Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Davide Ferrario

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Esce il venerdì prima di Pasqua "Tutta colpa di Giuda", il nuovo film di Davide Ferrario distribuito in una settantina di copie dalla Warner Bros. Kasia Smutniak, una giovane regista teatrale, viene contattata per dirigere un gruppo di detenuti nella recita di Pasqua. Si troverà a contatto con un mondo mai immaginato, con il direttore Fabio Troiano e con un'impostazione cattolica difficile da superare. "Tutta colpa di Giuda" è una domanda sul rapporto con la religione senza la pretesa di una risposta; il tutto proposto in un modo simpatico e innovativo.
a cura di Glauco Almonte
Intervista Davide Ferrario: Domanda 1Questo film nasce dal suo lavoro in carcere, può raccontarcelo?
Non avrei mai pensato di fare un film così se non ci fosse una storia di frequentazione di carcere dietro; soprattutto non è un film sul carcere ma è un film nel carcere, che in qualche modo svolge la stessa funzione che svolgeva la Mole Antonelliana in “Dopo mezzanotte”, è un posto che determina la storia ma non è la storia. La storia piuttosto è questo excursus sulla religione.
In galera ci sono arrivato per caso nel 2000, mi era stato chiesto di fare delle lezioni in un corso di formazione professionale da montatore che c’era a San Vittore; sono arrivato senza sapere che aspettarmi e nel giro delle due lezioni ci siamo trovati molto simpatici con la ventina di detenuti del penale che c’erano lì, mi han chiesto di andare avanti a fare qualcosa e da allora siamo andati avanti, fino a questo film. Il gruppo di Milano era molto diverso da questo di Torino, erano detenuti con lunghe pene, quasi tutti ergastolani, invece questi sono “poca roba”, ladri di farmacie, gente legata a reati di tossicodipendenza, più un paio di socializzanti, criminali più strutturati dei quali, paradossalmente, l’amministrazione carceraria si serve di più. Con tutti quelli che avete visto nel film sto lavorando da 5-6 anni facendo una sorta di laboratorio audiovisivo e a un certo punto mi è venuta l’idea di fare questo film, loro ci sono stati ed eccomi qua.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 2Ci sono delle frasi forti in particolare sul carcere, come sono nate?
Io ogni volta che sento parlare di sceneggiatura metto mano alla pistola... nel senso che io, l’ho detto tante volte, lavoro senza sceneggiatura; non penso che tutti debbano farlo ma a me viene così. D’altro canto in un contesto di questo genere avere una sceneggiatura tradizionale sarebbe stato stupido, non potevi andare con le battute dai detenuti, le avrebbero dette male; bisognava cogliere un’atmosfera e cercare di mantenerla. Magari è divertente chiedere agli attori come è stato lavorare in questa maniera.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 3Gli attori non si fanno pregare:
Fabio Troiano: Io ero già abituato a lavorare con Davide senza una parvenza di sceneggiatura, come in “Dopo mezzanotte”: Davide arriva sul set e ci sono delle cose scritte, da lì si parte e si inizia a lavorare insieme su cosa dire. Una scena significativa è quella tra me, Gobbi e la Smutniak in chiesa: quella scena doveva essere nell’ufficio del direttore; arriviamo sul set e Davide cambia e decide di farla in chiesa. Andiamo nella chiesa all’interno del carcere, Davide stava ancora cercando il modo di farla. Doveva essere tutta urlata, Davide decide che non possiamo urlare e ci mette anche due che pregano... e da lì è venuta fuori così come la vedete, con battute nate lì per lì. Il lavoro è tutto così, stimolante ma a volte dici “oddio, che sto facendo?”.
Ferrario: A proposito di quella scena, c’è un aneddoto divertente sulla giurisdizione di una chiesa di un carcere. Il permesso lo chiediamo al direttore o al prete? Il cappellano non c’era, chiedo alla direttrice; in fin dei conti è roba dello stato, non è della curia come le chiese. E’ un microcosmo in cui si discutono le stesse cose di cui si discute in politica in Italia: chi è che comanda, qua?
