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Esce un po' a sorpresa nelle sale italiane “Cirkus Columbia” di Danis Tanovic, presentato l'anno scorso a Venezia all'interno delle 'Giornate degli Autori'. Il quarto lungometraggio del regista bosniaco, celebre per il suo esordio con No man's land, esce a un anno di distanza dal precedente Triage, e dopo la parentesi curda ritorna a parlare del conflitto balcanico con una storia ambientata nell'immediata vigilia della guerra. L'ufficio stampa del film ha distribuito alla stampa le seguenti dichiarazioni del regista. |
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La guerra prima, durante e dopo: |
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Gran parte della mia carriera cinematografica riguarda la guerra e le sue conseguenze. Mentre ero nell’esercito l’ho ripresa per davvero, poi ho girato dei documentari sulla guerra, e quelle esperienze hanno avuto il loro culmine con “No man's land”, il mio primo lungometraggio. Di recente, ho girato “Triage”, un film che parla delle conseguenze della guerra. La storia di “Cirkus Columbia” in realtà finisce prima che inizi la guerra. In un certo senso questi tre film compongono una trilogia personale – rappresentano ciò che accade prima, durante e dopo la guerra. “No man's land” si svolge durante il conflitto. “Triage” dopo e “Cirkus Columbia” prima. |
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Tentare di ricordare: |
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Per molto tempo, il periodo prima della guerra apparteneva a una vita che non riuscivo a ricordare. C’era una lacuna nella mia mente quando cercavo di pensare alla mia vita nel periodo che precedeva la guerra. Mi sentivo come se avessi perso quella parte di esistenza. Poi, all’improvviso, qualche anno fa, per nessun motivo particolare, ho iniziato a ricordare. A volte bastava un profumo, il viso di una persona che conoscevo una volta, a volte una scena assolutamente banale. Ho tentato di recuperare quei momenti, collegarli a qualche ricordo, ma si dissipavano così in fretta come erano emersi, lasciando in me una sensazione di solitudine e frustrazione.
Leggere il libro “Cirkus Columbia” mi ha riportato, più veloce della luce, al periodo della guerra. La trama non assomiglia affatto alla mia esperienza, ma c’è qualcosa in quel libro che tocca il cuore di ogni bosniaco ed erzegovino. Il libro parla di persone che credevano in modo ingenuo che la guerra non sarebbe mai arrivata qui, di vicini che si aiutano l’un l’altro malgrado rischino la morte, della giovinezza perduta e di nuovi inizi, dell’odio che per un periodo sembrava aver ricoperto tutto e ovviamente dell’amore che non conosce confini. Spero che nell’adattare queste storie per il grande schermo, di aver aiutato altri figli della guerra a ricordare. |
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Negare è umano: |
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Ero attratto dall’idea di girare un film ambientato in questo periodo ante?guerra perché m’interessava raccontare la quotidianità delle persone normali nei momenti che precedono i grandi cambiamenti storici, gli uragani della storia. Volevo mostrare quanto fossero inconsapevoli di trovarsi su quella linea sottile tra guerra e pace. Era all’epoca, credo, una convinzione diffusa che la guerra non ci avrebbe toccati – malgrado il fatto che per ogni strada marciava gente con bandiere e fucili. Credo sia una reazione assolutamente umana negare l’evidenza e rifiutare l’idea che arrivino i guai. Ero anche interessato a esaminare come l’uomo ordinario, quello della porta accanto, può diventare una guardia in un campo di concentramento, un torturatore, un assassino. In qualche modo durante quel periodo, in quello spazio buio, succede qualcosa e la gente cambia in modo profondo. La gente comune e buona può rapidamente trasformarsi in persone completamente diverse. |
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Nei panni di un altro: |
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Lavorare di nuovo in Bosnia ed Erzegovina, ricreare quel passato in particolare, ha suscitato in me un’ intensa nostalgia e mi ha fatto domandare mille perché. Ho vissuto in Bosnia durante il periodo in cui è ambientato “Cirkus Columbia”, quindi conosco la situazione in prima persona. Ma girare il film mi ha dato la possibilità di guardare agli eventi dal punto di vista di altre persone, e quel processo mi ha aiutato ad acquisire una preziosissima perspicacia. Questo è possibile solo se decidi di metterti nei panni di qualcun’altro. Decostruire tutte le ragioni astratte per cui si fa la guerra (ideologia, religione etc.) e analizzarle in un modo logico e coerente, permette di capire che le radici di tali conflitti in genere affondano nella gelosia, nell’avidità e nella paura. |
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Riflettere a partire da un punto di vista: |
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I miei film tendono a essere contro la guerra, la violenza e il nazionalismo, ma non so se trasmettono un solo specifico messaggio. Sono più complessi. Ma mi fa piacere quando le idee e le emozioni suscitate dai miei film restano con il pubblico e danno loro da riflettere anche molto tempo dopo averli visti. Credo che i miei film dovrebbero rappresentare un punto di partenza per il dibattito, ma non tento di trasmettere dei messaggi. Mostro solo il mondo come lo vedo io. |
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L'altra parte: |
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Sono stato contento di lavorare di nuovo nella mia lingua; credo che potrei fare un film in qualsiasi lingua, ma è stato fantastico tornare alla mia...
La zona dell’Erzegovina in cui abbiamo fatto le riprese è bellissima. Sono stato felice di riscoprire i paesaggi, le foreste, i fiumi gelidi. È stato un piacere per me tornare lì, non solo per l’estetica del film, ma per poter stare con la gente. Questa parte del mondo sembra senza tempo; purtroppo è anche cambiata molto e in modo irreversibile. A volte mi sembra che nel 1992, quando è caduto il comunismo, stessimo sull’orlo di un enorme abisso e che il resto del mondo guardasse in silenzio dall’altra parte. Siamo stati obbligati a saltare, ma non siamo riusciti a raggiungere l’altra parte. E stiamo ancora cadendo. |
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