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A 23 anni di distanza da "Wall Street" ritorna Gordon Gekko, personaggio avido ma affascinante che ha fatto nascere una generazione di broker. Oliver Stone non gira un semplice sequel: "Wall Street: il denaro non dorme mai", in sala da venerdì 22 ottobre, è un'analisi se possibile ancor più lucida della crisi finanziaria che caratterizza i giorni nostri. Presentando alla stampa romana il suo film, Stone parla dell'evoluzione del personaggio di Michael Douglas e del nuovo protagonista, Shia LaBeouf. |
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Il film comunica particolare pessimismo; finisce “bene” la vicenda personale, malissimo quella finanziaria. L’insegnamento qual è? Vivete lo stesso, tanto non potete farci nulla? |
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Francamente non lo so. Sicuramente la situazione finanziaria mondiale è estremamente precaria.
Mio padre era un agente di borsa, io ho assistito a periodi di stabilità; nella mia vita ho assistito a ben quattro bolle, ho visto la società passare da un salto di qualità all’altro ogni volta che c’era una bolla; l’ho visto con il Vietnam, negli anni ‘80 con Reagan, con la deregulation, negli anni ’90 e inizio 2000 con la bolla di internet, società che venivano valutate miliardi di dollari che in realtà non valevano niente, non facevano utili; e poi quest’ultima, la bolla del settore immobiliare. E’ ovvio che, considerata quest’esperienza, ho guardato nel film a tutto ciò con una certa ironia, con un certo distacco, con un certo umorismo; d’altra parte noi, nonostante tutto questo, continuiamo a vivere, a fare figli, a sposarci: la mia speranza è che si possa andare avanti, io sono e rimango un ottimista. Come dice Gekko a Shia nel film, se ci dovrà essere un’altra bolla io mi auguro che sia verde, perché almeno ci potrà essere qualcosa di positivo perché è l’unica alternativa per affrontare il cambiamento climatico. |
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Ha deciso di fare questo film perché obbligato dalla situazione economica, oppure voleva approfondire i personaggi del primo, per vedere come sono diventati 20 anni dopo? |
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L’unico personaggio che è presente da un film all’altro è quello di Michael Douglas; questo secondo me è un film completamente fresco, con nuovi tempi, nuovi momenti, io non lo vedo come un seguito. Questo è un film che parla dell’etica di Gordon Gekko, mentre l’altro parlava dell’etica del personaggio interpretato da Charlie Sheen; oggi è Gekko che si pone domande sulla propria vita. Probabilmente non avrei fatto questo film se non ci fossero stati tutti gli sconvolgimenti che hanno colpito i mercati finanziari. |
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Scena importante riunione banche che chiedono al governo il più grande salvataggio della storia. Le cose andarono veramente così? |
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Io non mi sento un esperto di Wall Street; mio padre era un agente di borsa, io di tanto in tanto faccio delle incursioni in questo mondo quando devo fare delle ricerche, e devo dire che sono abbastanza curioso di come siamo riusciti a rappresentarlo. Abbiamo condensato tutto quello che abbiamo letto, le informazioni, gli esiti delle varie riunioni che sono state molte più di due, anche più lunghe e più noiose; noi le abbiamo condensate in questi due grossi momenti, la riunione in cui si decide di lasciar fallire la banca di Frank Langella (in realtà la Lehman Brothers) e la riunione in cui Josh Brolin riesce a convincere la Federal Reserve ad investire per il salvataggio, un investimento di circa 800 miliardi di dollari. |
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Quale pensa sarebbe stato l’impatto se lo stato non avesse lasciato fallire la Lehman Brothers? |
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Non lo so, non parlo da esperto; a livello personale io avrei lasciato fallire la Lehman Brothers, che era pessimamente gestita, e avrei lasciato che le banche affondassero, che il mercato crollasse. Oggi il sistema è diventato intrinsecamente disfunzionale, secondo me “troppo grande per fallire” significa: “fallirà”.
