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Esce in 400 copie “La prima cosa bella”, commedia gentile che segna il ritorno di Virzì a Livorno, sua città natale. La storia, che si muove su diversi piani temporali, ruota intorno alla figura di Anna, madre bellissima e vitale, interpretata da Micaela Ramazzotti e Amanda Sandrelli, che si riconcilia con i suoi figli (Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi) dopo anni e anni di lontananza. Probabilmente il film più commosso e commovente del regista livornese, che lascia temi sociali per parlare semplicemente di emozioni. |
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Sembra un film molto intimo Paolo, quanto c'è di autobiografico? |
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Si cerca sempre di pescare dal proprio vissuto, e la storia è nata diciamo dal desiderio di fare pace con la vita, in un momento che è di sfiducia. E’ come se si volesse tornare in patria, a un luogo caro da cui ripartire. Rimane comunque un'invenzione, io non sono Bruno e Stefania e Micaela non sono mia mamma: è un mescolarsi di vita e racconto. |
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Il film è molto corale: è stato difficile mettere insieme tutte queste diverse personalità? |
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Non è stato per nulla difficile, perché si tratta in tutti i casi di attori di grande talento. Semmai abbiamo avuto qualche difficoltà nel trovare la somiglianza con gli interpreti più giovani, i vari Mastrandeini, Pandolfini, Giancarlini e mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Per il resto è stata una festa, non ho mai dovuto fare la voce grossa e abbiamo riso tantissimo. La scena finale con Anna, per esempio, ci eravamo detti di farla molto allegra, come se Anna fosse ubriaca. E infatti io e Stefania ci siamo ubriacati davvero! Solo che a me è presa la sbornia triste e piangevo, mentre Stefania non smetteva più di ridere... |
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Cosa significa tornare a casa? |
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Non volevo fare un film nostalgico, la nostalgia non è un sentimento che mi affascina. Ho sentito che il film è stato anche definito "l'Amarcord livornese", ma non è così: a parte che Amarcord è un capolavoro assoluto, e poi lì c'era il confronto con un passato conflittuale, qui c'è soprattutto il presente. E' un omaggio alla forza di certe donne, una storia d'amore tra una madre e si suoi figli: uniti, feriti e poi separati, ma che si danno coraggio a vicenda. Tornare a Livorno è stato come cercare quella patria perduta, come diceva Verdi nel Nabucco, quando ci si sente senza fiducia. |
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Possiamo considerare La prima cosa bella come l'anti-Avatar? C’è uno scontro tra cinema italiano e Kolossal? |
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No...Innanzi tutto andrò anch'io a vedere “Avatar”, che mi dicono sia anche politicamente corretto, antimilitarista, e quindi non soltanto effetti speciali. Poi anche “Titanic ”mi era piaciuto molto, soprattutto per la storia d'amore con il conflitto di classe. In realtà sono contento che ci sia un'offerta diversa al cinema, che si possa scegliere di vedere anche un film sullo struggimento della famiglia Michelacci. Anche perché sinceramente noi in Italia non è che poi siamo così bramini col 3D! Chissà, magari faremo una versione in 3D anche noi! |
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Paolo, tempo fai hai sottolineato l'importanza di una distribuzione alternativa per combattere la pirateria. Per questo film avete preparato qualcosa? |
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Bah, intanto stiamo cercando di piratare Avatar! A parte gli scherzi, il tema della banda larga, del digitale va affrontato in maniera creativa: mi piace pensare per esempio a un grande database di film, che includa anche quelli ormai difficili da recuperare. Sarebbe già una maniera buona di fare concorrenza, anche se un film guardato in sala è comunque imparagonabile. |
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E la politica? Perché questa volta non ce n’è traccia... |
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Veramente a me la politica interessa come cittadino e non di più. Non ho mai nascosto le mie simpatie, sono per il ricambio generazionale. Penso che nei miei film ci siano semplici osservazioni sulla società, più che questioni politiche. Della politica sono solo un appassionato testimone. |
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