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Il Festival Internazionale del Film di Roma 2010 assegna l'Acting Award a Julianne Moore, che succede così, nell'ordine, a Sean Connery, Sophia Loren, Al Pacino e Meryl Streep; a consegnare il premio Paolo Sorrentino. Julianne Moore porta al festival, fuori concorso, la commedia “The kids are all right” di Lisa Cholodenko, in cui fa coppia con Annette Bening ed è affiancata da Mark Ruffalo, Mia Wasikowska e Josh Hutcherson. Il film sarà distribuito da Lucky Red da venerdì 11 marzo col titolo “I ragazzi stanno bene”. |
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Sei qui a Roma per ricevere l’Acting Award: c’è stato un momento di svolta nella tua carriera? |
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Dai 20 anni in su ho lavorato per la maggior parte in televisione e a teatro a livello locale; poi, all’inizio degli anni ’90, ho fatto alcuni film più o meno contemporaneamente, sono usciti a un anno di distanza uno dall’altro e, all’improvviso, mi sono trovata ad avere una carriera cinematografica. Ho incrociato la strada del cinema indipendente negli Stati Uniti, io non pensavo nemmeno di diventare un’attrice cinematografica, quando ho fatto i primi provini non mi davano nemmeno le parti. |
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Hai 50 anni… |
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49! |
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Scusa… Vorrei che ci parlassi degli eventuali problemi di un’attrice oltre quarantenne, e qualcosa su di te come madre, moglie e attrice. |
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Il momento di svolta della mia carriera, quando ho fatto tre film insieme, è arrivato che avevo 32 anni. Per tutta la mia carriera mi hanno chiesto quando sarebbe finita... La questione dell’età continua a emergere, e io non so che dire. Onestamente penso che insistendo sui media sulla questione dell’età le cose si peggiorino.
Quanto al resto, mi sento fortunatissima dell’opportunità che ho avuto di lavorare e avere una famiglia, è quel che desideriamo tutti: si ha bisogno di amore e si ha bisogno di lavorare, e io ogni giorno mi sento grata per questo e non lo do mai per scontato. |
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Come ti sei preparata per questo ruolo? |
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Penso che la sfida, qualsiasi cosa si faccia, è di rendere vero il personaggio. In questo caso però non c’era bisogno di fare una grande ricerca: io ho molta esperienza di rapporto di coppia e di genitorialità, quelle che il film tratta sono tematiche molto universali. |
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Tu hai detto che non ami provare sul set; come avete lavorato, con attori di generazioni diverse e con metodi diversi? |
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E’ sempre una cosa impegnativa, perché ognuno sul set può avere bisogno di cose diverse. A me piace conoscere bene le mie battute, sapere quelle che saranno le inquadrature, ma poi farlo; ad altri invece piace fare le prove, in questo caso bisogna accettarlo. La bellezza dei grandi registi, quando lavorano con un grande cast, è che chiedono a ciascuno come voglia fare: Lisa ha avuto lunghissime conversazioni con Annette perché ad Annette piace molto parlare dei suoi personaggi, mentre a me non piace. Questo film avevamo così poco tempo che è stato un lavoro quasi di corsa, tutto il lavoro con Mark l’abbiamo girato in 3 giorni, cominciavamo e via. |
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Riguardo a Lisa Cholodenko, quanto c’è di autobiografico in questo film? |
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Prima di fare il film Lisa Cholodenko stava parlando con la sua partner della possibilità di costruire una famiglia e hanno deciso di utilizzare un donatore di sperma. Mentre scriveva il copione è venuto fuori che Stuart, che poi lo ha scritto con lei, quando era all’Università è stato donatore di sperma. Comincia tematicamente con questo, ma poi il film è una meditazione su cosa significhi essere una famiglia, su cosa sia un rapporto, come si allevino i figli. |
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Lisa ha detto che voleva fare un film su tematiche normali in un rapporto normale. Che tipo di rapporto è quello tra te e Annette? |
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Penso che sia una famiglia molto normale. La bellezza del film è che molto presto ci si dimentica che è un rapporto tra due donne, sembra un qualsiasi film su un rapporto di coppia. Quello che mi colpisce è che spesso i film sono sul primo incontro, sull’innamoramento tra due persone che poi si sposeranno e vivranno felici; ma per la maggior parte di noi, che siamo sposati da molto tempo, a mala pena ce ne ricordiamo del primo incontro, è come un lampo, poi si passa con quella persona una buona parte della vita, si approfondisce il rapporto, si allevano i figli e così via. E’ a quel punto che il rapporto cresce. Questo film racconta di come tutto sia così normale, ha un atteggiamento molto positivo sul rapporto di coppia e sul matrimonio. |
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Come ti sei posta il problema del tradimento, all’interno di una relazione di lunga durata? |
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E’ una domanda molto interessante... Jules è un personaggio che si sente perso. E’ quella che da 18 anni fa la mamma che è rimasta a casa, e la sua vita sta cambiando: la figlia maggiore sta per andarsene, il figlio a breve lo farà, lei si rende conto di non aver avuto una carriera, una professionalità, non si sente riconosciuta. Gli elementi della sua identità sono in crisi, ma non lo sa spiegare: fa delle scenate, tenta lavori, e poi incontra questo tizio che sembra le dia un riconoscimento, è questo che succede. Non è che intendeva tradire la sua partner. Si rende conto di quello che ha fatto alla sua partner e alla sua famiglia, chiede di essere perdonata; il punto è che sta cercando una sorta di riconoscimento che non le era stato dato.