Avrei lasciato andare a fondo tutto anche perché queste banche sono i primi ladri. Probabilmente avremmo vissuto un periodo orribile che comunque stiamo attraversando anche perché ancora siamo preda del dubbio, non sappiamo ancora il fondo dove sia; oggi però, dopo due anni, avremmo delle banche nuove, più fresche, gestite in maniera diversa. Invece le banche sono diventate più rigide, semi-socialiste, dipendenti dalla morfina erogata dal governo; c’è chi sostiene che sarebbe stato meglio iniettare quei miliardi nel mercato dei prestiti ipotecari, cercare di salvare quel mercato e poi, eventualmente, passare alle banche. Salvare il mercato immobiliare e fottere le banche.
Oltre al danno, la beffa: l’ulteriore ferita inferta è stata che comunque i bonus li hanno tranquillamente intascati... |
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Dopo “Wall Street” sono nati molti broker, oggi si scopre che sono stati creati dei piccoli mostri... |
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Io non vedo né bianco né nero, ma grigio; ci sono broker che si sono ben comportati, che hanno fatto cose positive. Wall Street è un motore necessario per il capitalismo quando è ben funzionante e ben regolamentato; io credo in un mercato libero regolamentato, è l’unico modo conosciuto che funziona per il sistema di distribuzione: il comunismo e il socialismo hanno una serie di loro limiti.
Il mondo è cambiato: mio padre non credeva nella possibilità di avere utili senza produzione. In questo periodo ci sono stati facili redditi, ci si è basati su un falso concetto di produzione, ci si è illusi; negli ultimi 20 anni la gente investiva soldi per fare soldi, non per produrre e questo è usura nel senso biblico della parola, ha spinto la nostra società ad essere fuori sincronia. |
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Gekko è un antieroe per cui noi però facciamo il tifo. Siamo più cattivi, o l’ha reso affascinante lei? |
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Sicuramente parte è dovuta al fascino di Michael Douglas, lui ha questo sorrisetto sornione da rettile... Comunque è un vincitore, e agli americani i vincitori piacciono. Ha toccato il fondo, scrive un libro in cui si chiede se l’avidità sia giusta, rovesciando tutto quello in cui aveva creduto fino a quel momento; non ha più niente eppure investe quando la crisi è all’apice, fa una fortuna con i soldi rubati e riesce ad avere successo e questo agli americani piace.
Se abbia un cuore non lo so, è Gordon Gekko. Forse vuole investire il 10% della fortuna che ha fatto per un nipote, forse un nipote vale un 10%...
Nella realtà invece Michael Douglas è un uomo orientato alla famiglia, lo assicuro! |
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Il rapporto mentore-discepolo ricorre nel suo cinema... |
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Qui di padri ne abbiamo tre: abbiamo Frank Langella, che però è fuori moda e non è più in grado di gestire la sua azienda; poi abbiamo Josh Brolin, che anche lui vuole fungere da mentore; e poi abbiamo il vecchio Gordon Gekko, che è meno cattivo. Se piace alla gente è anche perché riesce a liberarsi di uno più cattivo di lui, svolge una funzione tipica del cinema.
Queste sono tutte lezioni che Shia impara; a me Shia piace, perché anche se è imperfetto è guidato da un idealismo che lo spinge a voler fornire capitali a una società che produce energie alternative. |
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Ha già fatto film su Castro e Chavez; ci sono nessi tra i leader politici di cui ha raccontato o magari vorrebbe raccontare e la situazione descritta in questo film? |
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Ci sono due sistema diversi a Cuba e in Venezuela: innanzi tutto Chavez ha nazionalizzato solo l’8% di quello che è il PIL, il socialismo è lungi dall’essere diffuso in Venezuela. Chavez è una persona pratica, lui cerca di fare quanto più possibile per le masse, anche se ovviamente continuano ad esserci problemi, ma questo è in parte un retaggio provocato dal colonialismo.
C’è un atteggiamento, un modo di pensare diverso da quello che può esserci in America, dove dopo il disastro nessuno si è sognato di pensare a un’idea come quella della nazionalizzazione. Perché non si pensa di tassare maggiormente questi utili che non provengono da aumenti di valore delle aziende? E poi la Corte Suprema ha stabilito che le multinazionali hanno gli stessi diritti dei singoli cittadini, quindi possono partecipare alle elezioni, possono foraggiare qualsiasi candidato vogliano liberamente... |
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