Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Pupi Avati

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Dopo il successo del "Papà di Giovanna", Pupi Avati realizza una commedia ambientata nella "sua" Bologna degli anni '50, piena di personaggi che di lì a pochi anni non sarebbero più esistiti. "Gli amici del Bar Margherita" esce il 3 Aprile, distribuito in 250-300 copie dalla 01 Distribution. Alla Casa del Cinema di Roma, alla conferenza stampa di presentazione del film, Pupi Avati è accompagnato dal cast pressoché al completo: Abatantuono, Lo Cascio, Cavina, Marcorè, De Luigi e le poche ma importanti donne del film.
a cura di Glauco Almonte
Intervista Pupi Avati: Domanda 1Il protagonista, chiamato tutto il tempo “Coso”, è l’osservatore esterno della vicende del Bar Margherita: ci si riconosce?
Io mi riconosco totalmente nei comportamenti di “Coso”, il fatto che non abbia un nome già denuncia la mia difficoltà ad esprimere la mia identità; questo è stato un segno distintivo della mia adolescenza e della mia giovinezza tant’è vero che io non riuscii a diventare uno del Bar Margherita nel senso pieno del termine. Questo mi sembra che il film lo dica, nel momento in cui sarei potuto diventarlo è il momento in cui mi allontano, esco dalla foto e mi affianco al fotografo. Mi sembra che sia esplicita l’allusione a quello che è stato il mio percorso professionale, quei 12-13 passi che fa “Coso” uscendo dalla foto corrispondono ai 352 km che separano Bologna da Roma. Io per poter ricostruire impunemente attroverso lo strumento cinematografico una realtà attraverso la quale sono transitato, una realtà di mistificazione – io mi sono molto occupato della mia autobiografia, mi sono autocelebrato attraverso moti film, questo non è il primo film che mi riguarda – mi sembrava carino, corretto, pudico, raccontarmi anche attraverso quelli che erano gli aspetti meno esaltanti; il fatto che lui pur di conquistare questa ragazzetta della quale è fortemente innamorato porti avanti la festa nonostante un decesso in famiglia è un episodio che non è nella mia autobiografia però potrebbe benissimo esserci perché io mi sarei assolutamente comportato così, avrei chiesto scusa a mio nonno nel letto, gli avrei promesso un funerale fantastico ma io una ragazza così non me la giocavo…
C’è una premessa da fare: il Bar Margherita, contrariamente a quanto si comincia a leggere da qualche settimana sui giornali, non è né il “mitico” Bar Margherita, né il “celeberrimo” Ba Margherita né lo “storico” Bar Margherita; il Bar Margherita è un bar di Bologna che somigliava a cento mila altri bar della provincia italiana, è un bar totalmente normale in cui si vedono degli esseri umani totalmente normali. Sono io attraverso il mio racconto che l’ho mitizzato nella mia inadeguatezza di ragazzino diciottenne, nella mia voglia disperata di crescere. Poteva chiamarsi in qualsiasi altro modo; era tutto tranne che un Bar Sport, che è un altro stereotipo e che è stato già raccontato abbondantemente, meravigliosamente anche da un tipo come Stefano Benni.
Intervista Pupi Avati: Domanda 2Come vede l’evoluzione del cinema di Avati un attore che ha più volte lavorato con lui come Abatantuono?
Abatantuono: Eh, una domanda facile, mi fa piacere… Io penso che sia molto interessante la sua cinematografia, questo tipo di lettura che sembra leggera ma in realtà è profonda, con un tasso di divertimento, un alto senso dell’ironia: era un po’ di anni che Pupi non la frequentava, credo che fosse ora. Credo si starci bene in questo percorso e spero di continuare a frequentarlo.
Avati: Io penso che questo fim si ricolleghi un po’ a quell’atteggiamento leggero che in qualche modo ha contrassegnato certe operazioni, anche televisive, di guardare al nostro passato; era un modo molto dignitoso e non necessariamente nostalgico, ma anche un po’ più severo.
Intervista Pupi Avati: Domanda 3E’ uno dei pochi film italiani sulla storia del nostro Paese fatto in maniera “non collaborazionista”…
Sul fatto che noi siamo rimasti gli ultimi a raccontare non necessariamente sempre ed esclusivamente quella gente. Quando vediamo i film italiani che si fanno oggi il 99,9% si occupa del presente – anche in modo puntuale, attento, doverosamente critico. Penso che qualcuno debba in qualche modo fare i conti anche con il nostro passato, con uno sguardo del presente. “Coso” ha 18 anni, in realtà questo è il racconto di un uomo che ne ha 70 e credo che da qualche parte lo si evince.
Le cose esistono in quanto esiste lo sguardo che guarda le cose, è lo sguardo che determina l’esistenza delle cose, dei luoghi. Io credo di svolgere questo potere di vestale di un tempo che è stato, di una stagione che è stata. C’è un elemento che non è stato evidenziato, l’elemento centrale che motiva questo film: è la differenza sostanziale dello sguardo della società nei riguardi dei giovani in quegli anni rispetto a quello che sarebbe accaduto meno di una decina d’anni dopo, negli anni ’60, quando i giovani sono diventati l’interlocutore privilegiato di qualunque tipo d’interlocuzione, da quella politica a quella, soprattutto, commerciale; oggi facciamo un film pensando che avrà successo se piace ai giovani, il giovane è diventato il contabile di tutto quello che è il nostro vivere.
