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Presentato in anteprima al Festival di Cannes e già distribuito - non senza polemiche - in Francia, arriva sugli schermi italiani "Giovane e bella". L'ultimo film di Ozon, dopo l'apprezzato "Nella casa", segue un'adolescente (la bellissima Marine Vacht) alla scoperta della sua sessualità, attraverso un percorso che la porta a prostituirsi. Il regista racconta alla stampa perché ha deciso di tornare a raccontare i più giovani e le ragioni della scelta di un argomento così controverso eppure attuale. |
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Qual è il punto di partenza di "Giovane e bella"? |
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Dopo “Nella casa”, e il piacere che ho provato nel dirigere Ernst Umhauer e Bastien Ughetto, ho avuto voglia di lavorare ancora con attori giovani. I miei primi lungometraggi e cortometraggi parlavano molto dell’adolescenza, ma a partire da “Sotto la sabbia” ho lavorato quasi esclusivamente con attori più grandi. L'ispirazione alla base di “Giovane e bella” viene da questo mio desiderio di filmare la gioventù di oggi. E poiché avevo appena lavorato con dei ragazzi, ho avuto voglia di lavorare con una ragazza. |
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Isabelle non è una ragazza qualsiasi, si prostituisce.. |
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Il tema al centro del mio film ruota attorno alla domanda: cosa vuol dire avere diciasette anni e sentire il proprio corpo che si trasforma? Spesso al cinema l'adolescenza è molto idealizzata. Per quanto mi riguarda, è stato un periodo complicato, di sofferenza e di transizione, di cui non ho alcuna nostalgia. Non volevo rappresentare l'adolescenza solo come momento sentimentale, ma anche e soprattutto come momento quasi ormonale: qualcosa di forte accade in noi a livello fisiologico, eppure siamo come anestetizzati. Quindi violentiamo il nostro corpo per riuscire a sentirlo e spingere all'estremo i limiti. La prostituzione era un modo come un altro per esacerbare questo aspetto, per mostrare che l’adolescenza pone soprattutto interrogativi sulla propria identità e sulla propria sessualità. Una sessualità che non è ancora connessa ai sentimenti. |
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Isabelle proviene da un ambiente agiato, non vende il suo corpo per impellenti necessità economiche... |
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Non si prostituisce per sopravvivere o per pagarsi gli studi, ma perché sente un bisogno viscerale di farlo. Avrebbe anche potuto essere drogata o anoressica: l'essenziale era che scegliesse qualcosa di segreto, di clandestino, di proibito. L’adolescenza è un periodo selvatico in cui tutto è possibile. E' anche questo sentimento di esaltazione che emerge nella poesia di Rimbaud. Quando hai diciasette anni non fai sul serio. E' l'età dell'apertura al mondo, senza considerazioni morali. Prostituendosi, Isabelle fa un'esperienza, un viaggio, e tuttavia non si tratta di una perversione. |
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C'è anche una canzone di Françoise Hardy per ogni stagione... |
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Sì, mi piace fissare una cornice formale all'interno della quale poi mi concedo una libertà totale. Volevo assolutamente che l'arco temporale della storia seguisse un anno scolastico. E le canzoni dovevano fungere da punteggiatura, da momenti di sospensione. E' la terza volta che utilizzo dei brani di Françoise Hardy, dopo "Traüme" in “Gocce d'acqua su pietre roventi” e "Message personnel" in “8 donne e un mistero”. Quello che amo in particolare nelle sue canzoni è la sua capacità di trascrivere l'essenza dell'amore adolescenziale, un amore infelice, disilluso, romantico.
Trovavo interessante sincronizzare quella visione iconica con il ritratto più crudo di questa adolescente. Nel profondo del cuore, Isabelle ha anche voglia di aderire al modello di un'adolescenza sentimentale e idealizzata che i suoi genitori auspicano per lei, ma prima di potersi innamorare ha bisogno di trovare se stessa, di confrontarsi con i desideri conflittuali che la attraversano. |
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Come ha affrontato le scene di sesso? |
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Mi sono prefisso di essere realistico, ma non degradante, né sordido. Non volevo dare giudizi morali. Certo, alcuni clienti hanno delle devianze, ma mi interessava soprattutto mostrare come Isabelle vi si adatti. Isabelle è il ricettacolo del desiderio degli altri, benché lei stessa non conosca il proprio. Per certi versi, le sta bene che gli altri abbiano dei desideri al posto suo. Non volevo ingentilire la realtà, ma è anche vero che forse è Isabelle stessa che la ingentilisce. |
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Come è arrivato a scegliere Marine Vacth per interpretare Isabelle? |
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Come era successo per il giovane protagonista di “Nella casa”, mi sono subito reso conto che era meglio lavorare con un'attrice un po' più grande rispetto al personaggio in modo che avesse una maturità e una distanza nei confronti del ruolo.
Avevo notato Marine in “Ma part du gateau” di Cédric Klapisch. Appena l'ho conosciuta, ho visto in lei un'estrema fragilità e al tempo stesso una grande forza. E soprattutto una fotogenia che andava ben oltre la fotogenicità della mannequin. Ho ritrovato con lei quello che avevo percepito filmando la consistenza della pelle e il volto di Charlotte Rampling per “Sotto la sabbia”: dietro al loro aspetto fisico c'è qualcosa che va oltre. La bellezza evidente della facciata cela un mistero, un segreto, e suscita una curiosità, un desiderio di conoscenza. |
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