Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Valérie Donzelli

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Presentato nella sezione 'Festa Mobile' dell'ultimo Festival di Torino, esce venerdì 1 giugno nelle sale italiane, distribuito dalla Sacher di Nanni Moretti, "La guerra è dichiarata" della francese Valérie Danzelli. Romeo e Giulietta sono cresciuti e, oltre alla loro storia d'amore, devono pensare alla malattia del figlio, Adamo, di un anno e mezzo. In questa lunga intervista diffusa dall'ufficio stampa del film, la regista parla del film partendo dalla coppia che si trova a dover fronteggiare la malattia.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 1Né commedia né dramma, si può definire il suo un film 'vivo'?
Sì, anch’io avrei grosse difficoltà a definire il film. Non credo che si tratti di una commedia drammatica, né di un dramma, né di un melodramma. Col senno di poi, abbiamo pensato con Jérémie Elkaïm che fosse solo un film fisico, intenso, vivo.
Inizialmente, c’era la volontà di fare un film d’azione, un western, un film di guerra. Da qui il titolo del film. Era l’idea di un gesto, dare l’impressione di aprire una porta per guardare ciò che succede dietro: l’incontro di una giovane coppia a cui succede una vera avventura, non un’avventura di cartapesta. È come se Romeo e Giulietta si fossero incontrati per superare insieme questa prova.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 2Il film è pervaso dall’idea del destino, ma un destino che si contribuisce a compiere, non uno che si subisce.
Sì, per me la vita è un susseguirsi di prove più o meno gravi, più o meno dolorose, da superare. E, poco a poco, si scala la montagna. Tutto ciò che non ci uccide ci rende più forti.
Adamo è il frutto dell’amore di Romeo e Giulietta, perché deve capitare a lui questa malattia? Quando Romeo fa questa domanda a Giulietta, lei risponde: “Perché siamo in grado di superarla”. A questo punto, la prova assume quasi una dimensione mistica, non si tratta più di sfortuna o di ingiustizia.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 3"La guerra è dichiarata" è innanzitutto la storia di una coppia di fronte alla prova della malattia.
Quello che mi interessava era raccontare una storia d’amore, ma che passasse attraverso il filtro di quella prova. Romeo e Giulietta sono una coppia di innamorati spensierati, per nulla preparati ad affrontare la guerra – io penso che siamo una generazione di ragazzi viziati impreparati alla guerra – ma che saranno sorpresi dalla loro capacità di portarla avanti e di diventare loro malgrado degli eroi. Perché c’è una forma di eroismo nel portare avanti questa guerra. Questa prova li fa diventare una coppia, li trasforma in adulti responsabili.
Avevo anche voglia di raccontare come si viene sopraffatti dai propri figli. Adamo ha un tumore al cervello, cosa che i suoi genitori non hanno vissuto. Sono totalmente smarriti di fronte a una cosa del genere, possono solo accompagnarlo. E i genitori di Giulietta e Romeo sono a loro volta sopraffatti da ciò che vivono i propri figli, è un ingranaggio, una logica da matrioska. I nostri figli non sono un’estensione di noi stessi, sono degli individui, con il proprio vissuto. E in questo caso, il vissuto di Adamo comincia molto presto – a 18 mesi, quando questa malattia lo travolge.
Il film è autobiografico nel senso che Jérémie e io abbiamo avuto un figlio colpito da una grave malattia, la realtà dei fatti è molto vicina a quella che abbiamo vissuto, eppure il film non è la nostra storia.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 4I suoi personaggi non si piangono mai addosso.
No, non ne hanno il tempo, sono troppo presi dall’azione. Romeo e Giulietta sono una macchina da guerra a due teste! Di fronte alla terribile disgrazia che li travolge, i piccoli problemi contingenti non esistono più, hanno un solo nemico da abbattere, e un nemico molto preciso è spesso più facile da affrontare che diecimila piccoli nemici che non si riescono a individuare. Loro sanno qual è il loro obiettivo e traggono forza da questa consapevolezza, tanto più che il tumore è una malattia molto particolare, una malattia viva, come un alieno che in qualche modo fabbrichiamo noi stessi, poiché è una nostra cellula che a un certo punto comincia a impazzire senza che si sappia il perché. Perché colpisce questa o quell’altra persona? E d’altronde, nessuno è al riparo, quando Romeo e Giulietta giungono alla conclusione che il bambino è guarito, il professore Sainte-Rose aggiusta il tiro dicendo: “Sì, significa che ha le stesse probabilità di chiunque altro di sviluppare un cancro”.
Di fronte a questa esperienza, ogni personaggio tira fuori il meglio di sé, non solo Romeo e Giulietta. La madre di Giulietta viene presentata come una persona nociva, ma anche lei acquista una sua grandezza. Avevo voglia di fare un film pieno di ideali e di speranza, è per questo che non è affatto melodrammatico.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 5Romeo e Giulietta, Adamo sono nomi che hanno un’eco universale, mitica.
