Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Giorgio Diritti

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Presentato l'ultimo dei film italiani in concorso alla quarta edizione del Festival internazionale del film di Roma: è L'uomo che verrà, secondo lungometraggio di Giorgio Diritti, autore del bellissimo film d'esordio Il vento fa il suo giro. Il regista bolognese ripercorre con sensibilità e sguardo sincero la tragica storia della strage di Marzabotto, perpetrata dai nazisti nel 1944 e definita dal poeta Quasimodo "il più vile sterminio di popolo". Protagoniste femminili sono Maya Sansa e Alba Rohrwacher. Il film sarà distribuito nelle sale da Mikado.
a cura di Riccardo Rizzo
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 1Giorgio, ci racconti l'incontro con i sopravvissuti, i loro ricordi, e come hanno contribuito alla sceneggiatura?
Non solo l'apporto della vicenda umana, ma anche i sentimenti e gli affetti di queste persone, è stata fondamentale. E' stato come rifare un percorso di sofferenza insieme a loro, che rimane ancora oggi, purtroppo. Ci sono state persone che hanno perso anche dieci, dodici familiari, e l’aver subito una tragedia così grande le ha lasciate con un senso di colpa oltre che con una grande angoscia. La famiglia protagonista è frutto d'invenzione, ma queste esperienze umane sono servite molto in fase di elaborazione della scrittura.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 2Il tuo è un film indipendente, tu sei un regista indipendente. Giorni fa Del Noce ha detto che siete dei 'mantenuti di Stato'. Cosa ne pensi?
Credo che a volte ci sono persone che parlano gratuitamente. C’è una frase nel film che tengo a sottolineare, cioè come l'educazione faccia parte del futuro della società: la cultura è ciò che permette alla società di evolversi. Non penso che ci siano dei mantenuti e spesso credo che queste persone che si lanciano in certe affermazioni debbano pensare soprattutto come siano arrivate loro, nei posti che ora occupano…
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 3Perché hai scelto di girare il tuo film in dialetto?
Per cercare un coinvolgimento emotivo e un realismo che portassero lo spettatore a entrare in quell'epoca. Era un altro mondo, e l’uso del dialetto doveva servire a far entrare lo spettatore in quel mondo. Inoltre il dialetto ha un sapore particolare, che l’italiano ormai ha perso. Si è giocata questa carta e gli attori sono stati molto bravi nelle loro interpretazioni, perché questa scelta è stata effettuata solo due settimane prima dell'inizio delle riprese.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 4Quanto è ancora vivo questo dialetto oggi?
Molto poco. Sopravvive un po' nelle zone di montagna, ma nel bolognese stranamente chi parlava dialetto veniva considerato ignorante e quindi man mano si è perso.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 5Come spieghi questa tendenza all'uso del dialetto nel cinema, pensando, per esempio, all’ultimo film di Tornatore?
L'utilizzo dei dialetti fa parte di un percorso di identità di realismo. Ricordo anni fa un film come 'La capa gira', che era tutto in barese, e questo rappresentava proprio la sua forza. Alcune storie hanno senso proprio perché girate in dialetto.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 6Qual è stata dal punto di vista visivo la tua idea di realizzazione del film?
Il lavoro assieme al direttore della fotografia, Roberto Cimatti, è nato dall'osservazione delle fotografie di quell'epoca, che erano nella Cineteca di Bologna, poi abbiamo guardato una serie di fotografie fatte da alcuni soldati americani. Alla fine siamo passati ad osservare la produzione artistica dell'800 e 900 relativa alla campagna. Roberto ha poi fuso insieme questi elementi.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 7Come ti sei posto il problema della rappresentazione del male?
La ricerca è stata sempre sulla realtà dei fatti. Dai racconti è emerso un dato inquietante: i soldati nazisti erano tutti molto giovani, persone cresciute durante il nazismo che consideravano i traditori italiani come sottospecie, come sottoumani. Uccidere una donna era uguale a uccidere una mucca, tanto più in una dimensione bellica in cui si doveva ripulire un territorio. Ho cercato di evitare di cadere nello stereotipo, di certo non ho utilizzato il classico cane lupo accanto ai soldati tedeschi, ma anzi, ho utilizzato tutti quegli elementi, ricavati dalle interviste e dalla ricerca, per giungere il più possibile alla verità. Volevo raccontare la drammaticità di uomini che arrivano a uccidere altri uomini in maniera così naturale come prendere un cappuccino.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 8La strage di Marzabotto, in tempi di revisionismo, è stata raccontata in diverse maniere...
Il film ha delle basi storiche ferme, poi chiaramente sono state effettuate delle scelte. La guerra porta le persone a modificarsi, a fare delle cose impensabili: uno dei membri della famiglia che si unisce ai partigiani, parte dicendo che non vuole sparare, ma poi uccide un tedesco a sangue freddo. Nell'evoluzione delle cose ci trasformiamo e ognuno di noi può avere atteggiamenti incoerenti…
Qualcuno ha cercato di dire che i partigiani avrebbero dovuto fare di più: forse è vero che in quel momento il comando non aveva strutturato una linea difensiva interessante, erano disarmati, ma nessuno avrebbe mai immaginato che le SS avrebbero fatto una cosa del genere, perché c'era una dimensione di presunte regole di comportamento. Le persone andavano in Chiesa perché era un posto sicuro, mentre i soldati cercavano gli uomini nei boschi per catturarli. Tra l’altro non bisogna dimenticare che l’uomo ha anche paura: spesso raccontiamo vicende di eroi, ma in realtà la maggior parte degli uomini è lì che non sa che fare. Mi dà fastidio questo revisionismo…
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 9Il titolo è denso e impegnativo. Quando è nato?
Non so quando sia nato, ma è un titolo che ci interroga sull'oggi e sul futuro, su cosa sarà la società e l'uomo del domani. La vita va difesa per quelle che sono le cose importanti: innamorarci, fare figli, riuscire a migliorare la condizione sociale. La guerra è qualcosa di estraneo che purtroppo fa parte del nostro percorso storico, perché probabilmente i nostri avi sono stati degli assassini. Spero e sogno che in un giorno sia raccontata questa cosa come una vecchia soluzione del problema. Auspico la pace, il rispetto di tutti, arrivare a non definire più una persona diversa. Dobbiamo lottare per difendere nella società tutti i valori che portano alla convivenza civile.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 10Che ruolo può avere questo tipo di film nello smuovere la situazione attuale relativa alla vicenda?
Non so se si possono colmare sessant’anni di vuoto. La Guerra Fredda ha trasformato ha nascosto la verità in tante situazioni, ma per fortuna, a distanza di molto tempo, qualcosa è venuto fuori. Anche se questo non potrà restituire la vita alle persone, almeno forse potrà essere un elemento che alimenti la memoria e porti alla convivenza civile.
Intervista Giorgio Diritti: Domanda 11Perché hai scelto di raccontare questa vicenda da un punto di vista umano e non storico?
Mi è venuto istintivo, volevo entrare nella dimensione della vita. La presenza del fascismo come elemento opprimente e condizionante c'è, si sente il peso di una non libertà, ma non volevamo finire nella dimensione del film storico.
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L'uomo che verrà
di Giorgio Diritti
Drammatico, 2009
117 min.
Film diretti:
2012  Un giorno devi andare
2009  L'uomo che verrà
2005  Il vento fa il suo giro
L'uomo che verrà
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Giorgio Diritti
Leggi l'intervista a Giorgio Diritti per “Un giorno devi andare