Kasia Smutniak: Ci stiamo lamentando di come lavora Davide? Bene, parlamone! La scena del ballo con la croce, io che decido di fare lo spettacolo senza Giuda; avevamo tre giorni per girarla, e puntualmente si metteva a piovere. L’ultimo giorno a metà scena piove di nuovo, come al solito. Il matto (Ferrario, ndr) prende una telecamera di una ragazza di backstage e decide di girarla sotto la pioggia. Non l’abbiamo mai provata, l’ho fatta senza saper che dire sotto il diluvio... E noi ci siamo anche preparati un mese prima... La parte migliore del lavoro è che andavamo sul set e non sapevamo mai cosa poteva succedere, o Davide si inventava un’altra cosa o cambiava un ambiente... era una cosa estremamente stimolante, bella.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 4Il film credo sia molto più costruito di quanto non sia improvvisato; come si arriva, partendo dal rapporto con la religione, a un tipo di cinema apparentemente sperimentale?
Si tratta di capire cosa si intende per costruzione: io penso molto i film, non è che una va lì la mattina e dice “mo’ vediamo cosa succede”. Cerco di ribellarmi un po’ alla tirannia della sceneggiatura, cioè all’idea che sia la sceneggiatura a dare lo scheletro del film. Secondo me la sceneggiatura è uno strumento. È molto più importante la musica, per esempio, della cosiddetta sceneggiatura.
C’è un processo di costruzione molto complicato, prima e soprattutto durante il montaggio, che io credo sia la vera natura del cinema. Nello specifico, per parlare anche di religione, anche stamattina come nella scena di cui abbiamo appena parlato c’era un sole della madonna e adesso diluvia; per tre giorni abbiamo iniziato a girare con un sole che spaccava le pietre e man mano che si avvicinava il momento in cui Kasia doveva parlare alla croce arrivavano le nuvole e regolarmente pioveva come adesso. Infatti oggi lo considero un buon segno, perché c’è la continuità; io sono davvero un ateo convinto e sereno, però... beh, bisogna aver fede per essere atei... era facile farla col sole, ma quanto meno interessante di come è nel film perché quest’idea che lei debba combattere contro la luce che cambia, la minaccia incombente che arriva, dà una drammaticità che lancia il suo monologo. C’è un’energia che se l’avessimo costruita non sarebbe così forte.
Io continuo a pensare che sia assurdo che qualcuno si alzi una mattina e dica “io parlo a nome di Dio”, chiunque, anche quel signore dall’altra parte del Tevere, soprattutto quando dopo cerca di convincerti che devi seguire quell’idea lì... detto questo io capisco chi crede alla religione, è una risposta a delle domande che ci facciamo tutti; la religione organizzata è un’altra faccenda... insomma, la fine del ragionamento è che bisogna cogliere i segni e se fai un film sulla religione e qualcuno ti manda dei segni si tratta solo di interpretarli nella maniera giusta.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 5Sul piano teorico avrai fatto delle riflessioni, dalla teoria che senza Giuda Cristo non avrebbe avuto nulla da fare ad altro... cosa ti ha spinto a fare questo film?
Io non credo, però penso che la religione abbia un ruolo importante nella cultura, nella storia; credo ai miti che ci rivelano molte cose delle società e delle culture. Se prendi la religione e la utilizzi come mito quella cristiana è affascinante, è il mito fondante di tutta la nostra cultura basandosi su quest’idea del peccato, dell’espiazione, del salvarsi attraverso il dolore. E quale miglior posto per spiegare questo di una galera, che si chiama, guarda caso, penitenziario? I penitenziari nascono con quell’idea lì, alla fine del settecento; è un’idea religiosa, la gente veniva presa, messa nelle celle come i monaci per stare lì a lavorare e pregare e veniva fuori mondata. Due secoli dopo possiamo pensare che le galere non fanno questo e quindi mettere in discussione quel modello lì.
Dall’altra parte, parlando di religione, io ho fatto quello che non so quanti di voi abbiano fatto; chi ha mai letto davvero i vangeli? (due o tre mani alzate, dei circa cinquanta giornalisti presenti)
I vangeli, se hai un’educazione cattolica, li dai per scontati; Gesù, la barba, i bambini vengano a me... Se li leggi viene fuori un personaggio completamente diverso, anche più affascinante; è uno che ha un problema Gesù Cristo, ha un problema grosso, deve salvare il mondo, l’han mandato giù per quello; le nozze di Cana non le fa perché è convinto, ma perché la Madonna continua a dirgli “dài, fallo, dobbiamo salvar la festa” e tutti i lebbrosi salvati è perché loro lo pregano e insistono, e alla fine lui lo fa; l’unico momento in cui si rilassa, che è quello che mette in moto Giuda, è quando una signorina gli lava i capelli con l’olio e tutti i discepoli si arrabbiano: “ma come, qua ci dici tutto il tempo di stare a dare le ricchezze ai poveri, con queste ricchezze qua potevamo sfamare della gente” e lì Gesù si arrabbia, “voi non avete capito niente, questa qui si salva e voi no”. E lì a Giuda gli è girato il boccino e va a denunciarlo. In una sceneggiatura questo sarebbe quello che succede. C’è un personaggio veramente schizzato, e in questo senso moderno; è bello quel Gesù lì, ma non è il Gesù che ci raccontano i preti. Questo è un elemento che abbiamo cercato di mettere dentro.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 6Tutta colpa di Giuda” esce proprio a Pasqua... perché?