All’inizio, non sapevamo come chiamare i due innamorati, io volevo solo che potessero essere subito percepiti come una coppia. Abbiamo cercato: Paul e Virginie. “Perché non Romeo e Giulietta?” mi ha detto Jérémie. “Va bene, ma allora questa cosa va mostrata così com’è”. E così, i due si incontrano a una festa, hanno un colpo di fulmine, si stupiscono di chiamarsi Romeo e Giulietta, si interrogano sul loro destino tragico insieme.
Per Adamo, è un’altra storia. Volevo un nome molto universale. Adamo è il primo uomo, c’è una forma di magia. È poi, è un nome molto dolce Adamo, non ci si stanca mai di sentirlo. È importante, perché nel film viene pronunciato spesso.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 6Dopo "La Reine des pommes", realizzato in condizioni molto artigianali, non aveva paura a lavorare con un produttore affermato?
No, perché con Édouard Weil c’è stato un vero incontro. Io penso che il cinema abbia qualcosa di artigianale e Édouard ha lavorato con me in questa direzione. È un uomo straordinario e mi ha accompagnato lungo tutta la lavorazione del film con un unico motto: “mi fido di te”.
La Reine des pommes” l’abbiamo fatto in quattro. Lavorare così è molto impegnativo, ma ti dà anche una tale libertà che era impossibile per me ripiombare in un sistema di cinema costoso in cui si dipende dagli altri.
Quando ho incontrato Édouard Weil e gli ho raccontato il progetto, lui mi ha chiesto: “Quando vuoi girare?” “A ottobre” “Ok, lo facciamo, in modo leggero, come per il tuo film precedente. Tranne che questa volta, non voglio che sia tu a imburrare i panini!
Abbiamo lavorato in modo confortevole ma non è stato un film costoso, c’era una coerenza tra la produzione e lo spirito del film. La cosa bella, è che i soldi sono sempre andati nel film. L’essenziale è riunire la troupe giusta, essere ben circondati. Il cinema è una vera arte collettiva, non si fanno i film da soli.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 7Come si fa a girare dentro a un ospedale in attività?
Il film è stato molto preparato. Con Sébastien, abbiamo cercato dentro all’istituto Gustave Roussy i posti in cui si poteva sfruttare al meglio la luce naturale. Sapevamo esattamente dove saremmo andati a girare, ci sono stati degli imprevisti, ma nemmeno poi tanti. E all’ospedale Necker, il piano di lavorazione veniva fatto giorno per giorno, in funzione delle emergenze. L’idea era quella di essere discreti, è per questo che abbiamo scelto di girare il film con una macchina fotografica, una Canon, con luce naturale.
Al festival di Locarno, dove “La Reine des Pommes” era stato selezionato, durante una serata in cui mi annoiavo un po’, ho visto un fotografo scattare alcune foto. Ho cominciato a informarmi sulla sua macchina e lui mi ha detto: “È fantastica, fa persino le riprese in HD”. Una macchina fotografica che fa le riprese, è pazzesco perché nessuno può immaginare che stai facendo un film. Abbiamo passato tutta la serata a fare delle prove luce con quella macchina e mi sono detta: “La guerra è dichiarata, lo girerò con questa macchina fotografica super discreta”.
La regia è stata pensata in modo da sfruttare al meglio le potenzialità di questo strumento. Per esempio, siccome la messa a fuoco è molto più difficile, mentre all’inizio avevo pensato a un film con la macchina a mano, ho dovuto fare molti più tagli e più inquadrature con macchina fissa.
Le uniche inquadrature girate in 35 millimetri, sono quelle della fine, perché sono al rallentatore, e volevo che i rallenty fossero belli, cosa che è più difficile ottenere con la macchina fotografica.
Intervista Valérie Donzelli: Domanda 8Il film è imbastito sulla tensione delle situazioni vissute giorno per giorno, ma lei non ricorre mai alla suspense generale su come andrà a finire. Sin dall’inizio, la costruzione in flashback ci fa capire che Adamo sconfiggerà la malattia.
Giocare sulla tensione della guarigione di Adamo avrebbe significato prendere in ostaggio lo spettatore. Da subito, volevo che si sapesse che sarebbe sopravvissuto e che ci si chiedesse solo cosa sarebbe successo per arrivare a quel risultato. Ancora una volta, il film racconta soprattutto la storia della coppia.
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La guerra è dichiarata
di Valérie Donzelli
Drammatico, 2011
100 min.
Film diretti:
2015  Marguerite e Julien - La leggenda degli amanti impossibili
2012  Main dans la main / Hand in hand
2011  La guerra è dichiarata
Torino Film Festival 2011
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