che in un paio di giorni si prenda una decisione definitiva: non ce la faccio più a svegliarmi ogni giorno alle 5.00 per allenarmi per una parte in un film che non sappiamo se si girerà mai. Sono abbastanza fiducioso: dopo i rifiuti di Pitt e Matt Damon pare che il ruolo possa passare a Daniel Craig e anche Darren non vede l’ora di tornare a girare. |
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E a che punto è il progetto della serie della HBO diretta da Scorsese? |
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Gireremo tra Aprile e Maggio del 2009, e per Dicembre dovremmo essere pronti per uscire. Una serie sugli Anni Venti, con poliziotti e criminali: è proprio l’elemento di Scorsese! |
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