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E' stato presentato alla Casa del Cinema, e sarà in 170 sale italiane da venerdì 4 marzo, il secondo film di Andrea Molaioli ad oltre tre anni dalla messe di David di Donatello con "La ragazza del lago": "Il gioiellino" porta sullo schermo il caso della Parmalat in versione romanzata, con Remo Girone nei panni del patron e Toni Servillo in quelli del ragioniere di fiducia. Nel cast anche Sarah Felberbaum. In conferenza stampa Andrea Molaioli spiega il suo film e sottolinea come non si tratti affatto di un documentario sulla Parmalat. |
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Puoi parlarci di questo progetto, un apologo morale ispirato alla cronaca? |
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Quando cominciavano i primi segnali della grande crisi globale, nella quale siamo ancora invischiati, ho iniziato ad interessarmi a quello che ruotava intorno al mondo della finanza perché mi inquietava il fatto di non trovare una reciprocità tra la crisi finanziaria e il contesto sociale, mi sembrava che arrivasse inaspettata, senza capirne le ragioni né cosa fare per arginarla. Da quest'interesse abbiamo cominciato con Ludovica e Gabriele a documentarci e studiare vari casi di crac finanziari dell’ultimi anni, emblematici della gestione scriteriata, allegra, della finanza. Il caso Parmalat racchiudeva da un lato un elemento squisitamente italiano, ma in una filosofia di gestione tipica in generale del mondo occidentale. A quel punto abbiamo solo dovuto trovare la chiave drammaturgica e, per questo, abbiamo deciso di concentrarci sui personaggi, mi sembrava più interessante, rispetto ad un racconto in chiave di inchiesta, raccontare attraverso a queste diverse umanità il terreno in cui concezioni anche perverse potessero alimentarsi.
Se questo può essere letto come un'avvisaglia su ciò che molti sono stati o che possiamo tornare ad essere da qui a poco, questo appartiene più a chi il film lo vede. |
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Ci spieghi che influenza ha l'elemento religioso sui comportamenti dei personaggi? |
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L’elemento simil-mistico è molto funzionale alla facciata di chi si professa portatore di valori, compiendo poi qualsiasi tipo di atto che contraddici i valori cui si richiama, questo accomuna molto una buona parte del mondo dell'imprenditoria, della politica, di tutti. E' anche una forma che preserva da eventuali critiche successive, quando si viene colti in flagrante ci si nasconde dietro il fatto di essere stati dei benefattori: fermando me mettete in crisi tutta una sfera sociale.
In mezzo a tutto questo il credo diventa una carta che viene giocata spesso e volentieri. |
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Che giudizio ti sei fatto sulle banche italiane? |
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Ci sono banche che sono fallite, altre no, quelle fallite hanno creato più danni rispetto a quelle che sono state salvate... è il fulcro nevralgico del potere di ogni Paese. E' il più potente perché, al contrario di tanti altri poteri forti, quello delle banche è molto più inaccessibile, è meno giudicabile e quindi criticabile. Gli altri poteri sono più monitorati dal cittadino rispetto alle banche e, per questo, esse risultano più inquietanti. |
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Per quale motivo avete deciso di ignorare le conseguenze del crac sui risparmiatori? |
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Perché abbiamo deciso di chiudere le vicende del film prima che si manifestassero le conseguenze su chi aveva investito. Questo elemento è comunque il più noto di tutta la vicenda per cronaca che gli è stata dedicata. Il film ha scelto come punto di vista quello di rimanere all'interno di quelle stanze e di quei personaggi. |
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Il film è stato girato a Parma? Perché si è scelto di non fare alcun riferimento diretto alla Parmalat? |
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Francesca Cima (Produttrice): No, non abbiamo neanche tentato di girare a Parma. Abbiamo fatto dei sopralluoghi lì, ma poi non ci è sembrato necessario che il film venisse girato a Parma e abbiamo trovato un’altra location in Piemonte, ad Acqui Terme. Il nostro obiettivo era prendere spunto dalla vicenda Parmalat per raccontare un fenomeno e cercare di vedere dall’interno come può funzionare, oltre naturalmente a una necessità di prudenza per i processi in corso. |
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A che tipo di cinema vi siete ispirati? |
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Ci siamo ispirati a un certo cinema degli anni '70; un film che abbiamo tenuto in considerazione come fosse un santino è “Il caso Mattei”. C'è anche una piccola citazione, non vi dirò dove. |
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L'aspetto calcistico è marginale, il Parma era realmente il giocattolo del figlio di Tanzi? |
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Ripeto, il film non è sulla Parmalat. L'elemento del calcio ovviamente ha a che fare con la nostra realtà quotidiana, spesso e volentieri è utilizzato da tanti imprenditori come biglietto da visita: si dice che con le squadre non ci si guadagna, in termini remunerativi, però rappresentano un ritorno d'immagine straordinario. L'abbiamo messo per queste ragioni, non l'abbiamo investigato fino in fondo perché ci sembrava più importante concentrarci su altre cose e costruire un habitat più complesso possibile. La figura del figlio è emblematica di una seconda generazione di imprenditori, quelli che spesso stancamente proseguono sulle orme paterne, senza grande determinazione né considerazione da parte di chi ha creato una struttura e non vuole saperne di abbandonarla. |
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E' vera la storia dell'incontro tra il presidente del Parma e quello del Milan? |
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Ludovica Rampoldi (Sceneggiatrice): Alcune fonti ci hanno raccontato di quest'incontro avvenuto tra Tanzi e Berlusconi, in cui Tanzi andava a battere cassa e Berlusconi invece finì a parlare di calcio e intavolò una trattativa per l'acquisto di Gilardino, che però non avvenne sul momento ma qualche mese più tardi.
Ci sembrava buffo che un personaggio che andava a elemosinare del denaro si trovasse scippato del suo giocatore migliore. |
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