Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Nicolas Cage

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Presentato in concorso alla 66ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, “Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans” è uno dei due film con i quali Werner Herzog concorre per la Palma d'oro.
Remake poco fedele del “Cattivo Tenente” di Abel Ferrara, quello di Herzog vede un buon Nicolas Cage nel ruolo che fu di Harvey Keitel.
01 Distribution ha distribuito alla stampa una breve intervista al protagonista.
Intervista Nicolas Cage: Domanda 1Cosa ti ha attratto ne “Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans”?
L’ho visto come una sfida ed ero pronto a rischiare. A questo punto della mia carriera, ho bisogno di ingaggi stimolanti, che tengano alto l’interesse nel mio mestiere. Conosco Harvey e l’ho ammirato molto nel primo “Bad Lieutenant”. Quello di Abel era un grande film, ma aveva un’impronta fortemente giudaico-cristiana. Con Werner e la nuova sceneggiatura, avremmo potuto realizzare un remake molto più astratto. Mi piaceva l’idea di un mondo della droga senza droghe, di un film che gettasse uno sguardo impressionista sull’ambiente della droga di 20-30 anni fa. Ho visto questo ruolo come una possibilità di crescita.
Intervista Nicolas Cage: Domanda 2Hai scelto tu il set di questo film. Perché?
Il primo “Bad Lieutenant” era ambientato a New York, ma questo è un film completamente nuovo, perciò era giusto dargli uno sfondo culturale diverso.
Sono molto legato a questa città. Per tanti versi, lì sono rinato, sono diventato un filosofo. E’ stata la città che mi ha risvegliato alla possibile esistenza di energie arcaiche... e questo è insieme una benedizione e una maledizione. Ero un po’ indeciso se fare un altro film a New Orleans. Ne avevo fatti già quattro. Avevo paura a tornare, ma quando ho paura di fare qualcosa mi viene l’impulso di farla. Devo affrontare la paura e trovare il modo di superarla. Queste sono le motivazioni principali.
Intervista Nicolas Cage: Domanda 3Com’è stato fare un film con Werner Herzog?
Werner mi aveva contattato nel 1995 per interpretare “Cortez”, io avevo appena finito “Via da Las Vegas”. Ero molto selettivo sugli ingaggi e quando “Cortez” arrivò sulla mia scrivania, non mi sembrò saggio impersonare un dittatore tanto orribile. Molti attori interpretano Manson o Hitler e poi non si vedono più, non volevo che accadesse anche a me. Ero molto più giovane, oggi vedrei la cosa in modo diverso. Ma per tornare a Werner, sono cresciuto guardando i suoi film, mio padre è suo amico e grande ammiratore della sua opera, come pure alcuni miei colleghi, e tutti mi hanno consigliato di accettare la sua offerta. Ho visto positivamente questa collaborazione, sono sempre alla ricerca di nuovi modi di espressione. Ho appena girato un film a Bangkok, in Thailandia, con due fratelli cinesi e una troupe tutta tailandese, perché pensavo che questo mi avrebbe stimolato a tirare fuori un altro me. Quando fai l’attore da trent’anni cerchi costantemente di reinventarti, ma se non trovi da solo il modo di farlo devi andare a cercarlo in strani luoghi. Werner è un grande artista tedesco, ero curioso di conoscere la sua sensibilità, di scoprire cosa avrebbe visto in me, cosa avrebbe tirato fuori da me. “Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans” è come un motore che si alimenta da sé. Werner lo sapeva e per questo abbiamo lavorato bene insieme. Lui mi ha lasciato libero di esprimermi e io gli ho lasciato fare la sua parte.
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