Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Anne Fontaine

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Esce venerdì 30 marzo distribuita alla Bim la commedia franco-belga "Il mio miglior incubo!" di Anne Fontaine ("Mon pire cauchemar" il titolo originale, e pazienza se in italiano è stato ribaltato), autrice pochi anni fa di "Coco Avant Chanel". La commedia, presentata fuori concorso all'ultimo Festival di Roma, si regge sullo scatenato Benoît Poelvoorde e su una Isabelle Huppert perfetta in un ruolo dai maggiori risvolti comici rispetto a quanto ci ha abituato. L'ufficio stampa del film ha diffuso una lunga intervista all'autrice, che riportiamo.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 1Come è nato "Mon pire cauchemar"?
Da diversi anni ormai volevo fare un film su una coppia mal assortita. Ho un rapporto di collaborazione di lunga data con Benoît Poelvoorde, con cui ho fatto “Entre ses mains” e “Coco Avant Chanel - L'amore prima del mito”, e volevo anche lavorare con Isabelle Huppert. Con le loro rispettive personalità e l’immagine pubblica che hanno, mi sembravano gli attori perfetti per interpretare Patrick e Agathe, due caratteri opposti che gradualmente si rivelano l’un l’altro.
Ero sicura che con loro sarei riuscita a trasmettere un senso di autenticità, nonostante il fatto che non ci sia niente di “ordinario”, in nessun senso convenzionale, nel rapporto fra i due personaggi. E poi c’è un altro elemento chiave, legato ad un’esperienza personale: qualche anno fa, mio figlio ha portato a casa un amico che veramente sembrava di un altro pianeta, e aveva deciso che era il suo miglior amico. Tutto che quello che lo riguardava appariva misterioso. Poi ho incontrato suo padre: un personaggio stravagante, che viveva in condizioni molto precarie ma non vedeva la sua situazione con l’ottica della vittima. E ho cominciato a chiedermi che relazione poteva svilupparsi tra due famiglie che erano completamente diverse ma che erano entrate in contatto tramite i figli, più o meno casualmente. Il mondo dell’infanzia altera i codici, solleva dubbi sulla nostra percezione – a volte gravata da pregiudizi – dello status sociale. Anche se devo dire che, in quel caso particolare, la situazione non è stata esplorata molto a fondo.
Quello che non ho esplorato nella vita reale l’ho immaginato nella finzione, sotto il profilo delle relazioni sociali, delle diverse attitudini verso la cultura, del senso di colpa borghese. In altre parole, un buon soggetto per una commedia.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 2Questo film racconta una storia d’amore sullo sfondo di un conflitto di classe.
Una storia improbabile nel mondo reale, ma la commedia ti permette di trattare l’utopia! Fin da “Nettoyage a séc” i miei soggetti hanno spesso ruotato attorno alla lotta di classe, anche se i miei personaggi non sono mai interamente risolti e definiti dalla propria origine sociale. “Mon pire cauchemar” racconta una delicata forma di scontro fra snobismo, cultura e auto-controllo (che in sé riflette un certo grado di frigidità emotiva) da un lato, e apparente ruvidezza, maleducazione, e tutt’un modo di vita molto diretto, grezzo, dall’altra. Senza rendersene conto, questi due personaggi si nascondono dietro meccanismi di difesa e si muovono verso l’orlo dell’abisso. Hanno organizzato la propria esistenza – uno all’insegna del caos, l’altra di un perfezionismo maniacale – in modo tale che niente possa interferire con le loro vite. Il loro incontro mostra loro chi sono realmente e finiscono entrambi per trascendere le proprie precedenti identità: e questa, in fondo, è una delle definizioni dell’amore. Agathe arriva perfino a dire a Patrick: “Ho bisogno di te.”
Intervista Anne Fontaine: Domanda 3I bambini giocano un ruolo importante...
Dal momento che il film gioca continuamente con le nozioni di ciò che è innato e ciò che è acquisito, era difficile non evocare il rapporto con l’apprendimento. Ho pensato che fosse divertente immaginare che il figlio di Patrick (che è praticamente illetterato e ha lasciato la scuola a 11 anni) sia un ragazzino estremamente dotato, e che, per converso, il figlio di questi borghesi progressisti, imbevuto di formazione classica, mostri totale indifferenza verso la cultura alta, e la sua sola passione siano i videogiochi.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 4Come è riuscita a creare questa intera galleria di borghesi anticonformisti attorno a Patrick e Agathe?
E’ un misto della mia osservazione della realtà e di quanto è stato elaborato negli incontri per scrivere la sceneggiatura. Io conosco piuttosto bene il mondo dell’editoria, e da lì ho tratto ispirazione per il personaggio di François, il marito di Agathe, interpretato da André Dussollier. Ho pensato che fosse divertente che l’autore “star” fra quelli pubblicati dalla sua casa editrice fosse uno scrittore mediocre. Questo è il genere di cose che accade davvero. Ho trascorso anche molto tempo nelle gallerie d’ arte moderna, e ovviamente nella favolosa Fondazione Cartier (la cui direzione ci ha consentito di usare i locali della sede senza alcuna obiezione). Per quanto riguarda poi la foto in bianco e nero, che gioca un ruolo chiave nella relazione fra i due protagonisti, ho insistito perché fosse una “vera” opera d’arte e non un mero elemento di attrezzeria. Quindi è stata realizzata da un vero fotografo, Hiroshi Sugimoto, che nel film interpreta sé stesso. Lui aveva davvero fotografato Isabelle che osservava il pianista, la foto che si vede ripetutamente nel corso del film. Questa immagine molto icastica, questo spettatore solitario, questo “schermo bianco che non è realmente bianco”, è come una metafora della relazione amorosa fra Agathe e Patrick, della loro iniziale presa di distanza, e del terreno che poi devono coprire per entrare in contatto l’uno con l’altra. Ho contattato Sugimoto pensando: “se è spiritoso, potrebbe accettare di recitare nel film”. Ha anche insistito per vandalizzare la foto con le proprie mani... ma non intendevo fare una satira dell’arte contemporanea e del mondo dell’elite culturale Parigina. Volevo uno sfondo che fosse il più possibile distante dall’estetica – se così la si può chiamare – del personaggio interpretato da Benoît.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 5Parliamo degli attori.
