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Crash segna l’esordio alla regia di Paul Haggis, per lungo tempo sceneggiatore nella televisione americana, candidato all'Oscar per Million Dollar Baby. Adesso dopo avere terminato la sceneggiatura di The Last Kiss ovvero della versione americana de L'ultimo bacio di Gabriele Muccino, Haggis è autore anche delle sceneggiature del nuovo film di Clint Eastwood Flag of Our Fathers, nonché del prossimo 007 Casino Royale . |
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Perché ha deciso di dirigere personalmente Crash, mentre - per esempio - ha lasciato Million Dollar Baby a Clint Eastwood? |
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Crash è un film molto particolare e difficile. Essendo basato su una materia molto sottile avrebbe potuto essere diretto in maniera non particolarmente corretta, magari, enfatizzando certi clichés e operando delle scelte che non mi avrebbero trovato d'accordo. Nel caso di Crash ero convinto che avendo scritto io questa materia e conoscendola meglio di altri, avrei potuto fare un lavoro migliore. Nel casto di Million Dollar Baby appena ho saputo che Clint era interessato a dirigerlo, gli ho ceduto il posto, perché sapevo che lui era l'uomo giusto per farlo. |
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Da dove prende l'ispirazione per il suo lavoro e per un film duro e intelligente come Crash? |
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Da noi stessi. Nel caso di Crash, toccando un tema come il razzismo, non volevo prendere spunto da quella gentaglia razzista che abita in Alabama o in altri stati del Sud degli Usa. Sarebbe troppo facile puntare il dito contro di loro e indicarli come i cattivi. Preferisco scrivere delle cose che mi mettono a disagio, delle mie colpe e di quelli dei miei amici. E' più difficile guardare a chi siamo noi veramente e a cosa facciamo. Credo che i film dovrebbero trattare risposte difficili a domande altrettanto complesse. Il problema è che nel cinema ci sono i buoni e i cattivi, mentre nella vita siamo tutti entrambi le cose. Quando ci riferiamo a noi lo facciamo in termini di complessità, se pensiamo agli altri, diventiamo molto semplicisti e questo è quello che io desidero evitare nel mio lavoro. |
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In che senso? |
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La cosa meravigliosa è che gli esseri umani incarnano una grande ambiguità. Io penso a me stesso nei termini di una brava persona che ha fatto delle cose terribili e che continuerà a farle. Adoro le contraddizioni degli esseri umani. |
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Come mai ha esordito alla regia di un lungometraggio così tardi? |
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In realtà è da quando avevo 21 anni che desideravo dirigere un film. Cosa che non è mai capitata. Fortunatamente, perché non sarei stato all'altezza di farlo. Così come quando da giovane scrivevo sceneggiature che - oggettivamente - non erano molto buone. Ho imparato a scrivere nel corso degli anni e la stessa cosa dicasi per la regia. E' stata una fortuna che io abbia potuto esordire oggi sul grande schermo. Se fosse capitato qualche anno fa, oggi, sarei sparito, perché avrei fatto qualcosa di orribile. |
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Qual è il rapporto di Crash con la realtà? |
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E' un'allegoria...una fiaba. Gli elementi narrati nel film sono tutti più o meno ispirati a cose reali, che, però, si riferiscono ad una realtà più profonda di quella che appare in superficie. Il cinema deve andare più a fondo. |
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L'impressione è che Crash sia un film sull'intolleranza più che sul razzismo… |
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Esattamente. Perché guarda l'intolleranza è un problema peggiore che non dipende necessariamente dal razzismo o dall'odio, ma può avere cause più banali o anche più profonde come la paura. Questo è quello di cui vuole parlare il film. |
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E lo fa senza temere il politicamente scorretto... |
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Spesso io e il mio cosceneggiatore ci siamo domandati se fosse giusto dire certe cose. La risposta è sì: la gente dice certe cose e per questo motivo era importante evidenziare determinate realtà. Io credo che il razzismo, oggi, negli Usa sia molto diverso rispetto al passato, ma che sia - al tempo stesso - più infido e sinuoso. Per questo era importante trovare un linguaggio veritiero e non edulcorato. |
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Lei è un ottimista? |
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Diciamo che mi considero il più cinico tra gli ottimisti, ma che la riposta è sì: lo sono. Per questo il film è - comunque - pervaso da un tono globale di speranza. |
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Preferisce scrivere film tratti da soggetti originali oppure da adattamenti di romanzi? |
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Mi piacciono entrambi i tipi di scrittura. Non ho delle preferenze. Anzi. |
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Lei ha scritto il remake de L'ultimo bacio di Gabriele Muccino. Che ne pensa del film? |
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L'ho trovato molto brillante, divertente e soprattutto molto vero. Io ricordo bene quell'età, quando avevo circa 31 anni e mi sembrava che il mondo in cui vivevo mi stesse stretto. Non ho ritoccato il copione per niente, l'ho semplicemente tradotto perché era un film così bello che non occorreva modificare nulla. I produttori poi hanno cambiato qualcosa ma io non credo che l'abbiano migliorato. Credo che la versione originale sia davvero brillante. Il mese scorso sono stato a cena con Gabriele Muccino e gli ho fatto i miei complimenti. Non sono stato io a dirigere il film ma spero che chi lo ha fatto lo abbia fatto bene. |
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Parliamo del suo rapporto con Clint Eastwood… |
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Solo da qualche giorno Clint ha terminato le riprese di Flag of Our Fathers, che racconta la storia dei soldati che innalzarono la bandiera a Iwo Jima durante la Seconda Guerra Mondiale. E' un film che riflette sulle difficoltà di essere un eroe e come l'etichetta di eroe possa distruggere la vita di un uomo. E' una pellicola molto disturbante. Adesso, Clint sta leggendo la sceneggiatura di un film che vorrei dirigere l'anno prossimo sulla situazione attuale in Iraq e intitolato Morte e Disonore. |
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E la sceneggiatura di 007 Casino Royale: una sfida? |
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Mi è stato chiesto di scrivere il terzo atto del film. E' piaciuto così tanto alla produzione che mi hanno chiesto in seguito di scrivere la parte centrale. Poi, alla fine, mi è stato chiesto di scrivere anche l'inizio. Pur avendolo scritto a ritroso devo dire che è stata un'esperienza molto interessante e divertente. Amo molto 007 e considero un onore aver potuto scrivere Casino Royale, quello che è praticamente un prequel all'intera serie con un personaggio da reinventare. In realtà ho preso la sceneggiatura che era stata già scritta e l'ho resa più facile e complessa al tempo stesso. Vedremo se sono riuscito a fare un buon lavoro. |
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