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Roberto Faenza voleva portare sullo schermo "Il giovane Holden", ma non è riuscito a comprarne i diritti; meglio così, a giudicare dal 'ripiego': "Un giorno questo dolore ti sarà utile", che sarà distribuito nelle sale italiane a febbraio 2012, è un film che si discosta molto dai lavori precedenti del regista piemontese richiamando in parte Salinger, ma soprattutto "American Beauty". Nella conferenza stampa al Festival di Roma, dove è stato presentato fuori concorso, Faenza racconta il suo film americano. |
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Cosa c'è di speciale nella normalità che lei ha voluto rappresentare nel suo film? |
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Quello che mi ha motivato a realizzare questo film è stato questo passaggio di testimone che si sta concretizzando tra mondo del passato e mondo dei giorni nostri. Il giovane che io rappresento è semplicemente un giovane che non vuole essere plagiato. L'attualità del romanzo da cui io prendo spunto (romanzo omonimo di Peter Cameron ndr) a mio parare risiede proprio nella descrizione di un mondo che sta andando a rotoli mentre il mondo del domani deve essere completamente ricostruito. Mi sento in un certo senso simile al protagonista, che è quasi un precursore del movimento degli Indignados... |
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Ultimamente assistiamo a molti registi italiani che si trovano a girare i loro film oltreoceano con risultati tecnici estremamente "americani", anche se con un anima poi profondamente"europea". Lei è d'accordo, cosa ne pensa? |
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Beh non è certo la prima volta che un regista italiano gira un film in America. A parte il recente caso di Sorrentino l'Italia è piena di esempi, anche nel passato...basta pensare ad Antonioni, Bertolucci, Leone. Io ho avuto la fortuna di aver partecipato a un film fatto e prodotto da donne, che hanno programmato ogni dettaglio produttivo e organizzativo alla perfezione. Anche per quello che riguarda il casting mi sono trovato benissimo, tanto che a un certo punto quasi mi sono sentito superfluo! |
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Ad ogni modo immagino che girare un film in America non sia una passeggiata. C'è qualche aspetto che le ha reso la vita difficile? |
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Beh...New York è una città difficile, soprattutto dopo l'11 settembre, da quando tutto deve essere tenuto sotto controllo. Ma credo lo sia soprattutto per noi più che per loro. L'aspetto più difficile probabilmente è stato il fatto che su 100 persone della troupe io potessi portarmi 1 persona dall'Italia. Credo che i Ministri e i politici, anziché occuparsi di questioni marginali e sterili, dovrebbero occuparsi di come mettere in condizione i registi e le produzioni italiane di lavorare anche in altri contesti, anche semplicemente per imparare. |
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Che differenze ci sono, se ci sono, nel dirigere un attore straniero, in alcuni casi anche di altissimo livello? |
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Beh ormai la prima cosa che chiedo quando mi trovo a dover dirigere un attore straniero è se viene dall'Actor's Studio, perché anni fa lavorai con un attore che veniva da là e mi fece perdere tutti i capelli. Poi, col tempo, ho imparato che non esistono solamente i fondamentalisti dell'Actor's Studio, che esistono grandi professionisti dotati anche di grande elasticità, con cui si lavora bene. |
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Dopo aver diretto diversi film dichiaratamente politici, come Forza Italia o Silvio Forever, questo film potrebbe appartenere al filone dei film "politici"? |
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Dipende dal significato che diamo alla parola politico. Se lo intendiamo secondo la vecchia interpretazione del termine, ovvero che si occupa di noi, potrebbe esserlo, altrimenti direi di no. Credo sia un film che racconta i problemi di oggi, di un mondo che sta andando a rotoli di fronte a tantissime persone che non hanno responsabilità e che vogliono cambiare tutto. |
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Ci spiega la scelta di ambientare molti incontri in ambienti aperti e dinamici quando nel libro erano ambientati in luoghi chiusi e asettici? |
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Io credo che la forza dei romanzi stia nel generare idee nuove. In questo senso non credo che i film debbiano essere necessariamente uguali ai libri. Mi sono documentato su questi life-coach e ho capito che era meglio ambientare alcune scene nei parchi perché così succede nella realtà. Poi anche perché credo che il cinema debba avere più movimento rispetto a un libro. |
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Come si trova un libro da cui poi si trae una sceneggiatura? |
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Il problema principale dei tempi di oggi è che non esiste più la figura del soggettista, cosa di cui il tempo passato era ricco, basti pensare che dietro Fellini c'era Ennio Flaiano. In questo senso io non mi sento come Pupi Avati, che è un genio, ha una nuova idea ogni momento. Io ho bisogno di trovare idee e credo che oggi l'unica reale fonte alternativa ai soggettisti siano gli scrittori. Ormai credo che chiunque scrive un romanzo sotto sotto spera che ne vengano acquistati i diritti. |
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