Conosco il mondo immaginativo e le suscettibilità di Benoît e ho messo parecchio della nostra relazione personale nel film. Prima di scrivere la sceneggiatura, abbiamo avuto delle sessioni di lavoro insieme. Gli ho chiesto di lasciarsi coinvolgere in una fase molto preliminare, così che il tono complessivo fosse simile a quello che talvolta si crea fra noi. Con lo stesso ruolo in mano ad un altro attore, non si avvertirebbe necessariamente che il personaggio cela in sé una ferita profonda, cosa che si rivela pian piano e che lo rende toccante. Saremmo nel classico meccanismo della farsa, che non mi interessa. Mi piace la commedia umana, quella in cui l’autenticità dell’attore mette in evidenza l’ambiguità del personaggio. Senza Benoît, non avrei scritto il film. E lo stesso dicasi di Isabelle: non ha paura di apparire esteriormente come una donna estremamente sgradevole. Non ha fatto molte commedie, così ho pensato che potesse essere interessante guidarla in questo territorio. Lei è un punto di riferimento, una grandissima attrice che a volte dà l’impressione di vivere in una torre d’avorio. Ma avendola vista in diverse occasioni ridere come una bambina, ho pensato che potesse essere divertente giocare con la sua immagine. Isabelle si mette totalmente al servizio del personaggio.
André non aveva mai fatto un film con Isabelle prima d’ora, il che è incredibile se si pensa alle loro rispettive carriere. Così ho deciso di fare di loro una coppia sposata. Ho scritto il ruolo su di lui, di nuovo usando quel fascino vellutato, quella classe istintiva che emana da lui e che talvolta potrebbe nascondere un rifiuto del confronto e una certa mancanza di risolutezza. André ha un notevole potenziale comico e il contrasto fra lui e Benoît mi è sembrato perfetto.
Per il personaggio di Julie avevo bisogno di una ragazza molto spontanea, sexy e piena di vita. Virginie è un’attrice al tempo stesso sensuale e molto precisa. Con la sua freschezza, il suo appeal popolare, e quella sorta di accomodante rilassatezza che la contraddistingue, ispira naturalmente fiducia. Nell’arco di poche scene, trasforma Julie da fidanzata ideale a pazza furiosa.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 6Il film è molto fisico. Patrick sbatte continuamente contro i muri, figurativamente e letteralmente. Comincia devastando l’appartamento di Agathe.
Benoît recita le scene fisiche in modo molto credibile. Io volevo che il pubblico entrasse nel film in modo molto semplice, diretto, tangibile, facendo a meno di spiegazioni psicologiche. Il marito, con il suo buonismo di sinistra, naturalmente accoglie con perfetta buona educazione l’operaio che viene a lavorare nel suo appartamento. A suo modo, Patrick porta un soffio di vita in questo appartamento algido che pare un museo.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 7Il dialogo è molto crudo.
Alcune delle battute con cui se ne esce Benoît sono opera di Nicolas Mercier e mia. Qualche volta ci siamo chiesti se ci stessimo spingendo troppo oltre. Quando Patrick chiede a Agathe: “Come vanno le cose a letto, con quel culo di ghiaccio?”, mi sono chiesta come avrebbe reagito Isabelle. La prima volta che ha letto il copione, ha avuto un piccolo shock. Ma ad una seconda lettura, l’ha trovato divertente. L’ho messa in guardia: il suo personaggio è un misto di lei e di me, e questo l’ha rassicurata. Inoltre, Agathe acquista umanità man mano che il film si sviluppa. Isabelle finisce come una donna smarrita, prigioniera delle sua stessa corazza narcisistica. Agatha, come Patrick, ha sacrificato le proprie emozioni in nome dell’immagine di sé e,come lui, non riesce a guarire da questo.
Intervista Anne Fontaine: Domanda 8Il film va avanti ad un ritmo frenetico.
Patrick, proprio come Benoît, non riesce a stare fermo. E’ un turbine e la messa in scena ha dovuto adattarsi a questo movimento incessante. Patrick è invasivo: è predatorio, costringe tutti gli altri personaggi a cambiare posizione, anche il marito che, con Julie, si appresta forse a scoprire un altro incubo! Non appena appare Patrick, il ritmo del film ha un’impennata.
Patrick maschera la sua disperazione dietro gli eccessi. Beve, è un animale da party, ma ha fin troppa familiarità con il “down” del giorno dopo. Questa dimensione in qualche modo dolorosa era inevitabile. Nella commedia, più le situazioni sono eccessive e più è necessaria una dose di verità. Benoît e Isabelle, ciascuno a suo modo, garantiscono questo equilibrio.
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Il mio migliore incubo!
di Anne Fontaine
Commedia, 2011
99 min.
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