Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Haile Gerima

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Dopo il successo al Festival di Venezia (Premio Speciale della Giuria e Osella per la migliore sceneggiatura) esce nelle sale italiane "Teza", da molti considerato una sorta di "Novecento" africano. Il film dell'etiope Haile Gerima viene distribuito dalla Ripley's Film in 30 copie; in conferenza stampa Haile Gerima sottolinea l'importanza delle tradizioni e l'enorme problema rappresentato dalla colonizzazione europea che le ha spazzate via. Non manca un riferimento alle infelici uscite del Papa sull'AIDS.
a cura di Glauco Almonte
Intervista Haile Gerima: Domanda 1Con riferimento alla frase “distruggeranno le tradizioni e si uccideranno gli uni con gli altri”, trova che ci sia un colpevole o la colpa sta nell’essersi allontanati dalle tradizioni?
C’è da dividere tra l’energia negativa e quella positiva che esiste nella tradizione in rapporto alla civiltà; in questo momento c’è un’élite nell’Africa contemporanea che è nata basandosi sull’educazione che gli è stata data, e in questa educazione ci si è vergognati di ripescare nel passato. Oggi non siamo liberi di scegliere tra il positivo ed il negativo che la tradizione porta, perché l’élite africana non spinge al passato per capire il presente e muoversi verso il futuro, come fanno la maggior parte dei paesi. C’è stato un momento, forse, quando c’è stato il movimento panafricano; oggi non ci sono più persone che vogliono creare la storia ma solo dei ricevitori passivi di aiuti umanitari.
Intervista Haile Gerima: Domanda 2Ci racconta la genesi di questa storia?
Innanzitutto il contenuto narra la ricerca intellettuale e lo spostamento della ricerca intellettuale. Io come generazione che ha vissuto l’occupazione italiana sono stato educato secondo l’impostazione britannica basata sul modello statunitense e vivevo questo obbligo morale di tornare nel mio paese con un bagaglio di conoscenze che mi permettesse di pagare il debito che sentivo di dover pagare verso il mio paese. Come si racconta tutto questo, quando a livello fisico e mentale ci si trova in due posti diversi? E’ molto difficile, la generazione alla quale appartengo non è stata capita spesso per questo, io stesso sono ancora confuso, mentre i giovani di oggi del mio paese viaggiano tranquillamente, non hanno quel conflitto morale interiore.
C’è anche la questione dei ricordi: non è facile relazionarsi ai ricordi, non si è liberi di farlo.
Per quanto riguarda la struttura del film a me non piace la costruzione meccanica dei film, posso dire che a livello di sceneggiatura è una sorta di improvvisazione, pur restando fedele al modello che mi prefiggo.
La sceneggiatura stessa è una metamorfosi, in sala da montaggio l’ho corretta; non sono un fondamentalista, tradisco la mia visione di partenza man mano che vedo qualcosa che sta nascendo.
Per essere un intellettuale in Africa in questo momento bisogna rimanere onesti nei confronti del tempo e dello spazio.
Intervista Haile Gerima: Domanda 3L’andamento strettamente connesso alla musica era naturale per il tipo di storia o era un tentativo di venire incontro ad un pubblico più vasto?
C’è molto riferimento alla vita dei nomadi, hanno suoni unici, inconfondibili, che evocano dei ricordi, dei sentimenti; cantano della pena causata dal materialismo. E’ difficile rendere moltissime sensazioni sul piano cinematografico, la musica mi serve proprio a questo, a cercare di evocare sensazioni.
Intervista Haile Gerima: Domanda 4Gli europei vengono rimproverati quando parlano di Africa, perché ci sono tante Afriche diverse; lei invece parla di Africa. Ce lo spiega?
Dal punto di vista dell’affermazione politica io parlo di Africa come tutta unita; secondo me l’idea di Truman di un’Africa unita è una struttura economica che potrebbe funzionare. Purtroppo non riesco ad avere quel tipo di commercio cinematografico che vorrei con l’Africa: per un film in inglese ho dovuto aspettare che arrivasse il permesso dagli Stati Uniti per poterlo distribuire nelle sale del Paese accanto al mio… “Teza” invece, essendo in aramaico, è stato distribuito senza difficoltà.
