Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Lajos Koltai

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Senza destino (Fateless) di Lajos Koltai, tratto dal romanzo del Premio Nobel per la Letteratura Imre Kertész. Un racconto doloroso e dettagliato dell'esistenza in un campo di concentramento attraverso lo sguardo di Gyuri, un giovane ebreo ungherese. Una pellicola molto attesa dopo il clamore e le polemiche suscitate allo scorso Festival di Berlino. Manifesto del film, firmato da Oliviero Toscani, una svastica a tutto campo che copre il volto di un ragazzino, ebreo, chiuso in un campo di concentramento.
Intervista Lajos Koltai: Domanda 1Come ha scoperto il romanzo di Kertész?
Non conoscevo le opere di Kertész e questo era dovuto in parte al fatto che quando venne pubblicato nel 1975, Fateless non venne affatto pubblicizzato. Mi sono innamorato del libro solo in quanto opera letteraria, perché solo in una seconda fase ho cominciato a pensare che avrei potuto farne un film. Mano a mano che leggevo il libro, cominciavo ad immaginare il film e questo era sicuramente un buon segno perché i momenti più importanti della mia vita mi appaiono sempre sotto forma di film ricchi di dettagli. La caratteristica principale del libro è la sua linearità e il non essere troppo discorsivo, poiché non ci sono climax e le catarsi avvengono nell’animo dei personaggi e non in superficie. Nel romanzo non c’era una scena madre intorno alla quale costruire l’intero film. Piuttosto, le cose avvenivano lentamente, passo dopo passo, in maniera pura e semplice. Al cinema è difficile fare a meno di scene con una forte carica emotiva e esplorare la storia stando seduti in silenzio seguendo un’anima. La prima versione della sceneggiatura non prevedeva momenti ad alta carica emotiva che in genere fanno funzionare un film, e allora ho lavorato ad una nuova versione un po’ più ricca di scene forti e commoventi. Avevo la libertà di rendere la storia più cinematografica, secondo quella che era la mia visione di regista.
Intervista Lajos Koltai: Domanda 2Mentre lavorava alla sceneggiatura, ha parlato e discusso anche di altri film o generi cinematografici?
Ho cercato soprattutto di non cadere nell’errore commesso in altri film che hanno raccontato l’Olocausto. Era fondamentale che tutto quello che avrei mostrato di quel mondo fosse eccezionalmente preciso e opportuno, Ormai sono pochi i sopravvissuti all’Olocausto ancora in vita, purtroppo e noi volevamo evitare che i loro eredi, avessero un’impressione sbagliata o falsa di quella che era stata la storia dei loro cari. Se non avevo abbastanza informazioni su una determinata scena o personaggio, preferivo non metterlo per niente piuttosto che creare dei contrasti con quella che era la realtà. Fortunatamente le descrizioni di Kertész erano molto precise e questo è stato sempre un ottimo punto di partenza. Il mio obiettivo principale, nel realizzare questo film è stato cercare di raffigurare al meglio i cambiamenti personali, fisici e mentali delle persone oltre al voler ritrarre un mondo che fosse il più accurato possibile. Nella maggior parte dei film sull’Olocausto, generalmente tra l’inizio e la fine della storia passa almeno un anno ma negli attori non si notano mai cambiamenti fisici. Fateless è un film umorale che racconta al tempo stesso una storia di spossatezza e sofferenza.
Intervista Lajos Koltai: Domanda 3Come è riuscito a far sì che non solo gli attori ma anche le numerose comparse apparissero così convincenti?
Nel film, le folle sono importanti tanto quanto i volti dei protagonisti. Le comparse sono state magnifiche, e hanno dato il massimo a questa storia, andando molto al di là di quelle che erano le mie aspettative e gli obblighi contrattuali e questo perché gli ho sempre descritto con estrema precisione la situazione nella quale si sarebbero trovati. Ogni volta che dovevamo girare una scena con tante comparse, le radunavo e gli spiegavo dove eravamo, perché eravamo lì, come ci eravamo arrivati, e perché stavamo lavorando lì, tanto per fare un esempio. La gente ha bisogno di avere un contatto personale, e conoscendo la delicatezza dell’argomento, sono stati molto aperti con me. Alla fine della giornata, dopo 12 o addirittura 15 ore di duro lavoro, le comparse venivano da me e mi ringraziavano per avergli permesso di partecipare.
Intervista Lajos Koltai: Domanda 4La visione finale del film corrisponde alla visione che aveva immaginato leggendo il romanzo per la prima volta?
Sì. La maggior virtù del film è che è composto da sequenze molto chiare e lucide e risponde chiaramente alla domanda per la quale in realtà non esiste una risposta: “Come è potuto accadere tutto questo?” Il film racconta una storia che fa cenno ad una sorta di impossibilità, nella fattispecie vuole dire che nel mondo moderno può succedere qualunque cosa, da un momento all’altro, a chiunque: ognuno di poi può essere tirato giù da un autobus, ognuno di noi può essere costretto ad avere paura del prossimo: è questo il messaggio del film. Fateless non vuole dire nulla di più di questo ma vuole semplicemente prepararci al peggio perché le cose che possono capitarci in questo mondo potrebbero non essere positive.
Non abbiamo fatto un film sull’Olocausto ma abbiamo semplicemente raccontato la storia di un ragazzino. Abbiamo iniziato a seguire Gyuri Köves perché è una persona interessante, con la quale è facile identificarsi e perché siamo curiosi di sapere cosa gli succederà. Abbiamo seguito l’anima di un ragazzino, come se si trattasse di un documentario, mentre entra in un mondo del quale non vorrebbe far parte. Il mio scopo non era certamente quello di far commuovere il pubblico, di farlo piangere raccontandogli una storia strappalacrime e commovente ma al tempo stesso se qualcuno avrà voglia di piangere, che lo faccia. Non vogliamo stuzzicare il pubblico girando il coltello nella piaga, non andiamo in cerca delle lacrime del pubblico ma se il pubblico, nel suo intimo, si identificherà con il ragazzino al punto da lasciarsi coinvolgere emotivamente, siamo certi che scoppierà a piangere. La cosa interessante da notare è che ogni volta che rivedo il film, non riesco a prenderne le distanze come mi è sempre capitato con i precedenti; ma al contrario, più lo guardo e più me lo sento vicino.
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Senza destino
di Lajos Koltai
Drammatico, 2005
130 min.
Film diretti:
2007  Un amore senza tempo
2005  Senza destino
Atri film:
2000  Malèna
1998  La leggenda del pianista sull'oceano
1995  A casa per le vacanze
Festival di Berlino 2005
Orso d'oro alla Carmen sudafricana