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La seconda puntata dell'indagine sulle sale di quartiere romane ci porta al centralissimo Farnese, a Campo de' Fiori, prossimo ormai al secolo di vita. Il gestore Fabio Amadei racconta come la concorrenza delle TV abbia portato il Farnese ad affiancare alla programmazione d'essai prime visioni più commerciali. Tra le iniziative di rilievo c'è il "progetto scuola", un ingresso unico per il cinema e i musei della zona. Per essere sempre sulla programmazione, che varia quotidianamente, esiste una newsletter. Intervista realizzata da Flavia D'Angelo. |
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Per Roma il Cinema Farnese fa parte da sempre di Piazza Campo de’ Fiori, ma quando è stato inaugurato? |
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La mia famiglia e i gestori precedenti hanno cercato di ricostruire la storia del Cinema Farnese consultando giornali d’epoca e fonti storiche. Le prime notizie che siamo riusciti a trovare sull’uso per attività d’intrattenimento risalgono agli Anni Venti: in quel periodo lo stabile era un teatro di avanspettacolo sul cui palcoscenico si esibivano, tra gli altri, Aldo Fabrizi e Renato Rascel. La costruzione di quello che è oggi il Cinema Farnese è stata ricavata dall’antica corte del palazzo che si affaccia per un lato su Piazza Campo de’ Fiori e per l’altro su Piazza del Biscione. Un tempo l’ingresso su Campo de’ Fiori era solo un’uscita secondaria ma, dopo gli spettacoli, il pubblico si fermava in piazza per commentare lo spettacolo, quindi il teatro ha cominciato spontaneamente a proiettarsi verso la piazza. |
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Avete trovato informazioni sulla trasformazione del Farnese in cinema? |
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Sappiamo che intorno al 1939 fu introdotta la prima macchina da proiezione, per inserire i cinegiornali prima degli spettacoli di varietà dal vivo. In quel periodo la sala assunse il nome di Cinema-Teatro Romano che conservò fino al 1950, anno in cui la proprietà passò alla Famiglia Bevilacqua che ne cambiò il nome in Cinema Farnese. Finiti i giorni dei teatri di varietà, il cinema non perse mai il suo legame con la piazza storica in un cui sorge. Nel 1967, quando ai Bevilacqua subentrò l’attuale proprietà, la programmazione del cinema fu pensata tenendo conto delle esigenze e delle aspettative del pubblico di quartiere. Il Cinema Farnese ottenne il riconoscimento di sala d’essai offrendo al suo pubblico una variazione giornaliera della programmazione. Gli spettatori si fermavano volentieri nei locali della piazza a scambiarsi opinioni sui film appena visti, creando la base di un pubblico fedele. Questo pubblico si dimostrò pronto a seguire con interesse le iniziative del suo cinema di riferimento. Nel corso degli Anni Settanta il Farnese si è adeguato e ha in parte guidato l’evoluzione del suo pubblico. In questi anni proiettò film epici (i cosiddetti “peplum”) ma organizzò anche retrospettive su Totò e altri artisti e si spinse fino a mettere in programmazione opere dell’underground americano. |
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Ma negli Anni Ottanta il primato della sala cinematografica fu insidiato dalla televisione... |
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Infatti, dopo il decennio precedente in cui il cinema era stato vissuto come la continuazione ideale della piazza, nel 1982 la gestione decise di variare la percentuale di film d’essai introducendo anche una programmazione più commerciale. La decisione era motivata dalla necessità di evitare la concorrenza della televisione nell’ambito delle seconde visioni, e di mantenersi competitivi in un periodo di mutamento. Non bisogna dimenticare che, nel corso degli Anni Ottanta, si consolidò la tendenza allo spopolamento del quartiere storico e molti immobili passarono a nuovi proprietari, che non avevano condiviso l’esperienza di aggregazione culturale del periodo precedente. Il Cinema Farnese ottenne buoni risultati con le prime visioni, ma non abbandonò mai il circuito d’essai di cui fa parte senza interruzioni dal 1969. Nel 2004 scomparve Giovanni Ciavarella, responsabile della gestione del cinema e artefice del ritorno al circuito delle seconde visioni. La gestione attuale mantenne il percorso di selezione di film d’essai di qualità da lui intrapreso, focalizzando meglio le strategie da seguire. |
