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Esce venerdì 16 ottobre in una ventina di copie il nuovo film di Michael Winterbottom, "Genova": dopo i film più impegnati degli ultimi anni, il regista inglese realizza un'opera che segue i canoni della fiction, raccontando il difficile ambientamento in una nuova realtà da parte di una famiglia all'indomani di una tragedia.
A Roma per presentare alla stampa il suo film, Michael Winterbottom parla della sua esperienza italiana e di come l'idea sia nata da un breve passaggio proprio nel capoluogo ligure. |
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Come è nato questo film, in particolare l’idea di Genova quale location? |
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Genova è stato il punto di partenza: stavo attraversando l’Italia, ho passato qualche ora a Genova aspettando l’aereo, da lì è nato tutto; l’idea si è sviluppata nei due, tre anni successivi. |
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C’è un legame con “Viaggio in Italia” di Rossellini? |
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No, non c’è nessun rapporto diretto. Ovviamente un po’ d’influsso si riceve da tutti i film che si vedono! Sinceramente, l’unico riferimento consapevole è a un film inglese sulla morte di un bambino, ambientato a Venezia. |
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Come scegli i tuoi argomenti, così diversi tra di loro, a volte di stretta attualità, altre volte addirittura in costume? |
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L’unica cosa che importa è che l’argomento sia interessante, e che questo interesse si mantenga vivo in me per tutta la realizzazione del film. Non ho argomenti preferiti. |
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Pensando anche a “Palermo Shooting” di Wim Wenders: non si rischia di realizzare una sorta di documentario turistico? |
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Forse dovrei cominciare con lo scusarmi per aver fatto un film in Italia, con un titolo italiano, su persone non italiane. Il punto che voglio sottolineare è questo, persone che si trovano di fronte alla necessità di ricominciare da zero la propria vita. Il grosso del film si svolge in un mese, quando sono impegnati a iniziare una nuova vita tra sconosciuti, a trovare una strada, in una condizione di isolamento: il nucleo famigliare si trova a contare solo sulle proprie risorse. La fine del film coincide con l’inizio dell’anno scolastico, ovvero una nuova vita. |
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Genova poteva esser sostituita da qualsiasi altra città nel mondo? |
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In un certo senso sì, ma sul piano concreto la location determina il film. Tutto risale alla contraddizione iniziale, il mio punto di partenza è Genova, non la storia. |
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Non sei stato tentato dal dare una deriva tragica all’elaborazione del lutto? |
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Il processo di realizzazione di un film è un processo evolutivo, lo sviluppo della storia non è prefissato. Le idee erano molte, una era il senso di colpa di Mary, avevamo anche pensato di seguire un percorso che portasse Mary alla morte, ma abbiamo capito che aggiungere tragedia alla tragedia sarebbe stata la direzione sbagliata. Penso che “Genova” sia un film sull’amore, sull’affetto che lega i membri di una famiglia, un padre e due figlie così diverse. L’idea di fondo è che le cose possano andare avanti, superando anche le tragedie più dure.
Comunque per me la sceneggiatura è un quadro di riferimento senza nulla di prefissato, che lascia aperta anche la strada all’improvvisazione. |
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Tu hai due figlie, come nel film: cosa c’è di autobiografico? |
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Non è propriamente un film autobiografico, è fiction. Però è vero che ho due figlie di età diversa, che hanno curiosità differenti, e mentre la più grande attraversa il passaggio da adolescente ad adulta è inevitabile che la più piccola si senta come lasciata indietro. Il fatto che Mary sia sola e più vulnerabile è un elemento relativo alla mia esperienza personale, nel film ho accentuato la situazione con la morte della madre. |
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Perché la citazione musicale da “Effetto notte”? |
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Non lo so. “Effetto notte” l’ho amato moltissimo, qualcosa di quell’atmosfera mi è piaciuto e l’ho voluto mettere, è vero, ma quel brano c’è solo perché mi piace molto. Non volevo creare un effetto di riconoscimento, anzi, di norma si cerca di evitare la citazione della colonna sonora di un altro film; stavamo per toglierlo, poi l’ho lasciato per pigrizia. A proposito della mia pigrizia, ho fatto un film nel 2005 che è un pot-pourri di contesti musicali diversi, e anche lì non ho voluto mettere ordine. |
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Come è stato girare per gli stretti vicoli di Genova? E’ una città dove vivrebbe? |
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L’esperienza delle riprese a Genova è stata davvero un’esperienza straordinaria. Siamo stati molto aiutati dalla Film Commission ligure, e le troupes di dimensioni ridotte, per rendere più agevole la dimensione logistica, hanno funzionato benissimo. Molti di noi, me compreso, sono poi ritornati a Genova. Sì, potrei viverci se imparassi l’italiano decentemente. |
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Lei è un regista impegnato: come considera la situazione italiana attuale? (La conferenza stampa è il giorno dopo la bocciatura del Lodo Alfano) |
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Penso sia uno sviluppo positivo che nessun politico goda di immunità quanto ai procedimenti giudiziari a suo carico, i processi ai politici non sono una cosa negativa. |
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