I giovani del Bar Margherita vivevano nell’indiffereza totale; i giovani allora non contavano assolutamente nulla. Essere così considerati li mette oggi in una posizione molto complessa; in quella società l’individuo poteva, nell’indifferenza generale, anche compiere i suoi errori per trovare la propria identità, oggi è molto più difficile.
Intervista Pupi Avati: Domanda 4Lo sguardo sulle domme è un mix di fascinazione e misoginia…
E’ indubbio che ci sia uno sguardo misogino: questa è una società dei maschi che guarda le donne, una società molto coesa che vede nella donna un elemento di perturbazione; fra le regole del Bar Margherita la prima è quella che non si possono portare donne, sorelle, fidanzate o amanti. Le uniche donne che contano in questa storia sono un’entreneuse e una maestra di piano che invece di insegnare piano si occuoa d’altro.
Intervista Pupi Avati: Domanda 5Oggi si pensa che i film in costume siano un rischio. E’ vero?
Sì, sono d’accordo, se non se ne fanno ci sarà una ragione; non solo sono complicati, difficili, costosi, ma producono una sorta di diffidenza esplicita nei riguardi del mercato, da parte degli esercenti, perché i ragazzi di oggi non vogliono aver nessun tipo di rapporto con il passato.
E’ sempre molto faticoso imporre un prodotto che non riguarda necessariamente il presente, in cui le persone si riconoscano da subito. E’ un peccato perché poi la televisione, che incontra il paese reale a differenza del cinema, di prodotti in costume ne fa eccome.
Intervista Pupi Avati: Domanda 6Ritornando sul rapporto con Avati…
Cavina: Il rapporto con Pupi è straordinario, è una vita che mi fa fare dei personaggi; questo nonno io l’ho adorato, devo dire grazie a lui ma soprattutto ad Antonio, perché Pupi era in dubbio se farmelo fare o meno…
Avati: In realtà avevamo pensato ad un altro attore che poi ha rifiutato il ruolo. Antonio mi ha proposto Cavina, io avevo il dubbio che non fosse abbastanza vecchio, fortunatamente il trucco lo ha reso perfetto e lui non è stato da meno.
Abatantuono: Tant’è che il trucco non l’ha ancora tolto… un trucco resistentissimo, ce l’ha su da tre mesi! No, la battuta vera era questa: tutte le mattine che veniva “come, sei già truccato?”; e quando andava via “come, vai via col trucco?”…
Avati: Quest’idea di mio fratello di proporlo a Cavina che non aveva l’età del personaggio mi è parsa molto spregiudicata, poi invece quando gli abbiamo chiesto se se la sentiva ha detto “cedrai che lo faccio benissimo” e infatti l’ha fatto benissimo, sono molto contento. D’altra parte con Gianni c’è un rapporto molto particolare, con Gianni abbiamo iniziato nel 1968 più di 40 anni fa col nostro primo film; credo che quel poco che abbiamo imparato a fare lui, io e Antonio lo abiamo imparato facendo un film dietro l’altro, ed è bello essere cresciuti insieme. E’ un po’ che Gianni mancava dai miei film, l’ultimo era stato “La rivincita di Natale”, è stato un bel ritorno.
Intervista Pupi Avati: Domanda 7Ancora sul rapporto con Avati scherza Neri Marcorè…
Marcorè: Io sono molto amareggiato, c’è questa continua disistima da parte di Pupi e Antonio nei miei confronti, nell’offrirmi sempre questi ruoli un po’ da sfigato, quindi volevo esternare pubblicamente questa mia amarezza. Però c’è una rivincità, io ho veramente un grandissimo fascino, quasi incommensurabile, prova ne è che nonostante mi abbiano ridotto col trucco a uno sfigatissimo riesco a cuccare due donne.
Intervista Pupi Avati: Domanda 8Come è andata la collaborazione con Lucio Dalla?
Il musicista storico dei miei film è Riz Ortolani, col quale collaboro dal 1980; in questa circostanza però la situazione sonora del film, il contesto era così collegato a quei luoghi e a quel tempo per cui ho chiesto a Lucio che ha immediatamente aderito con un entusiasmo che non gli sospettavo. Spesso ha suonato in prima persona, ha cantato, fischiato; c’è questa dichiarazione d’amore a Bologna in chiusura… bellissimo. E’ stato un riavvicinamento dopo tanti anni, ci siamo intesi immediatamente, abbiamo gli stessi gusti. Una colonna che sorregge e dà molta continuità dal film; avevo chiesto che il film fosse accompagnato continuamente dalla stessa ritmica, cosa che ha fatto, una colonna sonora ininterrotta che si protrae dall’inizio e si conclude con la fotografia finale. Tra l’altro ha chiamato cinque minuti fa, era molto ansioso di sapere come fosse andata la proiezione.
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Gli amici del Bar Margherita
di Pupi Avati
Commedia, 2009
90 min.
Film diretti:
2014  Un ragazzo d'oro
2011  Il cuore grande delle ragazze
2010  Una sconfinata giovinezza
2010  Il figlio più piccolo
2009  Gli amici del Bar Margherita
2008  Il papà di Giovanna
2007  Il nascondiglio
2006  La cena per farli conoscere
2005  La seconda notte di nozze
2005  Ma quando arrivano le ragazze?
2003  Il cuore altrove
2003  La rivincita di Natale
2001  I cavalieri che fecero l'impresa
1986  Regalo di Natale
1976  La casa dalle finestre che ridono
1968  Balsamus, l'uomo di Satana
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