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Su cosa avete basato il rilancio della sala? |
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La nostra idea è stata recuperare quel che era rimasto del pubblico storico degli Anni Sessanta e Settanta tornando al sistema di programmazione giornaliera. Contemporaneamente abbiamo cercato di far conoscere il Cinema Farnese alle giovani generazioni, abituate esclusivamente all’aspetto “moderno” della sala di prima visione. Con il “progetto scuola”, da noi interamente ideato e gestito, abbiamo sviluppato iniziative come “Cinema e Museo”, affiancando la visione di film alla visita ai musei storici del quartiere. Portare i ragazzi al cinema permette loro di scoprire uno spazio che altrimenti rimarrebbe confuso tra quello dei tanti locali della piazza. Il Cinema Farnese offre un palcoscenico anche a numerosi festival, quali la Primavera Francese e il Festival del Cinema Spagnolo, che accontentano il pubblico dei “fedelissimi” della piazza permettendo con un singolo biglietto giornaliero di accedere a più proiezioni. Ricordo anche la collaborazione con Persol con cui abbiamo creato il progetto “Sguardi Persol”: si sono confrontati in sala registi di due generazioni con ospiti come Emmer, Montaldo, Virzì, Luchetti, Monicelli e altri. Infine, abbiamo cercato di “riconquistare” le distribuzioni offrendoci di tenere a lungo il film in sala, a prescindere dagli incassi del primo week end di programmazione. Alcuni film di qualità hanno bisogno di tempo per affermarsi: vorrei ricordare che nel 1989 il Cinema Farnese ha ricevuto il Biglietto d’Oro per aver tenuto in sala per diciotto mesi “Nuovo Cinema Paradiso”, che inizialmente non era partito bene negli incassi. |
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Oggi si dice che la proiezione in digitale sia l’immediato futuro delle sale cinematografiche... |
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Il Cinema Farnese proietta in pellicola: attraverso varie ristrutturazioni ci siamo adattati sia agli standard di sicurezza sia a quelli di efficienza e qualità ma per ora il digitale non rappresenta un vantaggio per noi. La possibilità di presentare al cinema “contenuti alternativi” a prescindere dal supporto in pellicola è interessante, per un cinema come il nostro, solo se i contenuti sono d’interesse per il pubblico di riferimento. Penso, per esempio, alla possibilità di accedere agli archivi storici delle cineteche, mentre un evento come la trasmissione di una partita di calcio resterebbe fine a se stesso e non inserito nell’idea che è alla base della nostra programmazione. La promozione di “contenuti alternativi” può essere portata avanti da una sala cinematografica anche in altri modi, per esempio organizzando le rassegne, che permettono al pubblico un rapporto con la sala diverso da quello di una singola prima visione. |
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Quali sono le difficoltà maggiori che incontra oggi una sala d’essai come il Cinema Farnese? |
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Vorrei sottolineare un aspetto che non è immediatamente evidente. Con una variazione giornaliera della programmazione, c’è la necessità di informare quotidianamente il pubblico del film previsto in sala. Lo stesso discorso si può applicare alla pubblicità delle rassegne e dei cosiddetti “contenuti alternativi”. Questa informazione richiede un’organizzazione ed ha un costo che ricade interamente sull’esercente. Il Cinema Farnese si è dotato di un ufficio stampa e invia settimanalmente una newsletter agli iscritti della sua mailing list, perché crediamo in un investimento sulla fidelizzazione del pubblico. Siamo uno dei pochi cinema di Roma di proprietà di una famiglia, e in cui proprietà e gestione coincidono: io credo che il futuro delle monosale come la nostra si possa basare solo su una diversificazione della programmazione e sul costante legame con il quartiere. |
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