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Edoardo Leo, classe 1972, torna in sala con la sua opera seconda. "Buongiorno papà" mette in scena un incontro inatteso, quello tra un 38enne ancora ragazzo (Raoul Bova) e la figlia 17enne che non sapeva di avere (Rosabell Laurenti Sellers). La sceneggiatura, firmata dallo stesso regista con due "veterani" come Massimiliano Bruno e Herbert Simone Paragnani, è una garanzia di divertimento. Leo, attore noto prima dell'esordio alla regia con 18 anni dopo, racconta alla stampa la storia del film e la generazione che ha voluto rappresentare. |
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Ogni commedia nasce da un imprevisto, un fraintendimento, una situazione a suo modo tragica. Cosa ha attratto il tuo interesse in questa storia? |
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“Buongiorno Papà” è una commedia basata su un imprevisto. Su un avvenimento inaspettato, semplice eppure dirompente. Una ragazzina di diciassette anni si presenta ad un trentottenne, indipendente, single, tutto concentrato su sé stesso, dicendogli: “Sono tua figlia” . Questo evento innesca una girandola di eventi tragicomici che travolgeranno tutte le persone, nonni, amici, colleghi, che gravitano intorno alla vita del nostro protagonista.
L’evento di per sé eccezionale - cioè un’insaputa paternità - è lo spunto per raccontare una storia su una generazione di mezzo. Quei 35-40enni che vivono ancora come ragazzi, che si sentono ancora figli, lontani dall’idea di assumersi responsabilità e dal pensiero di metter su una famiglia e, soprattutto, lontanissimi dall’idea di diventare genitori. Cosa succede invece se improvvisamente uno di questi ragazzi, superficiale, chiuso nel suo mondo, con dei valori di riferimento falsati e che vive ancora col suo migliore amico si trova a dover educare un’adolescente e a dover ospitare in casa pure il suo eccentrico nonno? |
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C'è qualcosa in comune tra "Buongiorno papà" e la tua opera prima "18 anni dopo"? |
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“Buongiorno papà” si concentra sul reciproco rapporto di crescita padre-figlia, con la singolrare particolarità che i due sembrano coetanei e che il padre ha saltato tutte le fasi della crescita di sua figlia. E si trova a combattere con un'adolescente difficile, come lo sono tutti gli adolescenti, ma che in più porta sulle spalle la perdita della mamma e il fatto di avere appena conosciuto suo padre. La base di questo film è un dramma che ha come temi centrali la perdita e il passto che ritorna. Due temi a me casi e che erano il centro anche del mio primo film da regista: “18 anni dopo”. |
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Cosa pensi della generazione dei 40enni di oggi, rappresentati nel film da Raoul Bova? |
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Ho “scelto” di lavorare su questa sceneggiatura per una naturale attrazione come regista per le storie che riguardano la famiglia e le dinamiche che si scatenano quando un evento “rompe” gli equilibri e disinnesca abitudini, modi di vivere e relazioni cristallizzate. E credo che il problema di un’intera generazione, la mia, restia ad assumersi responsabilità e che cerca di rimandare la formazione di una famiglia e la paternità fin quando è possibile, a volte oltre la soglia dei 40 anni sia un tema attualissimo e su cui è necessario indagare.
Non c’è, secondo me, miglior modo di rappresentare questi momenti che attraverso la commedia. Mettendo a nudo certi personaggi, ridicolizzandoli se necessario, ma comunque rappresentandone i tragicomici tentativi di adeguarsi alla nuova situazione. Uomini che tentano disperatamente di restare ragazzi. Nonni che vogliono sentirsi giovani a tutti i costi. E adolescenti che invece cercano e vogliono punti di riferimento solidi e non li trovano più.
“Buongiorno Papà” è una fotografia di questo momento. Una fotografia abbastanza spietata, realizzata attraverso una commedia romantica, tenera, lieve. Che punta a far ridere amaramente di loro per ridere, in fondo, anche un po’ di noi. |
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