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In occasione della proiezione stampa del film "The Lady", apertura ufficiale del Festival di Roma, Luc Besson racconta la nascita della pellicola sulla vita dell'attivista birmana premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Il film è stato applaudito alla presentazione per la stampa. |
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Quanto è difficile ricostruire dei personaggi così importanti e carismatici come il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi senza avere la possibilità di poterli frequentare? |
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Credo che la cosa più difficile sia garantire il rispetto per una persona da 13 anni gli arresti domiciliari. Il film è stato fatto per lei ed è terribile non averla potuta incontrare. Quello che abbiamo cercato di fare è stato di avvicinarci il più possibile alla realtà, partendo dalla casa in cui la protagonista vive in Birmania, passando per la casa inglese, che abbiamo potuto visitare, fino ai dettagli come il rispetto dei numeri civici. Ci è sembrato giusto, un modo di rispettare la persona e la realtà, anche perché era giusto lavorare in uno stato di sobrietà assoluta. |
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Come mai, lei che fa generalmente cinema d'intrattenimento, è stato attirato da una dimensione politica così importante? |
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Normalmente sta alla stampa esplorare la dimensione politica di una vicenda. A me interessava la figura umana, capire i meccanismi che avevano portato questa donna a dover fare delle scelte terribili in nome dell'amore per la sua terra. Credo che attraverso la sua storia sia possibile imparare qualcosa d'importante. |
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Come mai ha deciso di girare gran parte delle scene in inglese, anche quando sono dei birmai a parlare? |
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Da un certo punto di vista avrei dovuto girare scene intere in birmano, ma non credo che sarebbe stato utile per mantenere alta la concentrazione del pubblico. Ho cercato dei compromessi: in alcuni casi i birmani parlano birmano, in altri in inglese per introdursi meglio nella scena, in altri ancora parlano inglese con la protagonista per farle capire che lei non viene considerata birmana. |
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La protagonista dice "a me non interessa il culto della personalità". Non pensa che il film possa contribuire in un certo senso ad alimentare proprio quel sentimento? |
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Io credo che voi giornalisti e noi che abbiamo girato questo film facciamo bene a parlare di lei per cercare di portare alla luce gli accadimenti della Birmania e credo che in piccola parte tutto quello che ha contribuito a parlare della vicenda abbia influito anche sulle decisioni del governo birmano. |
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Quanta importanza avuto l'aspetto della non-violenza in questa vicenda? |
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Probabilmente è l'aspetto più importante del film. Generalmente si arriva alla democrazia attraverso lo spargimento di sangue. L'esempio della Birmania fa capire che si potrebbe arrivare a una democrazia anche attraverso atti non violenti, magari impiegandoci molto più tempo...ma credo che se il cambiamento verso la democrazia sarà completo sarà un'esempio utile per tutti. |
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La protagonista ha commentato in qualche modo il film? Cosa le è successo di recente? |
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Mentre giravamo il film e giravamo la scena della liberazione abbiamo appreso che anche la protagonista reale veniva liberata. Un paio di giorni dopo purtroppo ci siamo resi conto che non era una vera liberazione...non può uscire dalla Birmania perché non le permetterebbero di rientrare, il suo partito è stato sciolto... |
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Sono stati coinvolti i figli nella ricostruzione del film? |
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Abbiamo incontrato un figlio, un vero gentiluomo, siamo diventati anche amici. Ha visto il film un paio di giorni fa. Ha commentato semplicemente con un "bello", non ha detto altro. Credo che per lui molte scene abbiano voluto dire molto e non sia stato facile vederle rappresentate sullo schermo. |
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