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Dopo la presentazione al Festival di Roma del film di Lasse Hallstrom “Hachiko: a dog’s story” (Fuori Concorso – Alice nella Città) di cui è protagonista e produttore, Richard Gere incontra il pubblico dell'Auditorium e si racconta con ironia e insegnamenti buddisti, ripercorrendo la sua lunga carriera attraverso gli spezzoni dei film che l’hanno reso celebre in tutto il mondo. Al suo fianco, nel film che riadatta un famoso racconto giapponese ispirato a una vicenda vera, un compagno inusuale: il cane Hachi. |
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Nella tua lunga carriera hai avuto modo di lavorare con grandi registi, da Akira Kurosawa, Francis Ford Coppola a Terrence Malick e Robert Altman. Come definiresti il tuo lavoro con Malick e Altman? |
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Quando ho girato il film con Malick avevo 26 anni. “Terry” è una persona straordinaria, di grande talento, ma non riusciva a spiegarci esattamente cosa volesse da noi attori e questo era frustrante. Un giorno stavamo girando una scena e nella stanza c’era una tenda che si muoveva con il vento. Lui disse: “Voglio che tu faccia questo”. Mi piace questo tipo di cinema, mi piace pensare che anche noi siamo elementi come l’acqua, il vento... E questo è il cinema di Terry, che lo riesca a spiegare o no, ma è stato fondamentale per la mia evoluzione.
Con Altman siamo anche amici. Lui lavora come si lavora in televisione, con la diretta: nel mio caso utilizzava quattro cineprese contemporaneamente.
Entrambi hanno chiaro ciò che è reale e ciò che non lo è. |
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Cosa ha significato lavorare con Francis Ford Coppola nel film “The Cotton Club”? |
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A vedere il risultato del film potrebbe sembrare che sia stato molto divertente, invece non fu proprio così. Non esisteva una sceneggiatura e questo ha reso tutto molto difficile. Quando l’ho visto completo ho pensato che fosse un miracolo! Francis ha un senso epico dell’opera. “Il Padrino I e II” sono i più grandi risultati dell’arte e lo saranno ancora per molti anni. Lui ha la capacità di raccontare una storia che contenga tutto e le musiche, i movimenti di macchina e la recitazione sono fantastici e sempre omogenei. |
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Come è stato interpretare un personaggio così diverso da te come il Julian di “American Gigolo”? |
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Era un personaggio diverso da me nel modo di vestire, di muoversi, però è stato molto interessante perché man mano che leggevo la sceneggiatura sentivo che gli potevo restituire un aspetto molto umano. |
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Come riesce a passare dal mondo cinematografico in cui lavora, fatto di ricchezza, ad uno di spiritualità come quello buddista? Vive questo passaggio in maniera naturale? |
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Questa è una domanda molto interessante (ride, molto divertito). Roma è l’unico posto in cui mi potevano fare una domanda così. Voi avete una visione del cinema come una specie di “Sodoma e Gomorra” (ironico). Ma alla fine l’attore è solo un lavoro, spesso anche duro e stancante perché impegna per molte ore consecutive. Io sono fortunatissimo perché è un mestiere fantastico! Quello della spiritualità è un mondo di passione: in tutte le situazioni in cui mi trovo sento di dover aiutare le persone che mi sono intorno a trovare una propria gioia. Ma il mondo è uno solo: non esiste un dualismo. |
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Quali strumenti ha a disposizione un attore così conosciuto e stimato per combattere una giusta causa? |
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Un attore famoso può aprire una porta e portare molta energia. Penso alle persone del Tibet: in quel caso ho attirato sicuramente l’attenzione su una situazione drammatica che vivevano ma non so se ho aiutato il popolo tibetano. Qualunque sia il nostro contributo dobbiamo fare qualcosa per cambiare il mondo che ci circonda e raggiungere tanti universi. |
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Qual è il film più importante nel quale ha lavorato e quali hanno fatto la differenza? |
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“I giorni del cielo” è stato il primo film in cui ho recitato. Non ebbe grande successo ma ancora oggi se ne parla perché è considerato un classico. Per me rappresenta l’inizio della mia carriera.
Quelli che hanno fatto la differenza... beh questo, poi “American Gigolo” e sicuramente “Pretty Woman”. |
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Un film invece che sapevi dall’inizio che non avrebbe avuto successo? |
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Non ho mai fatto un film di cui in partenza pensavo che sarebbe stato un brutto film e che non avrebbe avuto successo. |
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Hai il desiderio di fare un film da regista? |
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E' una domanda complessa. Sono stato fortunato a lavorare con registi sempre molto aperti a nuovi stimoli e così ho sempre avuto modo di collaborare con loro durante le riprese, con le mie impressioni e consigli. Sul set ognuno ha i suoi ruoli ma non sono poi così definiti. Durante un film si sconfina continuamente nel campo lavorativo dell’altro e questo fa sì che il risultato sia un’opera collettiva. |
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