Per tornare ai confini, ora quello che Truman voleva aprire è di nuovo chiuso, l’Africa deve lavorare molto duro per tirare fuori il meglio di sé. Si inizia dalle cose più banali, essere capaci di comprare sale che non sia italiano o francese ma che sia etiope o di un altro Paese africano; vivendo ogni Paese di agricoltura è importante che si possa vendere, se non all’Europa, almeno al Paese confinante con il proprio.
Non solo l’Africa è un continente pieno di culture diverse, ma ogni Paese, l’Etiopia stessa, è un insieme di culture; forse è importante che tutti sappiano che fanno parte dell’Africa, c’è chi pensa di non essere africano perché non è un selvaggio. Si è tutti africani. Gli africani che vogliono trovarsi riescono a farlo se guardano nelle ceneri del colonialismo.
Intervista Haile Gerima: Domanda 5Un commento alle recenti infelici uscite del Papa a proposito dell’Aids e dei preservativi?
Spiritualmente io sono spiazzato; posso dire comunque di essere cresciuto cattolico, mio padre prete ortodosso, mia madre cattolica. Il Papa è il simbolo della contraddizione umanitaria dell’Europa; se io fossi stato Papa penso che sarebbe stato importante cercare di approfondire che cosa ha destabilizzato il continente africano. Ho sentito dire Sarkozy recentemente che la colonizzazione non è stata un male, i missionari non sono stati un male per l’Africa, mentre ho le prove che abbiano fatto crollare le figure ancestrali, i simboli della spiritualità africana; quello che chiamate adorazione spirituale lo chiamiamo unione con il passato, e tutto questo è stato bruciato, portato via.
Purtroppo l’Africa ha subito dai cattolici missionari questa separazione dalle proprie figure spirituali che la ricongiungevano con il passato, in Italia per esempio quando si cammina per strada si sente moltissimo la presenza spirituale delle figure religiose del passato, in Africa tutto questo non si può più seguire perché ci è stato strappato via per seguire il modello europeo e degli Stati Uniti che sono coloro che poi traggono più arricchimento dal combattimento contro l’HIV e la povertà. E’ diventata una vera e propria industria, siamo in una dimensione che è completamente al di là del sesso; il Papa è fuori dai tempi così come lo sono i missionari. I giovani africani vivono oggi una cultura dove le ragazze seguono quello che i loro ragazzi vogliono che loro siano, ma non dobbiamo ascoltare chi ci dice come comportarci o non comportarci, l’importante è creare un’entità spirituale e rispettarsi spiritualmente, è questo che io vorrei vedere nei giovani. Il Papa non ascolta abbastanza dove gli africani sentono dolore ma dà delle disposizioni senza capire dove esista il male per gli africani.
Intervista Haile Gerima: Domanda 6Lo stesso concetto ha un risvolto cinematografico?
Sono stati fatti 30 film sull’AIDS dove non è stato approfondito il background culturale che ha portato a questa situazione; quando vengono fatti dei film spesso vengono fatti dal punto di vista europeo e il tema è affrontato con superficialità, si vedono soltanto i protagonisti piangere di dolore, anziché descrivere la mancanza di comunicazione generazionale che ha poi causato questa catastrofe. Vengono fatti dei film sull’ambientalismo dove in un Paese in cui c’era molto legno non se ne trova più: anziché parlare del contesto culturale che ha portato a questo se ne parla sempre da un punto di vista europeo e per questo motivo i registi africani devono cercare storie che possono essere di interesse al di fuori della propria cultura, tipo un matrimonio andato male, o una donna che combatte nel proprio villaggio il colonialismo… Come regista dovrei chiedermi cosa vogliono vedere gli europei nelle sale e in base a questo chiedere i finanziamenti all’Unione Europea…
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Teza
di Haile Gerima
Drammatico, 2008
140 min.
Film diretti:
2008  Teza
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