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Michele Placido lo definisce "un film di genere". Romanzo criminale è il libro che il giudice Giancarlo De Cataldo ha pubblicato (Einaudi) due anni fa ridisegnando con la fantasia il vero impressionante affresco di una banda, la banda della Magliana, che ha rivoluzionato la storia e la geografia malavitose della capitale tra anni 70 e 80. La sua trasposizione cinematografica, il tema ed i modelli di Romanzo Criminale erano nelle corde di Michele Placido. |
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Come e quanto hai tirato quelle corde? |
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Le mie corde le ritrovo soprattutto per via degli sceneggiatori Rulli e Petraglia, con i quali ho condiviso lavori importanti della mia carriera sia da attore che da regista, da Mery per sempre ad un capitolo de La Piovra, da Lamerica di Amelio a Pummarò, e poi già con Un eroe borghese avevo diretto un film sulla cronaca italiana, diciamo di impegno civile. Anche qui c'è un aspetto rilevante di cronaca dell'Italia di quegli anni - fine Settanta e tutti gli Ottanta - con molti intrecci inquietanti tra Mafia, attentati terroristici, i molti segreti dei Servizi Segreti. |
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Ci sono generi e autori che ti hanno influenzato nel modo di filmare "quei bravi ragazzi"? |
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Con il direttore della fotografia Luca Bigazzi ci siamo chiesti che stile, linguaggi e tecniche adottare per descriverli. A Roma oggi tutto è cambiato: autobus, automobili, insegne di negozi, cartellonistica stradale. Bigazzi ha suggerito allora di stringere i campi, contenere l'aria delle inquadrature e con il primo piano far risaltare l'emotività dei personaggi. Per farlo, ovviamente, c'era bisogno di ottimi attori e mi pare che tutti gli interpreti siano stati all'altezza del compito. |
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Il suo in un certo modo è un film molto coraggioso, perché racconta pagine buie della nostra storia politica, attraverso una banda di criminali. Questo elemento politico, molto forte e presente nel libro di De Cataldo, pare ancora più enfatizzato nel film, o non è così? |
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La politica c'è e ci deve essere. Sta nella mia cultura, nel patrimonio che ho ereditato da Rosi e da tutti i maestri che mi hanno formato, l'idea che si possa e si debba fare del cinema in grado di far uscire gli scheletri dall'armadio. In questo ho messo tutto me stesso. Mi sono commosso ed appassionato a girare il film, a prescindere dal risultato. |
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Per questo film, è stato messo su un grandissimo cast con il meglio del nostro cinema. Come sono state assegnate le parti? |
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Caso più unico che raro, ognuno si è scelto il personaggio che voleva interpretare e che riteneva più vicino alle sue corde. Questo ha fatto grande onore a tutti gli interpreti e dimostra la loro volontà di sentirsi parte integrante del progetto. Stefano Accorsi per esempio, ha scelto un personaggio difficile, ambiguo, molto negativo e ci si è dedicato con grande cura. Non è stato facile. Ci sono stati problemi, anche scontri, perfino in fase di montaggio, ma di certo non è mancata la grande partecipazione. |
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Polemica: Pressioni da destra o da sinistra? |
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Le critiche arrivano sia da destra che da sinistra: alla presentazione per la stampa, alcuni giornalisti di diverse testate, lo hanno messo sotto accusa, da una parte per aver "mostrato come eroi i banditi e come cattivi solo i rappresentanti dello stato", dall'altra, per una battuta nella quale raccontando chi è lo spione che tiene i contatti tra la banda e un 'grande vecchio', si dice che tra i suoi trascorsi, oltre a traffici d'armi con il sud Africa c'è l'aver "fatto il '68". |
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