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Torna dopo due anni, come ormai consuetudine, la commedia di Natale di Pieraccioni. Da un soggetto di Giovanni Veronesi, Leonardo Pieraccioni lavora ad una sceneggiatura che affronta "un argomento insolito di particolare attualità" - come lui stesso lo definisce - ma che mantiene "il consueto tono satirico, in questo caso a volte grottesco" per parlare delle sempre più diffuse famiglie allargate. "Io e Marilyn" esce in sala distribuito da Medusa venerdì 18 dicembre in 650 copie, di cui 50 in digitale. |
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L’introduzione la fa lo stesso Pieraccioni: |
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Prima di iniziare con le domande, vorrei dire due cose che mi sono portato da casa, come quando arrivavi a scuola con le interrogazioni a piacere: sono contento e fortunato perché ho raccontato la storia che volevo raccontare e sono riuscito a dire a Marilyn Monroe “Ti voglio bene”. Tutto il film è anche un omaggio a Marilyn, ma non soltanto quello. Con Giovanni Veronesi volevamo parlare delle famiglie allargate perché il film è anche un film sull’amore. Voglio presentare con due parole gli attori: Luca Laurenti, che non faceva parte della compagnia, è stata una bella scoperta; Biagio Izzo ha recitato una parte non solo comica; con Francesco Pannofino abbiamo lavorato su un personaggio che potesse rendere la sua comicità quanto in “Boris”. Rocco Papaleo mi ha detto: “Leonardo, il più bel personaggio che mi hai fatto fare”. E io credo sia vero. Lavorare con loro è un po’ come andare in vacanza con la tenda canadese, ti deve piacere chi hai accanto, perché ci devi sudare vicino... La Barbara Tabita ormai è affezionata a fare la mia ex moglie, come aveva fatto in “Ti amo in tutte le lingue del mondo”. Marta Gastini è un’attrice di cui sentirete parlare molto spesso. Veronesi uno dei miei incontri più fortunati da quando faccio il cinema. E Massimo Ceccherini sta qui che fa finta di niente... lo vedete è quello lì con il cappello.
Grazie, la messa è finita. |
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Hai scritto la sceneggiatura a quattro mani con Giovanni Veronesi. Essendo anche lui un regista, come ti ha influenzato o aiutato sul set? |
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Al tempo de “I Laureati” Giovanni veniva sul set a tenermi la testina come si fa con i bambini. Per questo film è venuto nelle pause, per mangiare. Credo che il linguaggio cinematografico ognuno ce l’ha come ce l’ha e sono le tue cose che ti danno fiducia e le rifai.
Il soggetto del film è di Giovanni. Quando me l’ha raccontato se n’è pentito subito perché ho detto: “domani mattina cominciamo”. |
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Come mai non torni a fare anche il teatro? |
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Il teatro è una delle quattro bugie della mia vita. Quindi continuo a dire al mio manager Capecchi di Pistoia: facciamo un bello spettacolo, ma poi... non facciamo niente.
Il richiamo della foresta però è sempre forte. Il grande maestro Benigni è stato 15 anni prima di tornare sulle scene. Per me ne passeranno 18 ma poi ci tornerò sicuramente. Il problema tecnico è che dovrei scrivere tutto da solo e scrivere un monologo da solo è molto faticoso. Con questo ritmo di un film ogni 2 anni potrei andare avanti per altri 15 anni.
È una minaccia più che una promessa. |
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Sembra che Pieraccioni sia cresciuto, cambiato, e sia diventato anche più pensoso e intristito in questo film. |
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Prima sicuramente certe micro ansie non ce l’avevo. Ognuno è il film che fa in quel momento. Tutti ci siamo sempre interrogati sul tipo di rapporto che ci può essere tra noi e chi non c’è più, ed è questo anche che racconto nel film.
Chi è l’attrice che per antonomasia nell’immaginario collettivo poteva avere un grande respiro!? Per me proprio Marilyn Monroe, e quindi era una tematica che sentivo anche vicina, personale. Quando nel film abbraccio la mia figliola e mi faccio chiamare babbo e non papà, quello sono proprio io, con il mio attaccamento a Firenze. A Suzie Kennedy ho detto “andiamo a girare a Florance” e lei: “che bello non sono mai stata in Francia”. “Non è in Francia, è la mia città”, le ho risposto. “Ah che bello”, mi ha detto, “Marilyn sarà contenta”. La cosa che ci divertiva era far tornare non un fantasma posticcio ma proprio Marilyn Monroe. Questo il cinema: un viaggio nel quale si possono far capitare le cose più impossibili. |
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Nel film ci sono tanti attori conosciuti, ci sono molti accenti diversi, come spiega questa scelta? |
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Mi è sempre piaciuto non fare un film toscano solo per i toscani. A lungo andare affatica anche il solo toscano che è il toscano. Da tempo volevo creare un antagonista che non parlasse il mio dialetto. Così ha un sapore di grande divertimento. La scelta era per non restringere il campo, per dargli quel respiro più nazionale, ma non c’è dietro un discorso di recupero del dialetto. |
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Il fantasy è un genere molto di moda in questo periodo. Lo abbiamo ritrovato al cinema in "Amabili resti" e altre pellicole, come vi inserite in questo trend? |
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In Italia l’al di là ha una connotazione abbastanza definita. La mia visione la racconto attraverso le parole di Marilyn. Poi la religione, il paradiso è soggettivo. Mi viene da pensare solo quello che ho fatto raccontare. Ho un rapporto molto sereno con chi non c’è più, di grande infinita tenerezza, ma so che non mi può dire molto di più di quello che vedete nel film. Credo che Marilyn è rimasta più nei cuori per quello che ha rappresentato che per quello che ha fatto.
Noi siamo andati a rappresentare un classico del fantasy: il fantasma che lo vedi e ci parli solo te, un classico del totale divertimento: anche un omaggio a Woody Allen. La parte comica è ancora più sottolineata perché chiediamo addirittura a Marilyn consigli d’amore con la vita sentimentale che ha avuto... Marilyn è il nono personaggio degli otto protagonisti di questo film. Credo che se ci fosse stata davvero a cena con noi, si sarebbe divertita. |
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Faresti un film in 3D? |
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No, perché con la commedia che fai in 3D?! Sono già un po’ anziano e ogni tanto quando guardo un film in 3D mi tolgo gli occhialetti perché mi da fastidio. Per i cartoni animati però è eccezionale. Comunque, meglio non usarlo nelle commedie. |
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Cosa pensi del cinepanettone di Neri Parenti? |
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E’ fantastico che due film italiani si prendano quasi la totalità del periodo natalizio. Ho un rispetto totale del pubblico perché in fondo la comicità è molto popolare. Son due film sempre molto divertenti, poi sono scelte talmente dichiarate che sono oneste.
Se mi chiedete quando farai un film impegnato io rispondo: “chiedi a Bellocchio quando farà una commedia”. Perché ognuno fa quello in cui si sente. Io mi diverto e sicuramente anche Neri Parenti si diverte. La volontà alla base è quella. Faccio film a Natale e quindi è un momento in cui il pubblico vuole divertirsi, sentendo parlare la sua lingua. A Milano una volta una ragazza al semaforo mi ha detto “devo ringraziarti perché ieri ho visto il tuo film e sono stata bene”. E questo mi rende contento. Qual è una donna che ti dice sono stata bene per un ora e mezza?!
Ci sono film che mi hanno regalato una grande serenità: è stato così ad esempio con “Trainspotting”, ma ora starete pensando che sono pazzo. |
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