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Chi di noi non ha ammirato una stampa raffigurante la figura aggraziata di una geisha? Esile e misteriosa, avvolta dal kimono di seta frusciante, i capelli sapientemente acconciati, si staglia su un fondo che sa di primavera. Nel 1997 l'autore Arthur Golden pubblicò un romanzo epico e affascinante, Memoirs of a Geisha, che presentava ai lettori occidentali un mondo sconosciuto e seducente, quello delle geisha giapponesi. Uno degli ultimi rappresentanti di questa antica arte è il film omonimo diretto da Rob Marshall, Memorie di una geisha. |
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Quale è stato il processo di trasformazione dal romanzo al film? |
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E' sempre difficile trasformare un romanzo di 400 pagine in un film di due ore e venti minuti, ovviamente non era possibile mettere tutto. Con Arthur Golden abbiamo parlato a lungo della struttura alla ricerca della spina dorsale della storia e abbiamo scelto di puntare sulle emozioni. Lo stesso autore del romanzo lo ha scritto tre volte, le prime due in terza persona (lei ha fatto, lei ha detto), poi lo ha scritto in prima persona e il libro ha preso vita. |
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Le attrici non sono giapponesi, i quartieri delle geishe sono stati ricostruiti negli studios californiani. I giapponesi hanno storto il naso e sollevato qualche dubbio sull'autenticità del film... |
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Il film, come il romanzo, racconta il Giappone dagli occhi di un occidentale, si tratta di un film impressionista. Io ho una filosofia molto semplice per la scelta degli attori, il migliore per quel ruolo ha la parte. Abbiamo girato il mondo, Cina, Giappone, Stati Uniti, Europa e la migliore per il ruolo di Sayuri è risultata Ziyi Zhang. D'altronde anche Anthony Queen ha fatto Zorba il greco e l'egiziano Omar Sharif il Dottor Divago. Quando ho scritturato per Chicago Queen Latifah tutti mi contestavano che un'afroamericana negli anni Venti non sarebbe mai stata a capo di una prigione, ma per me era la migliore per quel ruolo. |
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Qual è stato il vostro rapporto con il mondo delle geishe mentre giravate il film? |
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Il mondo delle geishe oggi è molto cambiato erano le top model di oggi, tutti guardavano a loro come dei modelli di grazia e bellezza. Abbiamo parlato con delle geishe anziane e con noi sul set c'era sempre un'esperta che ci ha aiutato a ricreare questo mondo esclusivamente femminile. Il nostro è un film "hollywoodiano" che paga un tributo a quei giorni gloriosi, è una lettera d'amore a quel mondo. I giapponesi, che lo hanno visto nella più grande anteprima mai organizzata in Giappone con 3000 spettatori, lo hanno capito. |
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Quale è stata la scena più difficile da girare? |
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Dal punto di vista emotivo le scene più difficili da girare sono state quelle del dopo guerra, durante l'occupazione americana. Vedere quel mondo lentamente occidentalizzarsi è stato per me molto doloroso. Quel periodo mi sembra la perdita di innocenza del Giappone. |
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Come è andata con un cast così multietnico? |
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Eravamo pieni di traduttori sul set, dal cinese e giapponese. Alcuni attori in realtà comunicavano solo durante le scene e in inglese, per fortuna abbiamo fatto molte prove e abbiamo discusso molto così alla fine il risultato comunicativo è stato ottimo. I giapponesi amano molto conversare e negoziare, anche se la risposta è sì o no loro ci arrivano dopo lunghe discussioni. |
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[ fonte: TrovaCinema.it ] |
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