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Candidato agli Oscar come miglior film straniero, esce nelle sale italiane mercoledì 11 maggio “Uomini senza legge”, la storia di tre fratelli che si trovano a lottare nel secondo dopoguerra per l'indipendenza dell'Algeria dalla Francia. Rachid Bouchareb gira il seguito ideale di “Days of Glory” ispirandosi a “L’Armata degli Eroi” di Melville; i protagonisti sono Jamel Debbouze, Roschdy Zem e Sami Bouajila, sui quali il progetto è stato modellato fin dall'inizio; quella che segue è una breve intervista diffusa dall'ufficio stampa del film. |
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Era da molto tempo che coltivava l’idea di questo progetto? |
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Sì, dopo “Days of Glory”, “Uomini senza Legge” è stato il passo successivo più ovvio. “Days of Glory” finisce nel 1945. E poi ha inizio un’altra storia. I soldati del luogo spesso parlavano degli anni dopo la Liberazione, il periodo di decolonizzazione. Olivier Lorelle ed io abbiamo intervistato molti testimoni oculari di questi eventi, abbiamo fatto ricerche di archivio e abbiamo visionato documentari. La memoria è una fonte molto affascinante da cui attingere per fare un film. Ad esempio, abbiamo incontrato un falsario francese che produceva documenti di identità falsi sia negli anni della Resistenza che, successivamente, durante la Guerra d’Algeria. Abbiamo incontrato tante persone incredibili. “L’Armata degli Eroi” di Jean-Pierre Melville mi ha ispirato moltissimo. Ho incontrato lo stesso tipo di persone, che hanno dedicato la propria vita ad una causa. |
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I tre fratelli e i loro percorsi di vita diversi conferiscono al film una dimensione realmente tragica... |
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Assolutamente. Può accadere che una famiglia si frammenti. Ci sono diversi modi di combattere l’ingiustizia: la ribellione è solo uno di essi. I tre fratelli fanno delle esperienze di tipo diverso, hanno degli approcci differenti rispetto agli eventi, sono in disaccordo sul modo di combattere l’ingiustizia e ottenere la libertà. Non tutti diventano dei combattenti della resistenza. E’ questo che enfatizza il film. Ognuno sceglie la vita che vuole.
Tutti i personaggi principali e le loro storie sono basate su persone che abbiamo incontrato e intervistato. |
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L’approccio inflessibile di Abdelkader rispecchia la disumanità della polizia francese... |
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La Rivoluzione mastica le persone e poi le risputa fuori. La repressione fa esattamente la stessa cosa. Una delle scene del film prende ispirazione da L’Armata degli Eroi, quando alcuni membri della Resistenza francese devono eliminare un compagno francese. E’ una scena sconvolgente. Credo che in qualsiasi battaglia per la libertà avvengano delle terribili tragedie umane. Volevo che il film possedesse una qualità epica. Ho sviluppato dei personaggi che fanno la rivoluzione nello stesso modo in cui Al Pacino gestiva la famiglia nel “Padrino”. Questo mi ha dato una certa libertà dal punto di vista storico. Il mio film non è documentario, io faccio film. |
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Sarebbe difficile immaginarla fare questo film senza Jamel Debbouze, Roschdy Zem e Sami Bouajila... |
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Sì, il film era per loro, è stato scritto per loro. Ci conosciamo molto bene ormai, ma io dovevo essere la guida, dovevano essere mie le mani sul timone. Lavorano tutti molto duramente e danno un enorme contributo sul set. Io mi occupo di controllare la direzione che prende il film, come si sviluppa ogni personaggio. Tutti e tre gli attori sanno di poter contare su di me: abbiamo una grande fiducia reciproca. |
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E’ il primo film che parla di questi eventi storici. Ha mai avuto paura di quello che avrebbe dovuto affrontare? |
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Quando fai dei film come “Days of Glory” o “Uomini senza Legge” di cosa dovresti avere paura? I francesi, gli algerini, i nord africani e gli africani, specialmente le generazioni più giovani, hanno bisogno di conoscere il passato coloniale.
E’ questa una delle funzioni dei film. Ma la gente va a vedere un film, non legge un libro di storia. Tu devi raccontargli una storia. Forse, dopo aver visto il film gli verrà voglia di approfondire i fatti anche attraverso i libri. Da questo punto di vista, il film lancia un dibattito in cui ognuno potrà dire la sua. Coloro che hanno preso parte a questi eventi possono dare un contributo: essi rappresentano la memoria. La questione è mettere il tutto assieme e rispettare ogni punto di vista diverso. Ma ci sono eventi storici che devono ancora essere spiegati. Ci sono ancora dei testimoni oculari la cui esperienza contribuirà a comprendere meglio la storia. Per quanto riguarda gli eventi accaduti a Setif nel 1945, ad esempio, gli storici francesi e algerini devono lavorare assieme in completa libertà per descrivere le esperienze francesi e algerine, senza l’intrusione di controversie riguardo alla Guerra D’Algeria. |
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