Chiederei alla Warner, il film lo abbiamo girato un anno fa; il montaggio è stato lungo, eravamo pronti per questa primavera e Pasqua è sembrata la data ideale.
Approfitto per ringraziare la Warner perché il film è stato prodotto da me, ma è stato fondamentale il loro intervento, l’hanno acquistato per distribuirlo quando non avevano in mano altro che nove paginette buttate lì, solo un’idea; è un segno di enorme coraggio e fiducia essere arrivati fin qua.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 7Su Paolo Ciarchi: quanto ha contribuito a questa sceneggiatura estemporanea?
Paolo arriva da lontano, dalle canzoni con Giovanna Marini negli anni ’60, Dario Fo... negli ultimi anni ha sviluppato questa affascinante capacità di imbastire musica con qualsiasi cosa. Avevo bisogno di qualcuno che facesse partire la musica da dentro la sezione, volevo sempre una ragione interna all’azione per i momenti musicali. In effetti sono più sceneggiati i pezzi musicali che il resto del film...
Intervista Davide Ferrario: Domanda 8Il mondo del carcere è trattato con sensibilità, c’è uno spaccato molto incisivo. In fondo è un film sul carcere molto più di tanti altri, nonostante tu dica che sia solo un film nel carcere.
La frequentazione di 8-9 anni del carcere ti porta, se non sei stupido, a notare queste cose qui. Tendenzialmente al cinema il carcere viene raccontato come luogo di conflitto, ci sono guardie o secondini, come li chiamano soltanto al cinema e detenuti, detenuti buoni e cattivi; oppure il grande mito dell’evasione, direttori antipatici, laidi.
Nella mia esperienza il carcere più che un luogo di conflitto è un luogo di mediazione; alle Vallette di Torino ci sono 1600 detenuti e il posto è solo per 900. Dall’altra parte ci sono 800 agenti, il personale medico, quello amministrativo, tutti quelli che entrano ed escono tutto il giorno: è una piccola città, e non potete pensare che una piccola città quotidianamente si faccia la guerra, deve andare avanti e sfangarsela. Se tu ti metti fuori quando escono gli agenti in vestiti borghesi non li distingui dai parenti dei detenuti perché vengono fuori dallo stesso nucleo sociale; dentro questo si sente.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 9Come è andata la collaborazione con Luciana Littizzetto?
Luciana è una mia amica da sempre ed era già venuta altre volte in carcere. Quando usciva diceva che lei si era divertita di più di quanto avesse fatto divertire i detenuti... Quando le ho chiesto di darmi una mano si è messa a disposizione, mi ha chiesto cosa dovesse fare; le ho detto “indovina”. E lei “la detenuta... l’educatrice... la direttrice del carcere... l’infermiera... l’agente”, poi c’è stato un momento di silenzio, “una suora?!?”. E’ buffo perché lei che è una mangiapreti, ci campa su questa cosa qui, rovesciando quel tipo di aggressività tira fuori quelle contraddizioni, quei paradossi che piacciono a me. Ti crei uno spazio dove ti fai delle domande, non hai tutte le risposte già date.
Intervista Davide Ferrario: Domanda 10Due parole sulla citazione da John Lennon...
Mi piaceva l’idea di far vedere come un certo modo di parlare, che può sembrare biblico e profetico, in realtà appartiene alle canzoni. Quelle parole lì può averle dette il Padreterno ma può averle dette anche John Lennon, anzi forse i due coincidono.
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Tutta colpa di Giuda
di Davide Ferrario
Commedia, 2008
102 min.
Film diretti:
2014  La zuppa del demonio
2013  La luna su Torino
2011  Piazza Garibaldi
2008  Tutta colpa di Giuda
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2003  Dopo mezzanotte
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Davide Ferrario
Leggi l'intervista a Davide Ferrario per “La luna su Torino