Ogni situazione naturalmente è una storia a sé. Quello che ho trovato interessante è che c’è moltissima elasticità nell’amore, nella famiglia, nel rapporto di coppia; le persone non è che abbiano sempre le idee chiare, quando si invecchia ci si rende conto di questo: c’è molto spazio sia per l’ambiguità che per il perdono. |
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In America una famiglia di questo tipo rientra nella normalità? |
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Penso ci siano sempre più famiglie di questo tipo negli Stati Uniti; i miei figli vanno a scuola a New York e ci sono bambini con due padri o due madri. Recentemente c’è stato uno studio del New York Times, hanno seguito delle famiglie gay per 20 anni, studiando la crescita dei ragazzi e vedendo come se la cavavano da adulti: i ragazzi sono molto equilibrati, ben inseriti, sono stati educati bene. |
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Possiamo fare a meno dei padri? |
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E’ una domanda veramente pesante, carica di significati impliciti... Qualsiasi scelta di faccia, ogni famiglia è una famiglia. La cosa interessante che dice Nic a Paul, quando Paul sente sua la famiglia e i figli, è “no, questa è la mia famiglia”, lui è il genitore biologico ma non ha dedicato tempo a quei figli, non è che ti puoi girare e entrare nella vita di un ragazzo: la famiglia è il tempo che ci dedichi, accompagnare i ragazzi nel corso della loro vita. |
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Il film è intelligente perché mostra come la famiglia sia tale anche nell’omogenitorialità; dal titolo si può pensare che il film cerchi di dimostrare che i figli di una coppia di lesbiche siano ok, per fortuna non è così. Ma perché il sesso tra le due donne viene mostrato di nascosto, complicato, meccanico, mentre gli unici due rapporti spontanei, selvaggi, liberi, sono quelli etero? |
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Quanto al titolo, Lisa chiama tutti ‘kids’, quindi è questo che intendeva, tutta la famiglia sono ‘ragazzi’.
Quanto al sesso, non è un problema che riguarda il sesso tra gay o il sesso eterosessuale, il problema è il sesso nel matrimonio, penso che Lisa di questo volesse parlare. Queste donne stanno insieme da molto tempo e in questo momento c’è qualcosa che non va molto bene; se le cose fossero andate bene non credo che Jules avrebbe avuto una storia con un altro. |
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Cosa può fare la società per migliorare, rispetto alla questione gay/non gay? E in una situazione del genere, tu come ti saresti comportata? Avresti voluto che i figli sapessero chi è il padre biologico? |
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Io penso che ci piace suddividere tutto in categorie, per aiutarci a capire le cose; ma una cosa che possiamo fare è dividere di meno in categorie: razza, religione, sessualità, dovremmo vedere le altre persone non per categorie o definizioni, ma come esseri umani. Staremmo molto meglio se riuscissimo a farlo, e più conosciamo persone ‘diverse’, più i pregiudizi cadono.
Quanto alla seconda domanda, penso che sia molto personale. La maggior parte delle persone oggi usa donatori, in genere sceglie che i figli a 18 anni possano conoscerli, ma è una scelta molto personale, e non trovandomi io in quella situazione penso che non sia giusto dire cosa farei. |
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In Italia abbiamo un Premier che, proprio stamani, ha detto ‘è meglio guardare le donne, qualunque altra cosa che essere gay’. Potresti darci una definizione di un personaggio del genere? |
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Penso che sia un peccato, è arcaico e idiota.
Viviamo in un’epoca in cui è ormai molto chiaro che l’orientamento sessuale sia qualcosa che dipende dalla tua biologia, si è quello che si è. Rifiutare qualcosa, o dire che c’è qualcosa di male nell’omosessualità, quando grandi personaggi della Storia erano gay e ci sono studi sulle famiglie gay dove tutti vivono felici e contenti, questo tipo di commento è arcaico, infelice e imbarazzante. |
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